La mafia del legno e la deforestazione in Romania
Benché siano tra le ultime rimaste in Europa, le foreste vergini dei Carpazi sono prese d’assalto e devastate. Parte di questo business multimiliardario è gestita da un sistema mafioso che coinvolge pesantemente anche le aziende austriache che si occupano di legname
(Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Addendum )
“Fai attenzione se ti inoltri nella foresta da solo. Può essere pericoloso. Possono succedere strane cose, c’è chi non ne è mai uscito". Ecco cos’hanno detto all’uomo che minacciava di dirlo a tutti, di far conoscere al mondo quel sistema fatto di raccolta e commercio di legname illegale. Lui stesso faceva parte di quel sistema, ma era pronto a uscirne e a rischiare tutto.
Un’azienda imbrigliata nei suoi stessi ingranaggi
Serve un grande lavoro per trasformare i tronchi in tavole di legno. File di camion consegnano giorno e notte tronchi a immensi impianti di lavorazione, dove il legno viene misurato e posizionato su un trasportatore, gli viene tolta la corteccia e viene montato nella sega. Quaranta tronchi al minuto, 2.400 ogni ora, 28.800 ad ogni turno. La più grande azienda del settore della trasformazione del legno in Romania ha una fame insaziabile di legno. E quel trasformatore è rappresentato da un misterioso uomo austriaco: Gerald Schweighofer.
Nel 2018, lo staff della Schweighofer venne accusato di associazione a delinquere e di coinvolgimento in azioni di disboscamento illegale, frode fiscale e pratiche commerciali sleali. “Le indagini sono ancora in corso; stiamo aiutando le autorità e non rilasceremo altre dichiarazioni", ha affermato Michael Proschek-Hauptmann, che dal 2017 rappresenta il volto del cambiamento nell’organizzazione di Schweighofer. Responsabile della conformità e della sostenibilità, Proschek-Hauptmann è un esperto riconosciuto nei temi ambientali ed è arrivato da Vienna per offrire ad Addendum un tour in una delle segherie di Schweighofer, nella città transilvana di Sebeș.
Fino a non troppo tempo fa le visite dei giornalisti terminavano ai cancelli esterni dell’impianto. E si sapeva quello che succedeva agli attivisti: venivano regolarmente allontanati con lo spray al peperoncino dal personale di sicurezza. La nuova parola d’ordine ora invece è “apertura”.
La società austriaca è infatti sospettata pesantemente di coinvolgimento nelle pratiche di disboscamento illegale delle ultime grandi aree di foreste vergini in Europa. A Schweighofer è stata revocata la prestigiosa certificazione Forest Stewardship Council (FSC) per il legname prodotto in maniera sostenibile. Il rapporto di 110 pagine dell’inchiesta FSC, consultato da Addendum, parla di "prove chiare e convincenti" che dimostrano che Schweighofer era "sistematicamente coinvolto […] direttamente e indirettamente nel commercio di legno raccolto e/o trattato in violazione di leggi e regolamenti esistenti" ed era associato "con persone e aziende con un passato criminale e corrotto".
L’abbattimento delle foreste vergini
La posta in gioco in Romania è alta: il paese ospita, infatti, un paradiso naturale unico al mondo, dove vivono lupi, orsi e linci, oltre a piante che altrove sono già estinte da tempo. E mentre gli ambientalisti stanno cercando di ridurre le emissioni di CO2 facendo campagna contro il trasporto aereo e chiedendo divieti di circolazione per le automobili nelle città, un singolo faggio di 150 anni assorbe 9 tonnellate di CO2, sufficienti per compensare un viaggio di 56mila chilometri in auto.
Eppure questi alberi, insieme ad altri anche più antichi, vengono abbattuti indiscriminatamente. Perché? Dietro al legno c’è un business che genera avidità, violenze e minacce. E addirittura omicidi.
