La moglie del sommergibilista

E’ andato al film “Shame” del russo Jusup Razykov il 25mo Trieste Film Festival. Una rassegna su tutti i premi assegnati

23/01/2014, Nicola Falcinella -

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Un'immagine tratta dal film “Styd – Shame” di Jusup Razykov

Il film russo “Styd – Shame” di Jusup Razykov ha vinto il 25° Trieste Film Festival concluso ieri sera. Il voto del pubblico ha premiato ancora una volta una storia dura, ambientata sulle nevi: tra navi bloccate in mezzo alle colline e renne portate in dono alle partorienti, in una base navale della penisola di Kola in pieno inverno.

I tormenti della moglie di un sommergibilista da poche settimane in quel luogo solitario. Un film al femminile, mentre ci si perde nella ricerca della vecchia amante del marito. Non tutto funziona tra le case del villaggio non ospitale di suo, ma su tutto aleggiano le spettacolari immagini dell’aurora boreale, tanto irreali da sembrare un effetto speciale.

Fuori dai premi il bel “Când se lasă seara peste Bucuresti sau Metabolism – Quando la sera scende su Bucarest o Metabolismo” di Corneliu Porumboiu, con i suoi piani sequenza, un film forse non abbastanza da pubblico.

L’ex Jugoslavia stavolta era completamente assente dal concorso ma ha presentato nelle sezioni collaterali quattro film importanti, da quattro paesi diversi: il serbo “Krugovi – Circles” di Srdan Golubović, il bosniaco “Epizoda u životu berača željeza – Un episodio di un raccoglitore di ferro” di Danis Tanović, la commedia croata “Svećenikova djeca – Scherzi da prete” di Vinko Brešan e lo sloveno “Nemico di classe – Class Enemy” di Rok Bicek.

Il premio Alpe Adria al miglior documentario in concorso è andato ex-aequo a “The Special Need” di Carlo Zoratti (che uscirà in Italia il 2 aprile) e “Szerelem patak – Stream Of Love” dell’ungherese Ágnes Sós (che ha ricevuto anche il premio “Espansioni”).

Miglior cortometraggio in concorso è risultata l’animazione slovena “Boles” di Špela Čadež, da un racconto di Maksim Gor’Kij. E molto interessante la sezione dedicata ai corti animati, compreso il metaforico serbo “Rabbitland – La terra dei conigli” di Ana Nedeljković e Nikola Majdak jr sulla crisi della democrazia nella terra dei conigli con un buco in testa. Il premio Cei del Central European Initiative è stato assegnato alla regista ungherese Eszter Hajdú per “Judgment In Hungary”, che “meglio interpreta la realtà contemporanea e il dialogo tra le culture”.

Pur con una giornata in meno rispetto al solito per una contrazione del budget (che ci si auguri riguardi solo il 2014), per il festival è stata un’edizione molto positiva, con un aumento del 30% di biglietti e accrediti e l’immensa Sala Tripcovich da 1000 posti spesso completa. Meno film ma di livello medio molto alto, con diverse opere presentate in festival stranieri più grossi ma inediti o quasi in Italia come il greco “I kori – La figlia” di Thanos Anastopoulos e il georgiano “In Bloom” di Nana Ekvtimishvili e Simon Gross, due lavori che hanno qualcosa di speciale e meriterebbero maggior fortuna. Nel concorso c’era invece il kazako “Harmony Lessons” di Emir Baigazin, già premiato a Berlino con la sua storia di un ragazzino orfano angariato dai compagni di scuola e spinto a vendicarsi.

Tra le tante iniziative, Trieste pensa e guarda anche ai giovani registi, agli studenti delle scuole e al cinema che si sta facendo, con incontri di produzione e sostegni ai film in fase di realizzazione. Il Premio Corso Salani di 8.000 euro, per un progetto italiano a basso budget ancora da completare, è stato assegnato a “Voglio dormire con te” di Mattia Colombo “per la sua chiarezza di intenti che rende visibile, pur in questa iniziale fase produttiva, la compiutezza del progetto. Partendo da una storia personale l’autore cerca di raccontare un universo di relazioni sentimentali che fotografa il contemporaneo con partecipazione e lucidità espressiva”.

Premio Mattador per il miglior soggetto è stato assegnato a “L’uomo di celluloide” di Alessandro Padovani, mentre Midpoint, il centro per le sceneggiature di Praga ha selezionato il progetto “My Last Birthday In Yugoslavia” di Bojana Vidoslajević.

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