La lunga lotta dell’Azerbaijan

Dalle prime spinte per l’indipendenza degli anni ’70 quando le donne e gli intellettuali hanno avuto un ruolo di rilievo, fino ai giorni nostri; un viaggio nei difficili processi di democratizzazione del Paese

30/10/2009, Arzu Geybullayeva - Baku

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Photo by Fabio della Piazza

1989- Il mondo e il Caucaso, uno sguardo dall’Azerbaijan

E’ stato l’anno del nuovo corso della storia- il muro di Berlino è caduto, è stata avviata la TV satellitare del network Sky, Mike Tyson ha battuto Frank Bruno, il Liverpool ha vinto sull’Everton, l’esercito cinese ha caricato gli studenti nella manifestazione di piazza Tienanmen ed è stato l’anno della fine della Guerra Fredda. Mentre il mondo stava a guardare questi e altri mutamenti, un paese nel Caucaso stava attraversando una serie di trasformazioni interne burrascose. L’Azerbaijan, il più grande paese del Caucaso meridionale si trovava di fronte a diverse scelte e decisioni da prendere.

Dopo il 1989

Successivamente alla dichiarazione di indipendenza nel 1991, poco dopo la caduta dell’Unione Sovietica, l’Azerbaijan era già in guerra per ragioni etniche con l’Armenia per il Nagorno Karabakh – enclave armena nel territorio azero. Il Paese stava inoltre affrontando il disastro economico causato dalla dissoluzione sovietica e si trovava in mezzo al caos politico interno dovuto alla transizione politica.

Un avanzamento veloce di 20 anni e troviamo un’immagine completamente diversa dell’Azerbaijan. E’ il 2009 e l’economia dell’Azerbaijan ha presentato uno dei più alti tassi di crescita del mondo. In particolare tra il 2005 e il 2007. Secondo statistiche del FMI, nel 2004 le importazioni superavano le esportazioni per un valore corrispondente al 23,5 per cento del PIL dell’Azerbaijan, mentre solo tre anni dopo la situazione era opposta: le esportazioni superavano di gran lunga le importazioni per un valore pari al 41,8 per cento del PIL. Nel 2008, l’Azerbaijan è stato classificato come il miglior paese riformatore nel rapporto Doing Business della Banca mondiale.

Per quanto riguarda l’ambito politico, sebbene il caos politico della post-indipendenza sia stato rimpiazzato a metà degli anni ’90 da una relativa stabilità, la frustrazione sociale è cresciuta con la percezione di un governo autoritario e la formazione di clan familiari nella forma di monopoli e strutturati su relazioni di parentela.

Nel corso degli degli ultimi 15 anni l’Azerbaijan è stato guidato dalla famiglia Aliyev. Prima fu presidente Heydar Aliyev- un personaggio potente, ex comunista, ex generale del Politburo. Gli è succeduto il figlio Ilham Aliyev che, in seguito alla sua recente rielezione nell’ottobre 2008, è riuscito a garantirsi la carica alla presidenza per un periodo indefinito di tempo attraverso il risultato del referendum del 18 marzo passato con una travolgente maggioranza dell’80%. Nel referendum il Presidente aveva proposto degli emendamenti costituzionali che prevedevano la revoca della limitazione alla carica presidenziale a due mandati e la proibizione del ricorso alle elezioni in un paese in stato di guerra.

La guerra sulla questione del Nagorno Karabakh è rimasta congelata dal 1994 sebbene le trattative siano proseguite fino ad oggi e ben pochi progressi siano stati fatti.
Novella Jafaroglu, direttrice di APWR (Association for the Protection of Women’s Rights) una delle prime ONG femminili in Azerbaijan, racconta di come lei ricordi gli anni precedenti l’indipendenza e la lotta degli intellettuali azeri per rendere il paese realmente democratico.
La lotta per l’indipendenza in Azerbaijan è iniziata negli anni ’70 e non all’interno del contesto politico, piuttosto al contrario, nell’ambito culturale che aveva visto la formazione di un gruppo incline alla democrazia- autori famosi, pensatori di rilievo- all’interno dell’élite intellettuale di quegli anni.

Racconta Novella Jafaroglu: "Nel 1967 stavo lavorando in un villaggio di Keleki in Nakhchivan come farmacista. E’ stato lì che ho incontrato Abulfaz Elchibey, che ha completamente cambiato la mia visione dell’Unione Sovietica. Era un intellettuale che credeva nella democrazia. Durante le sue conferenze parlava della dissoluzione dell’USSR e del ruolo che la Turchia – nostra amica- avrebbe avuto nella democrazia dell’Azerbaijan una volta ottenuta l’indipendenza. Prima di incontrare lui, avevo creduto sinceramente che l’Unione Sovietica fosse la cosa migliore che ci fosse capitata. Ho letto un sacco di letteratura di autori sovietici ed ero affascinata dalla storie narrate in questi libri. Non sapevo molto della storia passata dell’Azerbaijan- la prima Repubblica Democratica azera del 1918 e la lotta che è scoppiata poi. Ad ogni modo poi qualcosa è cambiato. Una notte Elchibey mi ha raccontato della prima indipendenza dell’Azerbaijan, delle lotte e delle purghe. Ha tirato fuori la bandiera della prima repubblica che io vedevo per la prima volta perché nessuno nel paese la conosceva.
Nel corso dei giorni seguenti ho iniziato a parlare con le mie amiche e ben presto abbiamo formato un gruppo clandestino rivoluzionario. Le donne erano molto attive in quegli anni. In più nessuno prendeva noi donne sul serio mentre gli uomini, dovendo impegnarsi apertamente sarebbero stati arrestati.
Un movimento dissidente era stato organizzato- cellule di 4 persone.
Nel 1988 viene fondato Xalq Cebhesi (che poi diverrà APF-Azerbaijani Popular Front) e viene eletto Elchibey come proprio leader. Contavamo 10,000 persone. Ed è così che è iniziato il movimento contro i sovietici. Erano con noi Isa Gambar (oggi alla guida di uno dei partiti di opposizione in Azerbaijan, il Musavat), Panah Huseyn (membro del parlamento) e molte altre che più tardi hanno formato i loro propri partiti".