Con l’aiuto di immagini satellitari, Global Forest Watch ha calcolato che in Romania 317mila ettari di foresta sono stati abbattuti tra il 2001 e il 2017, l’equivalente di 444mila campi da calcio. La metà di questi alberi si trovavano in parchi nazionali o in aree protette ed erano centenari. “Mentre il disboscamento della foresta pluviale amazzonica ha commosso il mondo, quasi nessuno si rende conto che l’Europa ha un patrimonio di foreste vergini che sono altrettanto importanti. I rischi che stanno correndo rimangono una storia non raccontata", spiega David Gehl dell’Environmental Investigation Agency (Eia), una Ong statunitense che indaga sullo sfruttamento della natura in tutto il mondo. Il rapporto dell’Eia accusa Schweighofer di aver ottenuto “illegalmente la maggior parte del legname” e di aver "mentito riguardo all’origine dei suoi prodotti per oltre dieci anni".
L’arrivo degli austriaci
Il racconto dello sfruttamento delle foreste romene non sarebbe esaustivo senza entrare nel merito del ruolo delle imprese austriache. I nomi di queste aziende non sono noti al grande pubblico, ma si tratta di leader del mercato a livello mondiale nei rispettivi rami della filiera del legname.
I giganti nel settore devono aver pensato di aver vinto alla alla lotteria quando hanno scoperto il loro nuovo Eldorado: la Romania, uno dei paesi più poveri dell’Ue. Uno di questi colossi era Schweighofer: a partire dal 2002, ha iniziato a vendere le sue segherie in Austria, utilizzando i profitti (a nove cifre, secondo quanto riportato) per la costruzione di impianti di gran lunga più grandi in Romania. I politici romeni hanno salutato positivamente l’arrivo degli austriaci. Schweighofer ora ha più di tremila dipendenti, un fatturato di 762 milioni di euro e cinque stabilimenti nel paese, produce pellet e legnami segati, incollati e profilati venduti in tutto il mondo.
C’è anche la società Kronospan, azienda che fa parte della dinastia industriale salisburghese Kaindl: con un fatturato annuo di oltre due miliardi di euro, è il più grande produttore al mondo di pannelli in legno, e annovera Ikea tra i suoi clienti. Insieme alla loro consociata svizzera, Swiss Krono, Kaindl è uno dei principali attori attivi nei Carpazi. E infine c’è la società Egger, una multinazionale con 18 siti in 8 paesi diversi.
Una volta avanzate le richieste e firmati i contratti, quando l’ente forestale di stato in Romania, Romsilva, notoriamente corrotto, ha fornito le licenze, il tutto ha avuto inizio: dall’arrivo degli austriaci nel 2003, in Romania sono stati abbattuti circa 260 milioni di alberi.
Minacciati e picchiati
Fin dall’inizio dell’incontro, il responsabile per la sostenibilità di Schweighofer, Proschek-Hauptmann, sottolinea che “noi non distruggiamo le foreste vergini". L’uomo ha abilmente evitato ogni tentativo di toccare la questione del passato della società, preferendo presentare relazioni, mostrare dati, puntare sul sistema GPS per il tracciamento dei camion appositamente sviluppato dalla società. Questo sistema dovrebbe verificare l’origine di ogni singolo albero e dimostrare che Schweighofer è una società che non accetta più legname da parchi nazionali.
Più lo ascoltiamo, più siamo tentati di credergli. O meglio lo saremmo, se non fosse per le storie degli uomini che hanno rischiato la loro vita per dimostrare le pratiche di questa azienda prima di questa svolta.
Andrei Ciurcanu è uno di questi: l’uomo, ben piazzato, avrebbe potuto essere lui stesso un boscaiolo se non avesse invece deciso di occuparsi di chi sta distruggendo le foreste del suo paese. Ciurcanu ha passato molto tempo nelle zone più selvagge, ha fatto per giorni la vedetta e ha documentato le manovre di cui è stato testimone. Ciurcanu ha girato immagini spaventose che mostrano paesaggi lunari dove prima sorgevano foreste.
