La Danimarca e le prigioni off-shore

Sono immigrati incarcerati in Danimarca. Dal 2023 rischiano di scontare la propria pena in un peniteniario di Gjilian, in Kosovo. Un approfondimento sullo sconcertante accordo del dicembre scorso tra Copenhagen e Pristina

23/02/2022, Jakob Weizman -

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Al mercato a Gjilan, in Kosovo - © BalkansCat/Shutterstock

(Originariamente pubblicato da Kosovo 2.0 il 10 febbraio 2022)                                             

Sebbene Danimarca e Kosovo abbiano avuto poco a che fare l’uno con l’altro, alla fine di dicembre si sono ritrovati insieme nei titoli dei giornali di tutto il mondo. Ad attirare l’attenzione della Danimarca sono state le quasi 800 celle vuote del Kosovo. I titoli dei giornali erano di questo tipo: "La Danimarca spedisce i propri prigionieri in Kosovo".

Ci si riferiva ad un accordo firmato il 21 dicembre 2021 per inviare – in un centro di detenzione nei pressi di Gjilan, 50 chilometri a sud-est di Pristina – 300 persone incarcerate in Danimarca. Le autorità danesi hanno specificato che i 300 detenuti saranno esclusivamente cittadini di paesi terzi destinati ad essere deportati dalla Danimarca alla fine della loro pena.

In cambio, il Kosovo dovrebbe ricevere 200 milioni di euro, suddivisi su di un periodo di 10 anni. I fondi sono stati vincolati a progetti nel campo dell’energia verde e delle riforme dello stato di diritto. Il ministro della Giustizia del Kosovo Albulena Haxhiu ha definito questi investimenti "fondamentali" e il ministro della Giustizia danese Nick Hækkerup ha affermato che "entrambi i paesi con questo accordo avranno dei vantaggi".

L’idea di gestire una colonia penale per conto di un paese dell’UE ha messo molti kosovari a disagio, e nonostante la fiducia espressa dal governo danese, l’accordo ha ricevuto pesanti critiche anche in Danimarca. Ma cosa sta succedendo alla Danimarca e al suo sistema carcerario da spingerla a spedire i propri detenuti in uno dei paesi più poveri d’Europa?

Problemi in paradiso?

La Danimarca e i suoi vicini nordici sono rinomati per l’alta qualità della vita, gli eccellenti sistemi educativi e le generose disposizioni di assistenza sociale. Di conseguenza, può sorprendere che il sistema carcerario danese abbia qualche cosa che non va.

Secondo Peter Vedel Kessing, ricercatore dell’Istituto Danese per i Diritti Umani (DIHR), non c’è da stupirsi, il sistema carcerario infatti "non è una priorità in molti stati. Tendono a non dare la priorità alla costruzione di prigioni. Vogliono spendere i soldi per qualcos’altro". E in Danimarca “hanno prigioni molto vecchie".

Alla fine del 2020 il servizio danese per i penitenziari e la libertà vigilata (Kriminalforsogen) ha riferito che il sistema carcerario aveva la capacità di contenere 4.073 prigionieri. In media, c’erano però 4.085 detenuti ad occupare le celle nel 2020, facendole risultare leggermente sovraffollate.

Un rapporto del gennaio 2020 dell’Annual Penal Statistics (SPACE) del Consiglio d’Europa sottolinea che la Danimarca aveva 4.140 detenuti mentre possedeva capacità per 4.035. I funzionari penitenziari hanno trovato lo spazio in più riducendo le aree comuni e dedicate ai servizi di base. Secondo un rapporto DIHR del novembre 2021, "diverse prigioni hanno chiuso sale comuni o aule per avere un numero sufficiente di celle". Il rapporto menziona anche la trasformazione di palestre, sale per le visite e uffici in celle di prigione.

In Danimarca, ogni detenuto dovrebbe avere una cella propria. Ma nelle prigioni come quella di Nykøbing, una città a 130 chilometri a sud di Copenaghen, ci sono ora due detenuti per cella, secondo un rapporto del “Danish Prison and Probation Service”.             

