La Georgia dopo Vilnius
Le diverse forze politiche georgiane sono unite nell’impegno, assunto a Vilnius, a firmare un Accordo di Associazione con l’Unione europea. La reazione russa prende la forma di recinti di filo spinato in Ossezia del Sud
Il 29 novembre, la Georgia ha posto la propria sigla all’accordo di associazione con l’UE sullo sfondo di un grande scandalo internazionale: tre giorni prima della firma, il governo ucraino aveva fatto marcia indietro, motivando la decisione con la pressione economica esercitata da Mosca.
Due mesi prima era stata l’Armenia a tirarsi indietro, privilegiando l’Unione doganale con la Russia, ma questa decisione non aveva sorpreso nessuno: considerata la guerra con l’Azerbaijan e l’embargo con la Turchia, il principale garante della sicurezza di Yerevan rimane la Russia. Mantenendo saldamente la posizione filo-russa, non sorprende che l’Armenia abbia rinunciato all’associazione con l’UE. Sorprende semmai che avesse manifestato questa intenzione.
Diversa la questione dell’Ucraina che, con i suoi 47 milioni di abitanti, è l’oggetto principale delle attenzioni russe, sia da un punto di vista economico che di influenza. Senza l’Ucraina, non ci sarà alcuna Unione Eurasiatica. In questo contesto, per l’UE avevano fondamentale importanza la Georgia e la Moldavia.
Unità georgiana
I lavori per l’accordo di associazione tra Georgia e Unione europea sono in corso da molti anni: si tratta di un lungo e complicato processo di armonizzazione della legislazione, creazione di strutture prima assenti nel paese (ad esempio il servizio fitosanitario e i moderni laboratori per il controllo qualità) e così via. Tbilisi e Bruxelles hanno concordato circa 450 emendamenti alla legislazione, che ora andranno implementati nel corso dell’anno.
Dopo l’ultimo cambio di governo a Tbilisi, il filo-occidentale Movimento Nazionale ha accusato il partito di governo Sogno Georgiano di essere al soldo di Mosca. Tuttavia, non sembra che l’attuale governo abbia preso provvedimenti concreti a favore degli interessi del Cremlino: la Georgia continua a partecipare alle operazioni della NATO in Afghanistan, lavora su progetti per trasportare l’energia del Caspio verso l’Europa, sta costruendo una ferrovia strategicamente importante tra l’Azerbaijan e la Turchia e non ha abrogato le norme che definiscono la Russia paese occupante.
Vi è stata tuttavia una diminuzione della retorica aggressiva, maggiore libertà d’azione per l’opposizione filo-russa e, in cambio, l’apertura del mercato russo ai prodotti agricoli georgiani. Tuttavia, i rapporti fra Georgia e Russia rimangono negativi: non esistono relazioni diplomatiche, la Russia non ha intenzione di facilitare il regime dei visti per i cittadini georgiani e ha indurito anzi il controllo su Abkhazia e Ossezia del Sud.
Il controllo è stato reso molto più evidente: le truppe russe hanno infatti messo il filo spinato lungo il confine non riconosciuto fra Georgia e Ossezia del Sud, “spezzando” così il territorio controllato da Tbilisi. Molto spesso, dietro il "confine", ci sono le case e le terre degli abitanti locali.
Tutto questo avviene perché il nuovo governo della Georgia, pur ammorbidendo la retorica, non intende abbandonare il percorso di avvicinamento all’Unione europea. La sigla dell’accordo con l’UE, infatti, era forse l’unica questione su cui governo e opposizione erano concordi.
Vilnius
Ovviamente, in questa fase, le parti dichiarano semplicemente l’intenzione di instaurare relazioni di libero scambio. La Georgia, per ora, ha solo approvato il testo dell’accordo, oltre mille pagine. Secondo il ministro degli Affari Esteri, Maja Panjikidze, la sigla finale e formale è prevista indicativamente per settembre 2014: fino ad allora, la Georgia ha il compito di avviare tutte le necessarie riforme legislative e infrastrutturali, mentre l’Unione europea dovrà tradurre il testo nelle 24 lingue degli Stati membri che ratificheranno l’accordo.
A Tbilisi si dice che è stato fatto il primo passo, ma il difficile deve ancora venire. Ciò che preoccupa la Georgia è la pressione russa.
Mosca
Senza dubbio la Russia non starà a guardare, ma aumenterà la pressione con l’avvicinarsi della firma definitiva dell’accordo.
Dal punto di vista economico, la Georgia non è particolarmente legata alla Russia, che è solo il quarto partner commerciale dopo Turchia, Azerbaijan e Ucraina. Dal punto di vista energetico, il paese importa gas dall’Azerbaijan, mentre l’energia elettrica è per quasi il 90% di produzione domestica. La società di distribuzione di energia elettrica di Tbilisi appartiene alla RAO russa, ma nemmeno durante la guerra l’energia è stata usata come arma di ricatto: la dirigenza della società è consapevole del fatto che, al primo ragionevole sospetto in proposito, la RAO sarebbe fuori dalla Georgia, non avendo possibilità di ricorrere all’arbitrato internazionale.
Non giocano un ruolo decisivo nemmeno le esportazioni georgiane verso la Russia. Anche dopo l’apertura del mercato, infatti, con l’esportazione di merci per 130 milioni di dollari, i profitti non hanno superato che poche decine di milioni di dollari. Si tratta di un dato positivo, certo, ma non decisivo per la Georgia.
Alla Russia rimangono quindi due argomenti. Il primo è la continuazione della strisciante espansione al confine: oggi il filo spinato passa attraverso le case dei residenti locali, domani potrebbe attraversare l’autostrada o un tratto di gasdotto. Il secondo è la presenza di gruppi nazionalisti apparentemente convinti che, non appena la Georgia farà parte dell’Europa, la maggioranza della popolazione diventerà omosessuale. In prima linea troviamo la Chiesa georgiana ortodossa, apertamente schierata con i "fratelli nella fede" contro i "sodomiti europei". La loro propaganda è perfettamente identica a quella della Chiesa russa ortodossa e della Duma.
La pressione sulla Georgia farà quindi leva su commercio, confine e religione.
Una scelta di campo
In Georgia, tuttavia, si sostiene che nessuna pressione potrà costringere il paese ad abbandonare il percorso scelto. Queste tre minacce non sono infatti ritenute sufficientemente gravi da portare ad un cambiamento di politica: Abkhazia e Ossezia del Sud si sono già staccate, e Mosca non intende revocare il riconoscimento, mentre solo una piccola parte della popolazione entra nel panico all’idea di un gay pride.
Non funziona nemmeno un altro importante argomento: con l’accordo di libero scambio la Georgia dovrà eliminare le restrizioni doganali all’importazione, ottenendo in cambio il libero accesso ai mercati UE. Forse alla Georgia non sarà di grande utilità l’accesso al mercato UE, a causa della bassa qualità dei prodotti fabbricati nel paese, ma nemmeno l’apertura delle frontiere rappresenta alcun pericolo: diversi anni fa, la Georgia ha rimosso le barriere doganali alle importazioni, opportunità sfruttata principalmente dai produttori turchi, quindi nulla di nuovo su questo fronte.
L’impegno da parte georgiana a firmare fra un anno l’accordo di associazione con l’UE, quindi, nel paese non viene considerato tanto nella sua dimensione economica, quanto come una scelta di civiltà.