La guerra intorno alla chalga non è ancora finita
La chalga, o "etno-pop", genere emerso prepotentemente in Bulgaria negli anni della transizione, ha diviso e continua a dividere. Ma quali sono le sue origini, e quale il suo possibile futuro? Ne parliamo col musicologo Ventzislav Dimov, professore presso l’Accademia delle Scienze bulgara
La "chalga" è un fenomeno musicale fortemente legato agli anni della transizione in Bulgaria, ma è frutto di una tradizione molto più antica. Da dove viene la "chalga"?
Innanzitutto bisogna fare due precisazioni importanti: in generale preferisco parlare di "musica etno-pop", piuttosto che di chalga, visto che il termine ha assunto nel corso degli anni una connotazione fortemente negativa. Inoltre per comprendere la chalga, è necessario capire che non si tratta di un fenomeno esclusivamente musicale, ma anche e soprattutto sociale e culturale.
Oggi la chalga viene interpretata come un fenomeno indissolubilmente legato alla transizione post-comunista. Le sue radici, però risalgono alla metà del 19° secolo, quando la Bulgaria era ancora parte dell’impero ottomano. Allora, questo genere musicale, noto come "chalgiya", era portatore di una cultura cittadina, eclettica, d’avanguardia, contrapposta alla cultura locale e purista della musica folklorica del villaggio. Fin dalle sue origini si caratterizza come musica che trascende i confini etnici, è segnata dalla forte presenza di musicisti rom, mette insieme oriente ed occidente, bulgaro e balcanico, folklore e musica popolare.
Cosa succede con la nascita della Bulgaria moderna?
Succede che la "chalgiya" viene rilegata ai margini dello spazio pubblico, proprio a causa delle caratteristiche "sovranazionali" che ho elencato. La nuova nazione bulgara, e la sua ideologia nazionalista , cercano anche nella musica di rafforzare i caratteri di identità nazionale, favorendo ciò che distingue rispetto a ciò che accomuna.
Quale è stato il rapporto del regime comunista con la chalga?
L’atteggiamento della classe dirigente comunista ha continuato a guardare con sfavore a questo genere musicale, che allora non era conosciuto con questo nome. All’interno dell’esperimento di ingegneria sociale e culturale del regime, avevano accesso al pubblico principalmente due forme musicali: la musica "alta", che guardava a modelli occidentali, e il fenomeno della "musica popolare bulgara", rivisitazione di musicisti e compositori professionisti di elementi della musica folklorica tradizionale.
Con la caduta del comunismo, la chalga è "riemersa" nello spazio culturale pubblico. Come è avvenuto questo passaggio?
La chalga non ha mai cessato di esistere. Anche durante il comunismo ha continuato a vivere attraverso le "bande matrimoniali" e la musica rom, e ad essere ascoltata in modo semiclandestino. C’era anche un’industria musicale non ufficiale, legata alla chalga, che viveva attraverso le cassette musicali, mezzo economico e facilmente riproducibile. Coi fatti dell’89, che insieme alla democratizzazione hanno portato alla liberalizzazione dei mezzi di comunicazione di massa, la "musica etno-pop" ha trovato facilmente la strada per tornare alla luce, e a conquistare sempre più spazio ai danni della "musica popolare", finché, intorno al ’93 ha dato vita ad una vera industria musicale.
Quali cambiamenti ha portato la nascita di tale industria organizzata?
Grazie all’industria la chalga è uscita definitivamente dall’underground, diventando a pieno titolo segno di prestigio per la nuova elité che emergeva in quegli anni, un’elité fatta di nuovi ricchi, di sportivi, ma anche di larghi settori dell’economia "grigia", che ama l’ "etno-pop" e vi si riconosce. In generale, però, larghi settori della società bulgara si sono riconosciti nella chalga, perché questa è in realtà un insieme complesso e strutturato, capace di rispondere ai gusti di un pubblico eterogeneo e differenziato.
Spesso la chalga viene considerata diretta emanazione di generi musicali nati nei paesi vicini alla Bulgaria, come la "novokomponovona" e il "turbofolk" serbi, la "laika" greca o l’"arabesh" turco…
Questo è vero, ma solo in parte. Anche se per lungo tempo la tendenza a riprodurre successi della musica serba o greca, attraverso cover, è stata dominante, la chalga non è mai stata soltanto la riproduzione di modelli musicali presi in prestito dai paesi vicini. Basti pensare che alcuni vecchi successi della chalga bulgara come "Kamanite padat", si sono poi trasformati in veri hit anche in Serbia. Oggi poi, la produzione "etno-pop" bulgara è un prodotto del tutto originale e, credo, gli elementi orientaleggianti che vi si trovano possono esser fatte rientrare in una tendenza generale della world music, piuttosto che ad un fenomeno locale.
