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La Macedonia prima della pioggia

Scatti fotografici dai quartieri e sobborghi della capitale macedone Skopje. Luoghi testimoni degli scontri del 2001 e che mostrano ancora oggi la diffusa presenza di simboli legati alle diverse identità del luogo.

 

Foto di Marco Carlone e Francesco Storai, testi di Marco Carlone 

Iniziamo il viaggio fotografico dalla capitale, con un’immagine che racchiude le diverse peculiarità di Skopje. Sulla destra i minareti svettano tra le case del bazar, l’antica parte della città di chiaro stampo ottomano. A sinistra invece si scorge la Mileniumski krst, la gigantesca croce metallica eretta nel 2002 sul monte Vodno per celebrare 2000 anni di cristianità in Macedonia. Gli universi islamico e cristiano sono lì, l’uno accanto all’altro, ma si ignorano puntando entrambi verso il cielo. Ultimo ma non meno importante uno degli innumerevoli condomini in cemento edificati  in città durante il periodo socialista.

Il Bazar di Skopje, emblema della capitale, coerentemente disordinato come la città stessa: insegne spente di negozietti del bazar, allacciate da matasse di fili elettrici come solo in Est Europa riescono a intrecciare. Sullo sfondo i minareti vengono quasi sbeffeggiati dalle insegne di un hotel 5 stelle. Seminascosta dalla vegetazione la “Kale”, la fortezza bizantina di Skopje, che rivela solo un paio di bandiere macedoni con l’inconfondibile effige del sole di Vergina.  

Tra l’antico bazar ed il fiume Vardar sorge la statua dedicata all’eroe nazionale dell’Albania e degli albanesi nel mondo, il condottiero Giorgio Castriota Skanderberg. Con la sua bandiera stretta al collo, sembra quasi sfigurare davanti agli hotel, ai casinò e alle nuove lucenti statue fatte costruire per il discusso progetto architettonico-nazionalista Skopje 2014.

Sulla strada dedicata all’eroe macedone Nikola Karev, si erge una statua che rappresenta l’aquila bicipite albanese. Per quanto possa sembrare strano, non siamo a Tirana o in una città albanese, ma a pochi passi dal centro di Skopje, in piena area "ottomana".

Nel quartiere di Topaana le strade diventano viuzze strette e si intrecciano tra case basse e fili sparsi ovunque. Questo è uno dei quartieri più poveri e con la più alta densità di abitanti rom. Qui moltissimi profughi albanesi trovarono rifugio dalla guerra kosovara di fine anni 90. Gli episodi di intolleranza nei confronti degli abitanti di questo quartiere – considerato un vero e proprio ghetto da alcuni – sono ancora ben visibili in città, tanto da poter trovare sui muri dei quartieri circostanti graffiti che proclamano: "Topaana is not Macedonia".

In questo piccolo e giovane paese balcanico, la maggioranza macedone convive con una nutrita minoranza di etnia albanese (circa il 20% della popolazione totale). Nel corso degli anni, il complicato equilibrio interno è stato messo più volte a dura prova da ambo le parti, in un’escalation di azioni, episodi d’intolleranza ed attentati che nel 2001 sono sfociati in una vera e propria guerra civile. 

Gli eventi del 2001 sono ancora ben impressi e legati al territorio: qua addirittura l’insegna di un bar riporta l’anno, i colori albanesi e l’immancabile aquila bicipite…

A soli 13 chilometri da Skopje sorge la cittadina di Aračinovo. Nel 2001 questa località giocò un ruolo chiave nella guerra civile. Occupata dai ribelli albanesi per una decina di giorni, la città venne assediata e bombardata dall’esercito macedone nonostante i tentativi di dialogo, caldeggiati anche dalla NATO. Il cessate il fuoco, ordinato dalla NATO stessa, permise ai ribelli di scappare dalle loro postazioni e fu considerato (dai macedoni) una vera e propria sconfitta politica per il governo.
Oggi, 14 anni dopo, per le vie del paese si possono vedere ancora diversi simboli legati all’identità albanese, come questa scritta vicino alla fermata dell’autobus che tradotta in italiano significa "Io sono albanese".

Il furgone della ditta ”Bukurija” è parcheggiato ai margini della strada Metodija Andonov-Čento nel centro di Aračinovo. Bukurija è un tipico cognome schipetaro ma questo non deve sorprendere: ad Aračinovo il 95% della popolazione è di etnia albanese. La strada è la stessa che i carri armati dell’esercito macedone percorsero il 22 giugno 2001 nell’intento di riprendere controllo della cittadina, da giorni in mano ai ribelli. Su Aračinovo per la prima volta dall’inizio della guerra venne utilizzata anche l’aviazione: i bombardamenti sulla città furono devastanti e rasero al suolo molte abitazioni. Molte delle case, 14 anni dopo il conflitto, sono ancora semidistrutte o in fase di (lenta) ricostruzione. 

Nella zona di Skopje e nei paesi intorno alla capitale vivono circa 40mila persone di etnia rom che concedono alla città macedone il particolare primato mondiale di capitale con la più grande comunità di cittadini rom. Una nutrita percentuale abita nel quartiere di Topaana o nella cittadina di Shuto Orizari, dove la lingua romanì viene anche insegnata nelle scuole. Due giovani agricoltori, di buon mattino, percorrono i pochi chilometri che li separano da Skopje con un tipico carretto di legno trainato da un cavallo. 

Il nazionalismo macedone si esprime un po’ ovunque, anche accanto ad una comunissima fermata dell’autobus. Quella di Volkovo, piccolo villaggio nei pressi di Skopje a maggioranza macedone, è stata dipinta con la Stella argeade e la parola “Combat”. Il grande sole giallo è alla base delle forti tensioni sul nome "Macedonia" che si protraggono da anni con la Grecia. Rivendicazioni simboliche ma anche rivendicazioni territoriali: Volkovo si trova a 10 kilometri dalla frontiera kosovara, ai piedi di quelle montagne che furono teatro della guerra nel 2001. Una tensione, quella tra albanesi e macedoni, per alcuni mai veramente sopita.

Lo dimostreranno i fatti di Kumanovo, avvenuti meno di 24 ore dopo questo scatto.  

Spostandosi verso sud, si entra in un’area a forte maggioranza macedone. Siamo a Lozovo, non lontani dalla città di Veles, ed è di nuovo la fermata dell’autobus a dirci qual è il gruppo etnico predominante in paese. Per fortuna, ciò non sembra esser di peso per le due donne in attesa del bus. 

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