La Croazia ha eletto la sua prima presidente
Dopo il primo turno di due settimane fa non è più una sorpresa. La Croazia guarda a centro-destra ed elegge Kolinda Grabar Kitarović, esponente dell’Hdz. Sconfitto Ivo Josipović, vittima dei fallimenti del governo Milanović e del fuoco amico
Kolinda Grabar Kitarović è la nuova presidente della Croazia, vincitrice di una tornata elettorale unica in molti suoi aspetti. Per la prima volta a capo della Croazia vi sarà una donna; per la prima volta il presidente in carica non ha ottenuto un secondo mandato; per la prima volta dalle urne è uscito un risultato equilibrato e molto ravvicinato, che ha diviso il paese nettamente in destra e sinistra; infine per la prima volta a stabilire chi guiderà il paese per i prossimi cinque anni sono stati i voti all’estero, quelli della diaspora croata.
Nella notte del trionfo, Kolinda Grabar Kitarović, candidata dell’Unione democratica croata (HDZ) ha annunciato che la Croazia, sotto la sua guida, apparterrà ai paesi più sviluppati dell’Unione europea e del mondo e che loro, l’HDZ, saranno quelli che faranno uscire il paese dalla crisi.
Ivo Josipović ha riconosciuto la sconfitta, si è congratulato con la vincitrice ed ha dichiarato che la differenza è certo minima, ma che è “l’essenza della democrazia che chi prende più voti vince”.
La differenza a dire il vero è più che risicata: Kolinda Grabar Kitarović ha ottenuto il 50,74% di voti, Ivo Josipović il 49,26%. Misurato in schede elettorali, il vantaggio della vincitrice è poco superiore ai 32.000 voti. Massiccia l’affluenza: 59.06%, ciò significa che alle elezioni si sono recati più di 2.2 milioni di cittadini.
Poche settimane prima del primo turno elettorale, tenutosi il 28 dicembre 2014, sembrava che per Ivo Josipović sarebbe stata una passeggiata. I sondaggi gli assegnavano un grande vantaggio, e per tutto il periodo del suo mandato quinquennale è sempre stato il politico più popolare della Croazia. Dopo il primo turno elettorale, dove si è imposto sulla Grabar Kitarović solo di misura per poco di più di quanto ha perso adesso (38,46 contro il 37,22, mentre gli altri due candidati Sinčić e Kujundžić hanno ottenuto il 16,42% e il 6,30%) era apparso chiaro che il secondo turno sarebbe stato del tutto incerto.
Kolinda Grabar Kitarović, anche se poteva contare sul suo charme, la relativa moderazione nelle uscite in pubblico e nelle dichiarazioni che la maggior parte dei cittadini, stanchi dall’annosa crisi, desiderava sentire, in effetti, a differenza di Josipović, ha avuto dietro di sé la forte, diremmo semi-militare, organizzazione del partito HDZ, senza la quale difficilmente avrebbe vinto le elezioni.
Ma più di tutto è stata aiutata dall’incapacità del governo di Zoran Milanović, leader del Partito socialdemocratico (SDP), che ha appoggiato la candidatura di Josipović. Senza esagerare si potrebbe dire che Josipović è una vittima collaterale di Milanović.
Grabar Kitarović dal canto suo, ha dimostrato una maggiore motivazione e desiderio di vincere. Nonostante avesse perso il primo turno, si è poi comportata da vincitrice. Ha saggiamente sfruttato lo slancio del primo turno quando in pochi si aspettavano un esito così risicato e sulle ali di quel risultato, al secondo turno, ha spiccato il volo verso la vittoria. Josipović, era evidente, dopo il primo turno ha agito in modo incerto e preoccupato, mentre il suo programma elettorale – modifiche della Costituzione come presupposto per uscire dalla crisi – per la maggior parte dei cittadini non era sufficientemente attraente, e per molti persino incomprensibile.