La chalga ha diviso la società bulgara in due campi opposti, e generalmente suscita commenti emotivamente molto forti, sia tra i suoi fan che tra i suoi detrattori. Perché?
La chalga si ama o si odia, e non lascia nessuno indifferente. E’ un tema di discussione scandaloso e passionale, che divide la società proprio perché non riguarda soltanto un genere musicale, ma piuttosto una scelta culturale, una "way of life. La battaglia intorno all’ "etno-pop" nasce dal fatto che questa è un vero e proprio termometro di processi che stanno cambiando profondamente la società bulgara. Innanzitutto il passaggio tra il mondo della tradizione a quello della modernità e del post-moderno. Ma anche dell’eterna contrapposizione culturale dei modelli occidentale ed orientale, che per la Bulgaria si rivela sempre estremamente sofferta.
La Bulgaria ufficiale guarda ad occidente, in un certo senso, però, l’amore per la chalga sembra un sintomo del fatto che "la pancia" della nazione continua a sentirsi più a suo agio nei solchi della tradizione orientale. La Bulgaria oggi è un paese culturalmente schizofrenico?
Sì, ma anche in questo caso solo in parte. Se è vero che la chalga è oggi probabilmente più popolare di qualsiasi partito politico, questa non può sostituirsi alla politica stessa. Al tempo stesso, il fatto che esista un dibattito, anche se acceso e passionale, sulla chalga, a mio avviso rappresenta un segno di maturità della società. A chi considera la "etno-pop" come un fenomeno retrogrado, antimoderno e orientaleggiante, fa da contraltare la posizione di chi cerca una propria identità culturale senza accettare acriticamente i modelli proposti dall’Occidente. Questo dibattito è parte integrante della transizione bulgara, ed in molti sostengono che, la fine della "guerra" intorno alla chalga segnerà anche la fine della transizione.
E secondo te questa guerra è già finita?
No, credo che questa continui, anche se in molti sostengono il contrario, sottolineando come la "etno-pop" abbia ormai accesso a tutti i media, e che gli stessi partiti politici iniziano ad utilizzarla nella campagna elettorale. Secondo me la situazione è più complessa, visto che le critiche rivolte alla chalga continuano ad essere di vario tipo. Innanzitutto c’è la critica estetica, che la accusa di essere una musica d’intrattenimento bassa, da i testi volgari e di carattere "genitale", cantata da donne seminude e provocanti. Se questo è in parte vero, d’altra parte esistono anche testi portatori di valori come la famiglia, l’amicizia, la patria. Oggi poi la "etno-pop" cerca di superare la contrapposizione alto-basso, con esperimenti come quello di Kali, che guarda già decisamente alla world music, o della Kuku Band, che ha portato un forte carattere autoironico al genere.
Ma quali sono i settori della società bulgara che amano la chalga, e quali invece quelli che la detestano?
Semplificando molto, a detestare la chalga è soprattutto l’intellighenzia culturale: scrittori, registi, cantanti. Alcuni per motivi estetici, altri per motivi nazionalistici, visto che viene vista come un tradimento della "vera" cultura bulgara. C’è poi chi non la sopporta per il suo essere fenomeno "di sinistra", legato alle masse popolari, e poco acculturate, contadini oggi divenuti cittadini marginali, che rappresentano al momento la parte preponderante della società bulgara, visto che continua a mancare una vera classe media. Ad amare la chalga è anche un settore non indifferente dell’economia "grigia", che oltre ad ascoltare l’"etno-pop" lo ha trasformato in parte importante del suo business, e che ha fornito al genere la sua ideologia. Non a caso nelle canzoni si parla, ma non solo, di macchine, cellulari, soldi facili e donne.
Qual è il possibile futuro dell’"etno-pop" bulgaro?
So che non sono in molti a pensarla come me, ma io credo che la chalga possa divenire un fenomeno largamente positivo, perché è un genere che ha le potenzialità per costruire ponti culturali, per "incollare" quello che le particolarità nazionaliste nei Balcani hanno diviso, superando divisioni etniche e culturali. Credo che, nel mondo postmoderno in cui le barriere tra noi e gli altri divengono più tenui, il genere possa convivere pienamente con i valori di integrazione e convivenza del nostro futuro comune europeo.