In Croazia le reazioni alle stragi di New York e Washington non sono troppo differenti da quelle degli altri paesi europei. Tutti gli uomini politici, i partiti e i medi condannano, in misura più o meno severa, l’atto t[]istico. La prima condanna, giunta lo stesso 11 settembre, è stata quella del ministro degli interni Sime Lucin: "si deve condannare e respingere ogni uso questi di metodi – ha dichiarato Lucin – perché la guerra ed il t[]e non risolvono alcun problema. In Croazia lo sappiamo bene, avendo vissuto un decennio di guerra e di t[]ismo". Secondo il ministro i cittadini statunitensi che attualmente si trovano in Croazia hanno ragione di sentirsi in pericolo, ma il governo farà tutto il possibile per garantire la loro sicurezza. Per il presidente della Repubblica Stipe Mesic, dopo l’11 settembre niente sarà più come prima. E l’unica, grande questione sarà: noi (il mondo civile) o loro (i t[]isti).
Sembra che la decisione governativa di proclamare il lutto nazionale (celebrato poi venerdì 14 settembre) sia stata appoggiata dalla maggioranza assoluta della popolazione. Addirittura su Vecernji list (14.09) si legge che il Ministero degli esteri ha ricevuto moltissime richieste da parte di cittadini che vorrebbero partecipare anche personalmente all’opera di scavo tra le rovine dei grattaceli distrutti. Molti tra l’altro hanno parenti o amici tra le possibili vittime dell’attacco aereo.
Le notizie riportate dalla stampa sui responsabili dell’attacco seguono in gran parte le fonti americane ed occidentali. Dunque, Osama Bin Laden sarebbe il sospettato numero uno se non l’organizzatore diretto dell’azione t[]istica. Altri sospettati sono poi i palestinesi, i fondamentalisti islamici o altri gruppi loro vicini. Ma ci sono anche voci dissonanti, almeno nei circoli intellettuali: qualcuno avanza l’ipotesi che siano stati i boss della criminalità, in primo luogo i mercanti di cocaina, o le organizzazioni della destra radicale americana (Milizia di Montana e organizzazioni simili). Oppure si ragiona su una possibile cooperazione logistica tra questi attori, molto diversi per provenienza e rivendicazioni ideologiche… Finora però analisi di questo tipo non sono state pubblicate, né si sa se qualcuno vorrà rilanciarle sulla stampa. All’interno della società civile croata circola comunque un appello che condanna questo e ogni atto t[]istico, ma evita quell’unilateralità che ha caratterizzato le dichiarazioni ufficiali dei politici.
I danni materiali provocati dagli avvenimenti negli USA sono enormi, specialmente per la compagnia aerea nazionale Croatia Airlines: il numero di passeggeri in tutti i voli di linea si è ridotto in media del 50%. La punta massima si è registrata il 12 settembre sul volo, normalmente pieno, per Sarajevo, con soli otto passeggeri imbarcati sull’aereo. Solo il volo per Tel Aviv tuttavia è stato cancellato, e per decisione israeliana.
Anche la borsa di Zagabria ha reagito in modo violentissimo: la prima giornata di contrattazioni dopo le stragi si è aperta nel panico più totale. L’indice dei listini è calato subito del 5%, e anche dopo un intervento di stabilizzazione la giornata è terminata con un meno 2,32%. Contrariamente agli altri paesi dell’est Europa, in Croazia è cresciuta la domanda – e con essa il relativo valore – dei titoli di stato, fenomeno tipico dei paesi sviluppati. Il prezzo delle azioni invece è diminuito in modo notevole, colpendo anche le industrie più affermate in campo internazionale come la compagnia farmaceutica Pliva, l’industria alimentaria Podravka e la ditta turistica Rivijera, di Parenzo. Ad esempio la Pliva ha perso sulla borsa di Londra prima il 3,4% e il giorno seguente il 4,4%; sulla borsa di Zagabria invece rispettivamente il 2,5% e il 5,2%. Il presidente della compagnia Zeljko Covic prevede che nei prossimi giorni i prezzi si stabilizzeranno senza troppi danni, ma soltanto se non ci saranno azioni militari americane di vendetta (Jutarnji list, 13.9). Gli esperti economici prevedono che la crescita del prezzo internazionale del petrolio possa condurre ad un aumento anche per i prodotti dell’industria petrolifera monopolistica croata INA, innescando una spirale inflattiva dalle conseguenze economiche e sociali imprevedibili.
Infine le analisi politiche prevalenti sulle possibili conseguenze del t[]ismo per la Croazia, rilevano che nella divisione del mondo prevedibile dopo l’11 settembre – compreso un nuovo "muro d’acciaio" tra i paesi sviluppati e il cosiddetto Terzo mondo – alla Croazia tocchi un ruolo di periferia del mondo sviluppato. L’unico dubbio è: periferia dentro le mura, oppure sulle mura, in una posizione antemurale da condividere, come sembra, con altri paesi spostati verso oriente? La Croazia vuole entrare nelle alleanze occidentali, questo è sicuro. Ma non è chiaro quale ruolo possa esserle assegnato all’interno di queste alleanze.