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La fortezza Europa
Riprendiamo un commento scritto da Jovan Teokarević per la rivista Evropski Forum sul tema dei visti e sulla recente introduzione del visto per i cittadini della Serbia e Montenegro che entrano in Ungheria
A partire dal primo novembre ai cittadini della Serbia e Montenegro è richiesto il visto per l’ingresso nella confinante Ungheria. Con procedure semplificate i serbi potranno entrare in Ungheria con un visto prolungato e con la possibilità di più ingressi. Questo evento in Serbia ha riattualizzato l’annosa questione dei visti di Schengen e dei visti con i paesi confinanti che come l’Ungheria avvicinano le frontiere dell’Unione. Il mensile belgradese Evropski Forum, una pubblicazione che dall’inizio di quest’anno cerca di informare il pubblico della Serbia e Montenegro sulle più significative questioni legate all’integrazione europea, ha dedicato interamente a questo tema il numero di ottobre. Sotto il titolo "Frontiere, visti e Schengen" del numero da poco uscito compaiono articoli di vari autori tra cui, Sonja Liht, Franco Juri, Aleksandra Mijalković e Jovan Teokarević. Di quest’ultimo, che è il caporedattore del mensile, riprendiamo l’articolo di commento.
Scrive Jovan Teokarević
Traduzione di Luka Zanoni
Il primo novembre 2003 è una data che sarà ricordata nella nostra odissea verso l’UE. Qualunque cosa ci capiti, non dimenticheremo di certo il giorno in cui l’arrivo dell’Unione europea alla nostra frontiera settentrionale è segnato da nuovi visti – probabilmente nella forma più impopolare, quelli restrittivi e di rifiuto. Come se non ci bastassero le altre difficoltà – create con i propri sforzi – a proposito dell’integrazione europea!
Benché da tempo sia stata annunciata e a lungo rimandata, l’introduzione del visto per l’Ungheria, dopo oltre un decennio di regime libero, crea parecchi problemi, avrà un effetto di shock e si rifletterà probabilmente anche sulla generale popolarità della nostra opzione europea. "Schengen a Subotica" per molti rappresenterà non solo un simbolo importante ma anche l’unico dell’Unione europea. Potrebbe accadere che da noi l’euroscetticismo peggiori la popolarità dell’UE – del resto insolitamente alta – con l’argomentazione alla quale non è facile opporsi. Allora, con i nuovi muri e gli impedimenti si premiano i desideri e gli sforzi per diventare parte della famiglia dell’UE? In UE-landia, diranno inoltre i critici, è in vigore una qualche altra regola logica secondo la quale essere vicini in realtà significa essere ancora più lontani?
È possibile, e come, difendere l’opzione europea del nostro paese davanti a domande e tentazioni di questo tipo? La cosa è piuttosto seria, perché comprende anche la domanda su dove inizia e dove finisce l’Europa e cosa dobbiamo fare noi che per gli altri spesso assomigliamo ai barbari di un tempo che senza riuscita cercano di conquistare la "Fortezza Europa".
Prima di tutto ricordiamo che Schengen non è da ieri e non è stato realizzato " a misura di Subotica". La stessa pesante procedura di ingresso nei territori, degli ora membri dell’Unione, abbiamo avuto, purtroppo, l’occasione di sentirla durante gli ultimi anni. L’Ungheria è solo uno dei dieci paesi che fra sei mesi entreranno nell’Unione, e tutti sono obbligati ad iniziare subito i preparativi per l’introduzione dei visti nei confronti dei vicini per entrare gradualmente nel sistema di Schengen.
Col nuovo allargamento la UE sposta la frontiere, e c’è da aspettarsi che le nuove frontiere verranno difese come quelle vecchie. Dobbiamo avere il visto anche quando vogliamo entrare in Slovacchia o in Estonia, e non solo in Ungheria, attraverso la quale, per tutti gli anni del nostro isolamento, ci conduceva la strada fino all’Europa. Su quella frequente strada sia per i turisti che per gli uomini d’affari, sia per affari legali che illegali, fino ad ora non c’era bisogno del visto, grazie al governo ungherese. Nel caso degli altri futuri membri dell’Unione, compresa la Slovenia, il visto c’era eccome.