Lui e Gabriel Paun, il suo superiore alla Ong di protezione ambientale Agent Green, sono stati minacciati e malmenati da persone non identificate. È anche accaduto che il cavo del freno della loro auto venisse tagliato. In un’altra occasione, Paun ha subito l’attacco di un virus informatico che ha distrutto 6 gigabyte di dati sul suo computer, che è stato impossibile riavviare. “Sin dall’inizio, Schweighofer ha costruito il suo intero modello di business sull’acquisto legale di legname illegale. Era risaputo, tollerato e talvolta addirittura incoraggiato. Non sono l’unico a dirlo: è stato confermato dagli investigatori dell’Unità per la criminalità organizzata", ha spiegato Ciurcanu parlando da Bucarest. “E ora, all’improvviso, vogliono farci credere di essere diventati ambientalisti?"
Da dove proviene davvero il legname?
Ciurcanu fa riferimento alle sue indagini più recenti, che sembrano mostrare che a essere cambiato è solo il modus operandi di Schweighofer. Molti fornitori non consegnano il legname alle segherie direttamente da una foresta ad uso commerciale, ma lo portano presso siti di stoccaggio, dove hanno la possibilità di mescolare legname abbattuto legalmente e altro ottenuto illegalmente, prima che venga dichiarato legale e effettivamente fornito all’azienda. Ciurcanu spiega che nel caso della Schweighofer, questo trucco permette di aggirare il sistema di rilevamento GPS dei camion, dato che viene registrato solo il viaggio dal sito di stoccaggio alla segheria. Inoltre, Schweighofer continua ad acquistare legname da fornitori che abbattono alberi nei parchi nazionali.
Parlando dei siti di stoccaggio del legname, Proschek-Hauptmann tuttavia sostiene di avere tutto sotto controllo: “Sono strutture rigorosamente regolamentate: tengono aggiornato un registro con le consegne e tutto ciò che può essere controllato". Secondo i loro dati, quasi la metà del legname rumeno di Schweighofer non proviene direttamente dalle foreste, ma da siti di stoccaggio come questi. Per questo motivo, la Eia afferma che è quantomeno ingenuo, da parte di società austriache che operano in questo ambiente spesso corrotto, riporre improvvisamente la propria fiducia nell’onestà dei loro fornitori romeni. Spiega Proschek-Hauptmann: "Abbiamo sviluppato sistemi di controllo interno e previsto almeno una volta all’anno delle visite a ogni operatore dei siti di stoccaggio". Ma anche ora, il sistema di rilevamento GPS della società non è in grado di monitorare l’origine di ogni singolo tronco per metà del legname proveniente dalla Romania.
Poca azione, molto legname
Ormai è tardi a Sebeș, la piccola città della Transilvania che ospita le società Schweighofer e Kronospan. Matthias Schickhofer è in città. È un fotografo con diverse pubblicazioni all’attivo, in cui ritrae la bellezza delle ultime foreste vergini d’Europa e racconta la minaccia che stanno subendo. Lavorando con Euronatur , una fondazione tedesca per la conservazione dell’ambiente, si è concentrato sulla Romania per un lungo periodo. Infatti, anche se due terzi delle foreste vergini sopravvissute in Europa centrale si trovano in Romania (per circa 200mila ettari), solo circa un decimo ha una qualche forma di tutela.
Per illustrare il problema, Schickhofer apre Google Earth sul suo computer. Sul suo schermo vola sulle fitte foreste dei Carpazi e ci mostra un’area dove fino a pochi anni fa c’era una fitta foresta di faggio. Ora ci sono solo enormi macchie di colore marrone circondate dal verde. “Tutta questa area disboscata si trova all’interno di parchi nazionali o della rete di protezione ambientale Natura 2000", spiega. “Le autorità forestali statali si attaccano a qualsiasi infestazione, anche su piccola scala, che si tratti del coleottero o di danni provocati dalla tempesta, come pretesto per distruggere intere colline, una dopo l’altra". Gli spazi marroni erano solo cicatrici nella foresta; ora sono tutto ciò che resta: un unico appezzamento marrone di terra nuda.