Il rapporto includeva una previsione per il 2022: si aspettano di superare del 7,9% i posti a disposizione. Sia il Kriminalforsogen che l’importante media danese Jyllands Posten hanno stimato una possibile carenza di 1.000 posti entro il 2025, se non si trovano soluzioni strutturali.

Ora, invece di erodere ulteriormente gli spazi comuni, si pensa di inviare i detenuti a 2000 chilometri di distanza. Tra le molte cose, sono stati tanti i danesi a far notare che l’accordo viola i diritti di visita dei detenuti: diventerà molto più difficile per le famiglie e gli amici dei detenuti presentarsi all’orario di visita nel Kosovo orientale.

"Se improvvisamente ti trovi a dover andare in Kosovo per trovare tuo padre… non sarà possibile per la stragrande maggioranza delle famiglie dei detenuti. Ad esempio, un bambino di 3 anni, non è che può andare in Kosovo quando vuole e, naturalmente, il detenuto non potrà venire a trovare il bambino", sottolinea Mette Grith Stage, un avvocato che rappresenta molti imputati che si battono contro la deportazione, al quotidiano danese Politiken. "Questo significa di fatto che i deportati perdono il contatto con la loro famiglia".

Per coprire la spesa prevista di 200 milioni di euro in un decennio, il governo danese ha recentemente annunciato che intende aumentare le tasse sulla tv. L’annuncio ha causato reazioni amare. In un’udienza parlamentare all’inizio di febbraio, il direttore delle comunicazioni dell’organizzazione Danish Media Distributors, Ib Konrad Jensen, ha dichiarato: "È un’ottima idea scrivere in fondo alla bolletta [della televisione]: ‘Ecco il vostro pagamento al servizio carcerario del Kosovo’".

Aiuto!

Non solo c’è una carenza di spazio nel sistema penale, ma la Danimarca ha anche difficoltà nell’assumere abbastanza guardie carcerarie ed è da questo punto di vista gravemente sotto organico negli ultimi anni.

Un rapporto del 2020 del Consiglio d’Europa mostra che l’Albania ha una proporzione di guardie carcerarie per prigionieri più alta della Danimarca. Il confronto è stato portato alla luce dai media danesi per cercare di enfatizzare la scarsa qualità delle prigioni danesi: guarda come siamo messi male, anche l’Albania sta facendo meglio di noi.

I funzionari penitenziari si sono opposti a questo tipo di parallelismo. "L’Albania è certamente un paese eccellente", ha dichiarato Bo Yde Sørensen, presidente della Federazione delle prigioni danesi, in un articolo del quotidiano Berlingske, "ma di solito non è uno con il quale paragoniamo le nostre istituzioni sociali vitali".

Anche altri media danesi hanno fatto paragoni denigratori con i paesi balcanici per evidenziare i problemi del proprio sistema carcerario. Nel penitenziario di Nyborg, situato sull’isola di Funen, la testata danese V2 ha riferito che la qualità del lavoro è più scadente di quella della Bulgaria, affermando che "in media, un agente penitenziario nella prigione di Nyborg gestisce 2,8 detenuti", mentre "in confronto, la media è 2,4 in una prigione media in Bulgaria".

La diffusa scarsa opinione tra i media danesi delle condizioni dei penitenziari nei Balcani mette chiaramente in discussione le assicurazioni che il governo danese ha dato nel garantire che i propri prigionieri a Gjilan troveranno le condizioni a cui hanno diritto per la legge danese.

Ma come è chiaro, anche in Danimarca il sistema penitenziario ha problemi a rispettare queste stesse condizioni. Nel penitenziario di Vestre, a Copenhagen, i detenuti sono chiusi nelle loro celle durante la notte perché non ci sono abbastanza guardie per sorvegliarli durante la guardia notturna. I detenuti in Danimarca avrebbero diritto al contrario di avere un alto grado di libertà di movimento all’interno della struttura carceraria, anche durante la notte.