Non abbiamo bisogno del visto nemmeno per la Bulgaria e la Romania, benché il loro ingresso nella "lista bianca di Schengen" a suo tempo era condizionato all’introduzione dei visti per i nostri cittadini. Entrambe hanno rifiutato questa condizione, però hanno avuto ugualmente un premio per i propri cittadini – fino a tre mesi di soggiorno in UE senza visto. Questo premio, come sembra, viene apprezzato molto, ma non si usa più di tanto.
Nel corso di quest’anno anche gli altri nostri vicini della regione (Slovenia e Croazia) hanno fatto dei passi positivi, ma con l’aiuto e la pressione di Bruxelles. La Croazia, aspettando vergognosamente a lungo dopo la eliminazione unilaterale del visto da parte nostra, finalmente ha sospeso prima dell’estate i visti per i cittadini del nostro paese fino alla fine dell’anno. La Slovenia ha reso possibile l’ingresso libero per tutti coloro che già possiedono il visto Schengen. Questa regola sarà valida anche per l’Ungheria, la quale allo stesso modo, non farà pagare i visti per i nostri cittadini e li darà con scadenze prolungate e per più ingressi. In cambio, i cittadini ungheresi non avranno bisogno del visto per la Serbia e Montenegro. In questo modo, con concessioni e accordi reciproci, è stato reso possibile innanzitutto alla minoranza ungherese del nostro paese di non essere separata dal nostro registro anagrafico, ma la cosa più importante è che – al contrario di molte proposte – tutti i cittadini del nostro paese godranno dello stesso trattamento.
Criticando l’erezione di nuovi "muri di Schengen", dobbiamo avere in mente almeno altre tre cose. Primo, viviamo in uno stato e in una regione che sono, anche secondo le nostre personali impressioni, contrassegnate ancora troppo da differenti tipi di criminalità (locali e provenienti da altri paesi) desiderose di penetrare in UE. A causa del basso standard di vita è più numerosa la nostra gente che desidera vivere e lavorare in UE di quella degli altri paesi più sviluppati. Benché oggi le stesse rampe delle frontiere non siano certo una sufficiente difesa contro la criminalità, non possiamo però dire che questa regione non rappresenti in molti suoi aspetti almeno una potenziale minaccia per l’Unione europea.
Ugualmente, dobbiamo riconoscere a noi stessi che, similmente agli altri, probabilmente, saremmo stati i paladini di una più efficace difesa delle frontiere esterne di questo club esclusivo se fortunatamente fossimo stati già parte di esso.
Infine, finché nei confronti di tutti i vicini non toglieremo completamente i visti e non trasformeremo i Balcani in un "mini Schengen", non avremo il diritto di cercare alla UE lo stesso a nostro uso. Relativamente a tale questione, e con la stessa intenzione, condividiamo con la UE sia le idee che la organizzazione, ma per ciò abbiamo, mi sembra, il diritto di richiedere per questo scopo anche il suo aiuto. Perché, istituire le dogane dell’UE alle nostre frontiere non converrebbe a tutti eccetto, ovviamente, ai criminali e i funzionari corrotti?
Per quanto riguarda l’Unione europea, occorre salutare la scelta dei suoi membri secondo la quale l’ambito della giustizia e degli affari interni sempre più vengono ceduti agli organi dell’Unione, sul conto degli stati nazionali e dei loro accordi reciproci. Ricorderemo loro, inoltre e continuamente, che le loro frontiere devono essere tali da consentire il buono e il legale, mentre impedire il male e la criminalità, e che la severità nel rilasciare i visti non deve sottointendere l’umiliazione e la inutile attesa. Anche questa "nuova frontiera", dunque, non divide l’europa dai Balcani o l’Europa dalla non Europa, ma divide alcuni stati e popoli europei dagli altri.
Vedi anche:
– Divisi dai visti
– Diritti di cittadinanza e libertà di movimento