“Bruxelles dovrebbe esercitare pressioni reali per fermare il conglomerato di dipartimenti forestali dello stato, vecchie reti e clan corrotti che distrugge gli ultimi resti di queste foreste vergini. Ha funzionato in Polonia, dove la Corte di giustizia europea ha interrotto la deforestazione della foresta di Białowieża con la minaccia di pesanti sanzioni".
Quando il cancro arriva in città
Ana Haţegan è in piedi a lato di una strada trafficata: enormi autocarri carichi di legno le passano di fianco. Sono diretti ai cancelli della Kronospan. Dai suoi camini, dense nuvole di fumo salgono verso il cielo. Qui la società produce formaldeide, utilizzata per incollare i pannelli truciolari. Al di sopra di una certa concentrazione, il prodotto chimico è classificato dall’Oms come sostanza cancerogena.
“Il nostro gruppo ha combattuto più di dieci anni: abbiamo organizzato proteste a cui ha partecipato metà della città. Questa è una zona residenziale, ci sono bambini che ci vivono e non abbiamo nessuna fiducia nelle misure adottate dalle istituzioni" spiega Haţegan, che prosegue raccontando come Kronospan ha avuto il permesso di costruire la sua fabbrica, che produce 30mila tonnellate di formaldeide ogni anno, senza alcuna forma di valutazione dell’impatto ambientale. Quando la Romania è stata portata dinanzi alla Corte europea di giustizia per questa violazione, in un primo momento è sembrata una parziale vittoria. Ma poi Kronospan ha annunciato che stava progettando di raddoppiare la produzione di formaldeide a Sebeș: “L’aria era già irrespirabile, quindi siamo tornati a manifestare in strada. Abbiamo depositato denunce e richiesto valutazioni indipendenti".
Haţegan descrive l’estenuante battaglia di comuni cittadini contro un colosso globale, forte del sostegno dei politici locali. Ci mostra documenti provenienti dall’ospedale della città: pare ci sia stato un incremento nel numero di disturbi alle vie respiratorie che coinvolge tanti residenti. Ulteriori ricerche hanno rivelato che a Sebeș ci sono più casi di cancro rispetto alla media del distretto in cui si trova. “Continuando a combattere, ottieni i documenti", spiega Ana Haţegan, "leggiamo qualsiasi cosa così almeno hai una possibilità che le procedure complesse possano iniziare, anche se alla fine non ottieni nulla. Mi è stato detto che serve un anno intero di valutazioni indipendenti che costerebbero diecimila euro. Dove dovrei trovare una somma simile?"
“Ti uccideremo"
Per tutto il tempo in cui ha parlato Haţegan, Matthias Schickhofer ha continuato a guardare l’entrata dell’impianto Kronospan: è sconvolto. Si è formata una lunga coda di camion, carichi di tronchi, prevalentemente legno di faggio e di quercia, tutti diretti verso l’enorme impianto della società. “Tronchi come questo provengono quasi sicuramente da foreste antiche e molto probabilmente vergini", ci spiega. “Kronospan afferma di non utilizzare legname proveniente da foreste vergini o aree protette, ma a giudicare da quanto si vede qui nutro molti sospetti. Un camionista mi ha appena detto che i grandi faggi sul suo tir provengono dalle montagne di Tarcu, un’area protetta Natura 2000".
Per capire appieno l’entità del disboscamento illegale, bisogna analizzare i dati non pubblicati fatti trapelare dagli attivisti alla fine del 2018: provengono dagli inventari forestali romeni – non accessibili al pubblico – e dimostrano che circa 38,6 milioni di metri cubi di legname sono stati sottratti alle foreste tra 2014 e 2018. La quantità consentita legalmente, secondo i piani di sfruttamento dei boschi, era 18 milioni di metri cubi. Ciò significa che la quantità totale abbattuta è stata doppia rispetto al limite legale, e che 20 milioni di metri cubi rappresentano legname definibile “mafioso”.