"Non è un segreto che il servizio penitenziario e di libertà vigilata danese si trova in una situazione molto difficile. Ci sono più detenuti e meno guardie carcerarie che mai, e questo crea sfide e mette molta pressione", afferma Sørensen in una intervista per Berlingske

Un comunicato stampa emesso dal Fængselsforbundet – servizio penitenziario danese – mostra i bisogno in termini chiari: "Prendiamo il 2015 come esempio. A quel tempo c’erano 2.500 agenti per 3.400 prigionieri. Cioè 1,4 detenuti per agente. Ora il rapporto è di due a uno. Duemila agenti per 4.200 detenuti".

In risposta ai problemi di personale, le prigioni danesi sono ricorse al chiudere a chiave le celle. "Il modo per evitare la violenza e per avere una migliore atmosfera nei penitenziari", commenta Kessing, ricercatore del DIHR, è quello di "creare relazioni tra l’istituzione penitenziaria, i detenuti e il personale della prigione". "Ma a causa della diminuzione del numero di guardie, non si ha più il tempo di sviluppare relazioni", chiosa.

La risposta? Il Kosovo

Per superare queste sfide, la Danimarca sembra aver preso esempio dalla vicina Norvegia, che ha affrontato problemi simili nel 2015. Quell’anno la Norvegia ha inviato 242 detenuti nei Paesi Bassi per risolvere i problemi di sovraccarico dei penitenziari. Ma nel 2018 il governo norvegese ha deciso di non rinnovare l’accordo di fronte a lamentele relative a riabilitazione e giurisdizione.

Ora la Danimarca ha gettato gli occhi – come recinto per i propri detenuti – non sui Paesi Bassi ma su uno dei paesi più poveri d’Europa.

"Il loro futuro non è in Danimarca, e quindi non dovrebbero nemmeno scontare la loro pena qui", ha dichiarato il ministro della Giustizia Nick Hækkerup, dando conferma di una crescente retorica anti-immigrazione in Danimarca.

Quando i detenuti cominceranno ad arrivare a Gjilan nel 2023, la prigione sarà gestita dalle autorità danesi, causando una potenziale confusione su quale giurisdizione applicare: problema simile era sorto tra Norvegia e Paesi Bassi.

Mette Grith Stage, come anche altri avvocati danesi, hanno espresso preoccupazione per questo accordo e si sono detti scettici sul fatto che le leggi penali danesi saranno applicate appieno nel sistema carcerario del Kosovo.

In un’intervista con DR, l’emittente pubblica danese, il ministro della Giustizia Hækkerup ha però ribattuto: "Il penitenziario sarà gestito da una direzione danese che deve formare i dipendenti locali, per questo sono certo che le prigioni saranno all’altezza delle leggi e degli standard danesi. Deve essere visto come un pezzo del sistema carcerario danese che si sposta in Kosovo".

Le dichiarazioni delle autorità danesi durante tutta la vicenda hanno spesso citato la loro "presenza significativa" in Kosovo. Tuttavia la Danimarca è l’unico paese scandinavo a non avere un’ambasciata a Pristina. L’ambasciata danese a Vienna, che supervisiona gli affari nei Balcani, ha esternalizzato il lavoro a uno studio legale nella capitale del Kosovo.

A seguito degli obblighi NATO della Danimarca, un totale di 10.000 componenti delle proprie truppe hanno servito nella KFOR dal 1999 ad oggi. Attualmente sono 30 i militari danesi in Kosovo. Nel 2008 la Danimarca fu uno dei primi paesi a riconoscere l’indipendenza del Kosovo.

Anche se le autorità danesi affermano di considerare il Kosovo alla pari, il semplice fatto che la Danimarca stia assumendo la gestione di una delle prigioni del Kosovo potrebbe legittimamente essere visto come una minaccia alla sovranità di quest’ultimo. Quando i prigionieri norvegesi vennero mandati nei Paesi Bassi, il penitenziario continuò ad essere sotto autorità olandese.

Ma al di là delle preoccupazioni sulla giurisdizione, gli standard delle prigioni, i diritti di visita e i costi, ci sono questioni morali più grandi. Il popolo danese vuole veramente che a proprio nome vengano gestite strutture carcerarie offshore per i suoi immigrati incarcerati? E il popolo del Kosovo vuole essere una colonia penale dei paesi più ricchi? I governi della Danimarca e del Kosovo dicono di sì, ma cosa dice la gente?

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