La gioia per l’eternità. Lettere dal gulag

"La gioia per l’eternità – lettere dal gulag" raccoglie e custodisce il carteggio dei coniugi Aleksej e Valentina Losev, internati nei gulag fra gli anni 1931 e 1933. Il volume è il quarto della collana "Narrare la memoria" della casa editrice Guerini e associati, con il patrocinio di Memorial Italia

15/11/2022, Maria Elena Murdaca -

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Quella dei coniugi Losev è una vicenda straordinaria di eccezionale intensità. L’amore al tempo del gulag, la separazione di due coniugi che sono non solo marito e moglie, ma compagni di vita in unione spirituale, monaci sposi in clandestinità. Entrambi scienziati, artisti e filosofi, fusi – mente, anima e spirito – in una sola entità, egualmente devoti alla scienza e alla fede, due concetti che per i Losev non sono in contrapposizione ma si integrano e si completano come le due metà del Simposio di Platone che si sono riconosciute.

Aleksej Losev, l’ultimo grande filosofo russo, fu arrestato nel 1930 a causa del suo attivismo filosofico antimarxista. Pochi mesi dopo anche sua moglie, l’astronoma Valentina Loseva, subisce la stessa sorte. Seguono all’arresto la detenzione nel carcere di Butirki a Mosca e la condanna, a dieci anni per lui e a cinque anni per lei.

I due coniugi furono inizialmente deportati in campi di concentramento separati, lui nella Regione di Leningrado, lei in Siberia, a più di 4.000 km di distanza. Dallo Svirlag al Siblag e ritorno, lettere e cartoline raccontano il brutale funzionamento del sistema dei campi di concentramento comunisti di epoca staliniana con la miseria sovietica sullo sfondo.

La corrispondenza fra i Losev è, prima che testimonianza con valore documentario, evidenza irrefutabile della potenza di un amore sovrumano sublimato nello spirito, alla base della tenacia e determinazione a sopravvivere dei due, un cantico all’Amor Omnia Vincit.

In una delle prime epistole, Aleksej Losev scrive alla moglie:

In un anno e mezzo di prigione non ho quasi conosciuto consolazioni spirituali o fisiche, e se queste mi si sono presentate, non erano altro che inganno e perfidia. Per ore ripetevo il tuo dolce nome e ti chiamavo in soccorso, non potendo credere che fossimo separati per sempre.

E ancora:

Durante i nostri lunghi anni di amicizia io e te abbiamo elaborato nuove forme di vita del tutto originali, questa unione di scienza, filosofia, matrimonio spirituale e monachesimo, che poche persone avrebbero avuto il coraggio di vivere e di cui i nostri piccoli borghesi saggi filosofi, persone spostate e monaci non saprebbero neanche sognare. La convergenza di questi cammini in un’unica estasi serena e ardente, dove il silenzio delle mute contemplazioni interiori o dell’amore e della pace coesiste con l’energia della creazione scientifica e filosofica, è Losev che l’ha creato e nessun altro e queste originalità, profondità e vitalità non si possono togliere alla coppia Losev.

La descrizione delle condizioni di vita nel gulag è molto mitigata nelle parole di Valentina Loseva, per evitare il rischio sempre incombente della censura: "Se mi mandate un altro pacco alimentare ve lo spedirò indietro. Non mi serve nulla. Ho comprato tutto quello che mi serve a Bijsk. C’è un buono spaccio qui. Ho del denaro. Non resto mai senza latte e burro. Anche pane bianco ne ho sempre. Lo compro allo spaccio a 19 copechi al chilo. È che qui il frumento non manca ". Tanto che anche la reazione dei suoi affetti più cari è scettica: "Il 7 marzo abbiamo ricevuto una cartolina da Aleksej Fedorovič. Dice che ha ricevuto quattro lettere da te. Non riesce a credere che tu stia bene. Anche noi pensiamo che tu lo scriva per farci stare tranquilli".

L’impulso creativo e scientifico dei Losev rimane vivo nonostante l’abiezione che li circonda: "Ebbene, sento emergere a momenti, e anche molto spesso, ondate di immagini letterarie. Avverto un incredibile bisogno di scrivere opere narrative, esclusivamente nello stile di Hoffman, Edgar Allan Poe e Wells. Finora, malgrado l’orrore della mia situazione (se sapessi, se sapessi, mia cara!), ho immaginato una serie di storie molto elaborate, di contenuto spaventoso, ma (pensa!) Non ho la possibilità non soltanto di scrivere, ma anche solo di annotarmi la trama della storia (per non dimenticare). […]se avessi potuto annotarmele ne avrei tratto modelli letterari riusciti e mi sarebbero servite come base per la mia evoluzione letteraria e per progredire nell’elaborazione di un procedimento e di uno stile originali".

Assolutamente stupefacente che in condizioni di assoluta miseria materiale e di degrado (fame, sporcizia, freddo, problemi di salute, ambiente meschino, lavori forzati), l’anima di Losev conservi intatto l’anelito intellettuale e artistico, facendo primeggiare i bisogni dello spirito su quelli corporali, e tutelandosi così dall’abbrutimento disumanizzante risultato ultimo della macchina del lager.

Stesso principio che, mutatis mutandis, si ritrova in "Se questo è un uomo" di Primo Levi, nel capitolo dedicato al canto di Ulisse:

"Ecco, attento Pikolo, apri gli orecchi e la mente, ho bisogno che tu capisca:

Considerate la vostra semenza:
Fatti non foste a viver come bruti,
Ma per seguir virtute e conoscenza.

Come se anch’io lo sentissi per la prima volta: come uno squillo di tromba, come la voce di Dio. Per un momento, ho dimenticato chi sono e dove sono.

Pikolo mi prega di ripetere. Come è buono Pikolo, si è accorto che mi sta facendo del bene. O forse è qualcosa di più: forse, nonostante la traduzione scialba e il commento pedestre e frettoloso, ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in travaglio, e noi in specie; e che riguarda noi due, che osiamo ragionare di queste cose con le stanghe della zuppa sulle spalle".

In virtù della convergenza di una serie di circostanze, tali quali l’alleggerimento della pena di Aleksej a causa della sua invalidità e il riavvicinamento di Valentina, che viene trasferita dalla Siberia al campo di Medvez’ja Gora, i due si ritrovano nel 1932 e l’anno seguente rientrano a Mosca.

Sublimità e infamia, elevatezza e abisso si mescolano ne "La gioia per l’eternità", titolo che, se lo si considera insieme al contenuto e all’ambientazione, può apparire un ossimoro, ma in sostanza è perfettamente adeguato all’inno alla vita che scaturisce dai fogli ingialliti delle lettere di Valentina e Aleksej Losev.

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