Abbiamo bisogno di qualcuno che possa contestualizzare il tutto, qualcuno che conosca il sistema dall’interno. Un uomo alto e longilineo con gli occhiali ci attende tra gli alberi: Mihail Hanzu, un ingegnere forestale che è stato ispettore forestale per un comune vicino a Sibiu. Quello che Hanzu ha osservato in quei luoghi è la storia delle foreste della Romania: “Ci sono voluti due mesi per farmi diventare sospettoso, quattro per essere certo, e sei per cominciare a ricevere minacce di morte". L’errore di Hanzu? Ha puntato i riflettori sul più grande segreto di questi traffici: come gli alberi abbattuti illegalmente vengono trasformati in legname prodotto legalmente – e come gli interessati riescono a guadagnarci milioni.
“Era un intero sistema, dal sindaco ai miei colleghi del dipartimento forestale. Ho trovato più di 50 modalità diverse di frode, la più comune delle quali era sottovalutare deliberatamente i volumi. Segnano un albero da tagliare e nei documenti viene scritto che misura 18 metri, anche se effettivamente ne misura 40, e che ha un diametro di 25 centimetri, anche se in realtà si tratta di 50. Quella differenza rappresenta una grande quantità di denaro, che finisce nel loro sistema. Il comune rilascia una licenza per l’abbattimento, le imprese vendono il legname a intermediari che lo conservano nei loro siti di stoccaggio per poi consegnarlo alle segherie insieme a tutte le necessarie dichiarazioni legali".
La dimensione della frode ha sconvolto Hanz. Si è segretamente introdotto nei boschi, ha preso le misure e ha scoperto enormi aree eliminate illegalmente. Alla fine si è rifiutato di continuare a firmare i documenti che coprivano la truffa. “Eravamo là, nella foresta, in piedi davanti agli alberi abbattuti illegalmente. Io, il mio capo, un altro ispettore forestale e l’agente di polizia locale. Ho detto che non volevo avere più nulla a che fare con questa storia." Il suo collega gli ha sibilato: “Se non lo fai, troverò un paio di zingari che ti uccideranno nella foresta."
La ministra avvelenata
Sono seguite altre minacce. Fino a quando finalmente Hanzu ha consegnato la sua testimonianza e si è recato dagli investigatori, con l’intenzione di rivelare tutto e porre fine a un sistema che si stima abbia sottratto 8 milioni di euro in un decennio, e soltanto nel suo piccolo comune. Gli investigatori dell’unità criminale avevano una telecamera nel loro ufficio che registrava tutto. Improvvisamente, è entrata una donna che ha detto loro di continuare il colloquio in un altro ufficio. Così sono usciti in corridoio, dove Hanzu e l’agente erano soli e non osservati. A quel punto, l’agente gli ha detto "Non abbiamo un altro ufficio. Vattene!" Solo per caso, Hanzu intravide una lettera anonima indirizzata al ministro delle Foreste, che lo diffamava in vero stile Securitate definendolo un "pericolo per la società" e un "malato mentale". Solo in seguito è stato dimostrato che tutto ciò che Hanzu aveva sostenuto era vero.
Quando gli chiediamo se questo sistema è solo un caso isolato, esita brevemente prima di rispondere: “Se questa non è una mafia, che cos’è allora? Si tratta di una rete criminale organizzata che sta distruggendo ampie zone di foresta. Questa mafia nel frattempo si è arricchita enormemente e ha superato il punto in cui può essere fermata".
Mihail Hanzu è un whistleblower, qualcuno che denuncia un illecito e che lancia un allarme – e lo ha fatto perché ama la foresta. Quando gli chiediamo che ne pensa del ruolo svolto dalle aziende austriache in questo sistema, fatica a credere alle loro rassicurazioni. “Sono quelli che immettono denaro in questo sistema. Anche se volessero, ormai non potrebbero fermarlo. Ma queste aziende sapevano a cosa andavano incontro quando sono arrivate in Romania."