Autogol Sdp
E mentre dietro Kolinda Grabar Kitarović c’era saldamente l’HDZ, organizzato in modo tale che nessuna mossa falsa sarebbe potuta accadere, a Josipović i suoi hanno rifilato numerosi autogol. Dopo il primo turno e le elezioni presidenziali che si prospettavano come le più incerte della storia del paese era chiaro a tutti che il 16% dei voti che aveva ottenuto il fino ad allora sconosciuto Ivan Sinčić, sarebbero potuti essere un ottimo bottino per Josipović al secondo turno. Ma una ministra dell’SDP ha messo in difficoltà il presidente: se l’è presa duramente con Sinčić, causando la rivolta dei suoi 300mila elettori.
Ma una rivolta ancora maggiore, di quegli elettori perlopiù giovani che hanno votato per Sinčić, comunque più vicini a Josipović che non alla Grabar Kitarović, l’ha causata il suo arresto, a soli tre giorni dal secondo turno elettorale. Sinčić infatti, insieme alla sua associazione Živi zid, ha cercato di impedire lo sfratto da un appartamento di un cittadino (cosa che come attivista ha sempre fatto, stando dalla parte di chi è socialmente minacciato), e la polizia lo ha arrestato. Il minoistro dell’Interno è dell’SDP, partito che ha appoggiato Josipović. Cosa che ha fatto inalberare ulteriormente gli elettori di Sinčić. Risultato: 60.000 schede nulle alle elezioni. Si presuppone che siano perlopiù degli elettori di Sinčić che li ha invitati a segnare il suo nome sulle schede elettorali così da renderle nulle.
Diaspora?
Un’altra caratteristica di queste elezioni – insieme con la netta divisione ideologica della Croazia – avrà ripercussioni sulla vita politica croata: si tratta dei voti della diaspora (la più consistente è sicuramente quella della Bosnia Erzegovina), che ha di fatto determinato l’esito della tornata elettorale. Kolinda Grabar Kitarović ha infatti ottenuto circa 32.000 voti in più di Josipović. Ma addirittura 33.000 sono i voti arrivati dalla diaspora.
Il dato è comunque relativo ma si presta ad essere interpretato affermando che sono stati i cittadini croati all’estero e non quelli residenti in Croazia, a decidere chi sarà alla guida del paese. Occorre comunque tener conto che allo stesso tempo Josipović, a differenza di cinque anni fa quando fu eletto presidente, nella sola Zagabria ha ottenuto 50.000 voti in meno. Dinamica simile si è verificata anche in altre città del paese e ciò conferma la tesi che l’insuccesso del governo Milanović (coalizione di centro-sinistra guidata dall’SDP) è stata una zavorra troppo pesante legata al collo del presidente uscente.
Ora che l’HDZ ha ottenuto la sua presidente e che il partito ha ribadito la sua forza, è molto probabile che sulle ali del trionfo – euforicamente festeggiato durante la notte elettorale – si lanci alla distruzione del governo di Zoran Milanović. Le elezioni parlamentari regolari dovrebbero tenersi alla fine di questo o al massimo all’inizio del prossimo anno. Aspetterà l’HDZ un altro anno? Oppure il trionfo delle elezioni presidenziali, finché il pallone della vittoria è ancora gonfio, sarà motivo per chiedere elezioni anticipate?
Tutto è possibile. La vittoria di Grabar Kitarović, benché minima, ha mostrato l’umore dei cittadini e il desiderio di cambiamento. Combineranno questo desiderio con manifestazioni di piazza? Tutto è possibile.
Il detonatore di questa insoddisfazione di sicuro non manca: dalle manifestazioni dei veterani che già da tre mesi, accampati sotto una tenda nel centro di Zagabria, chiedono le dimissioni del governo, al fiume di disoccupati, perlopiù giovani che da anni cercano un posto di lavoro, socialmente vulnerabili e che, per poter sopravvivere, frugano nei cassonetti della spazzatura, fino a quelli che lavorano ma non ricevono lo stipendio o il cui stipendio è così basso che non è sufficiente per vivere dignitosamente.
La Croazia, dopo le elezioni presidenziali entra in un interessante fase, in cui sono possibili vari scenari.