Il Fronte Popolare era strettamente associato all’impegno liberale, alla democratizzazione della società con una maggiore attenzione per i diritti umani e civili, alle elezioni libere e regolari. Citando Thomas Goltz il Fronte Popolare era "un governo ombra che era stato creato- ed era una cosa mozzafiato osservarlo in una tale società concepita per essere sorda, muta e cieca".

Ma proprio come è avvenuto con il movimento per l’indipendenza del 1918, anche il Fronte Popolare si è trovato a dover combattere a causa della difficile situazione del periodo 1988-1993.

Il 12 Luglio 1988, il parlameto locale del Nagorno Karabakh (NK) ha votato la secessione dall’Azerbaijan. La risposta di Mosca è stata il rifiuto di questa secessione e delle truppe sovietiche furono inviate in NK – questo è stato uno dei più violenti scoppi di violenza su base etnica nell’Unione Sovietica. É stato anche il momento in cui ai giornalisti non era permesso venire in Azerbaijan. Entro novembre iniziarono gli scontri a Baku e a Sumgayit causando la fuga di migliaia di armeni. Le proteste di massa contro il regime fantoccio di Mosca in Azerbaijan portarono alla sollevazione di migliaia di persone e al loro raduno nella odierna piazza della Libertà.

Nel gennaio 1990 le tensioni tra l’Armenia e l’Azerbaijan stavano aumentando, l’APF (Azerbaijani Popular Front) stava minacciando con la guerra la potenziale cessione del NK all’Armenia, le proteste iniziarono nel sud dell’Azerbaijan e i nazionalisti che chiedevano l’indipendenza innalzarono delle barricate intorno a Baku. Ma tutto ciò si interruppe bruscamente nella notte del 19 Gennaio 1990 quando le truppe sovietiche presero d’assalto la capitale Baku, uccidendo centinaia di persone ( 87 secondo Mosca e 500 secondo i nazionalisti in Azerbaijan) e mettendo fine de-facto al potere dell’APF. L’episodio portò inoltre la maggior parte delle differenti fazioni dell’Azerbaijan ad unirsi – nazionalisti, repubblicani e perfino il Partito Comunista azero che era fortemente contro l’APF.
Nel corso dei due anni seguenti, le proteste di massa in Azerbaijan continuarono. Ayaz Mutallibov, il successivo (auto proclamatosi) presidente fu spodestato nel 1992 e costretto alla fuga quando la folla guidata dall’APF fece irruzione nel parlamento. Fu rimpiazzato dal primo presidente eletto democraticamente Abulfaz Elchibey – la transizione verso la democrazia era iniziata ma ancora una volta ebbe vita breve.

L’APF ora al governo doveva affrontare l’intensificarsi della guerra nel Nagorno Karabakh e la rovina economica. C’era inoltre un altro elemento importante. La nazione azera non era pronta ad accettare le riforme democratiche nello stile occidentale data la sua scarsa se non inesistente esperienza di nation building e la forte presenza di valori musulmani tradizionalisti sviluppati in un contesto di diritti civili e politici limitati. Così entro il primo anno di presidenza di Elchibey, egli fu rimpiazzato da Heydar Aliyev- un funzionario del KGB e del Politburo

Cambiamento o stagnazione

Nonostante molto sia cambiato in Azerbaijan a livello economico dal 1993 ad oggi, dal punto di vista politico il Paese non ha fatto molta strada rispetto alla fine degli anni Ottanta. Nonostante la sostituzione dei regimi fantoccio di inizio anni ’90 e l’effettiva indipendenza, la stagnazione dello sviluppo economico e politico non segna che una sottile differenza rispetto all’Azerbaijan di venti anni fa.

L’élite di intellettuali, che fu così determinante durante gli anni Settanta, Ottanta, e Novanta sta ancora lottando per far sentire la propria voce, ma questa volta non a causa delle pressioni del Soviet sotto il controllo di Mosca ma per pressioni interne da parte dell’attuale leadership azera che si assicura di mantenere saldo il coperchio sopra questo gruppo di individui.

Ma c’è della speranza – un nuovo movimento che sta emergendo in Azerbaijan. Sono giovani e pieni di energia. Molti hanno studiato all’estero e sono tornati nei loro paesi di origine, che vogliono cambiare. Credono nella buona educazione e nei vantaggi che può portare. Sono scaltri e moderni a livello tecnologico. Usano internet e gli strumenti (dei social network della rete) per diffondere le proprie idee. Se avranno successo è un’altra questione e solo il tempo potrà dirlo (forse altri ventanni e ulteriori muri da abbattere) ma per ora, rimangono un’alternativa per molti ragazzi in Azerbaijan.

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