Chiunque costituisca una minaccia per questo sistema deve essere pronto al peggio, che sia un attivista per l’ambiente, un ispettore forestale… o un ministro. All’inizio di gennaio 2018, la ministra dell’Acqua e delle Foreste della Romania, Doina Pană, si dimise improvvisamente. Fino ad allora aveva cercato di portare avanti azioni forti contro il commercio illegale del legname. Si disse che era caduta vittima di una grave malattia, ma in seguito l’ex ministra ha spiegato che, nell’autunno del 2017, aveva di colpo iniziato a sentirsi sempre peggio, come testimoniato dai medici. Solo dopo le sue dimissioni, test completi e un rapporto tossicologico hanno portato a un verdetto incredibile: probabilmente la ministra era stata avvelenata con elevate dosi di mercurio per un lungo periodo di tempo.
In un’intervista con la piattaforma online Ziar de Cluj , la politica, che ora si è completamente ripresa, ha rivelato che l’attentato alla sua vita era stato organizzato dalla mafia del legname. Le nuove condizioni che aveva imposto avevano reso il disboscamento illegale più difficile, e di conseguenza i cartelli avevano avuto "enormi perdite". L’ex ministra ricorda inoltre la legge sui monopoli che aveva introdotto nel tentativo di frenare Schweighofer: “Solo questo cambiamento è costato a Schweighofer 150 milioni di euro all’anno. Sono comunque andata avanti con le nuove misure, anche se stavano utilizzando tutti i mezzi a loro disposizione per screditarmi. Ma non ho mai pensato che sarebbero arrivati a tanto". Schweighofer ha spiegato ad Addendum che le affermazioni dell’ex ministra sono "assurde" e che si riserva il diritto di intraprendere "azioni legali". Le indagini sono ancora in corso.
Importare legname dall’estero
Nel frattempo, i giganti austriaci del legno in Romania hanno un problema: il legname sta finendo. Schweighofer sostiene che deve già importare più della metà del legname di cui ha bisogno e dà la colpa alla burocrazia rumena. Gli attivisti ritengono che la ragione risieda nella pressione esercitata dai media da un lato e in leggi più rigorose dall’altro, oltre che nelle indagini in corso. Ottenere legname è diventato più difficile, e per questo la materia prima ora viene importata in grandi quantità da paesi come Slovacchia o Repubblica Ceca.
“Ma il sistema di tracciamento sviluppato da Schweighofer per la Romania non funziona con le importazioni. Ciò significa, ancora una volta, che è quasi impossibile risalire alla fonte del legname. Questa situazione è preoccupante, dato che il disboscamento su vasta scala sta avvenendo anche in Slovacchia", avverte Johannes Zahnen, un esperto forestale che collabora con il WWF. Zahnen non riesce a capire perché il Regolamento Ue sul legname del 2013 non stia avendo alcun effetto: avrebbe dovuto fermare il traffico illegale di legname in tutta l’Unione europea.
“Molte Ong forniscono un gran numero di segnalazioni, ma poi viene fatto molto poco. Gli stati membri Ue stanno mettendo in atto il regolamento in modo assai discontinuo”. Fino a poco tempo fa, anche l’Ucraina era considerata un importante paese fornitore. Le linee ferroviarie ucraine arrivavano praticamente alle porte degli impianti di Schweighofer e Egger a Rădăuți, nel nord della Romania. L’organizzazione ambientale Earthsight ha rivelato che il solo Schweighofer riceveva 80 vagoni ferroviari pieni di legname ogni singolo giorno. La famiglia Kaindl ha recentemente aperto una nuova fabbrica di pannelli truciolari in Ungheria, proprio alla frontiera con l’Ucraina.
Anche nei Carpazi ucraini ora ci sono enormi aree disboscate. L’autorità forestale ucraina si sta dimostrando corrotta come la sua equivalente rumena. Il suo e