La cooperazione delle città

Due iniziative negli stessi giorni che legano città italiane e dei Balcani. Un’occasione per accrescere l’integrazione dal basso, purché si coinvolgano comunità e territori.

13/12/2001, Redazione -

In questi giorni si sono incrociate due interessanti iniziative di rafforzamento e crescita della cooperazione dal basso tra città dell’Italia e del sud est Europa.
La prima si è svolta a Venezia, ed ha visto raccolti numerosi rappresentanti di istituzioni ed enti locali a confrontarsi su Le Città per la cooperazione decentrata allo sviluppo umano: esperienze e opportunità per il Sud Est Europa. L’incontro è stato concluso da Giandomenico Magliano, Direttore Generale per la Cooperazione allo Sivluppo per il Ministero degli Affari Esteri. Molti interventi hanno sottolineato l’importanza della cooperazione decentrata come strumento che innova le modalità della cooperazione classica, mettendo in relazione tra loro territori e comunità anziché solo tecnici e funzionari, governativi o non.
A margine di questo incontro è stato anche firmato un protocollo d’intesa tra il Sindaco di Venezia Paolo Costa, in qualità di vice-presidente dell’ANCI, e Djordjie Stanicic, Segretario generale della Conferenza permanente delle città e delle municipalità jugoslave. Si tratta di un rapporto costruito in particolare in quest’ultimo anno, anche nell’ambito del progetto Città-città promosso nella Federazione Jugoslava dall’UNOPS.
Il secondo evento invece si terrà il 14 e 15 dicembre prossimi a Brindisi, ed è l’Assemblea programmatica del Forum delle città adriatico-ioniche. Con questa Assemblea, che sancisce la costituzione di una vera e propria associazione delle città rivierasche, fa un passo in avanti il percorso avviato nel 1999 dal Forum di Ancona.
Entrambi gli eventi segnalano l’interesse a costruire elementi di aggregazione e di integrazione dal basso di aree tra loro disomogenee: interne all’Unione Europea come Italia e Grecia, in procinto d’entrarci come la Slovenia oppure ancora alla porta. E su questo intento non possiamo che dirci favorevoli, anche perché si tratta di un bisogno sottolineato con forza dallo stesso Appello l’Europa oltre i confini, che assieme all’ICS e ad altri ci siamo impegnati a promuovere.

Sarebbe utile però poter trasferire in questi momenti la discussione franca e aperta sui limiti e le carenze – oltreché sugli aspetti positivi – dell’agire solidale con i Balcani, avviata poche settimane fa a Trento con il convegno Dieci anni di cooperazione con il sud est Europa. E’ l’impegno che ci prendiamo per i prossimi mesi, per contribuire a far crescere una riflessione sul fare cooperazione con i Balcani che ne affronti anche tutti i nodi problematici.
Riflettere su questi dieci anni di straordinaria esperienza di solidarietà – come abbiamo detto nell’introduzione al Convegno – non può impedirci di vederne i limiti e le pecche anche gravi. La pratica di un’azione di emergenza vista come prolungamento "civile" delle operazioni militari, di un intervento solidale ma improvvisato e privo delle minime basi di conoscenza del contesto e delle culture locali, di una cooperazione calata dall’alto e incapace di proporsi in forme sostenibili, hanno spesso stravolto e corrotto lo straordinario potenziale attivatosi in risposta alle tragedie balcaniche".
Ma abbiamo anche detto che è possibile trovare strade nuove al co-operare, ed in questo il partire dalle città può essere una risorsa importante. Tutto sommato sono comuni "di qua e di là" questioni come la partecipazione dei cittadini alla vita politica della comunità, la gestione attenta ma non solo economicista dei servizi pubblici, la riprogettazione delle istituzioni scolastiche in chiave interculturale, la risposta alle emergenze sociali…
E dunque la cooperazione decentrata come incontro di città può risultare – come abbiamo scritto nel documento finale del nostro Convegno – "un modo alternativo di fare cooperazione capace di esprimere quella fantasia sociale di cui parlava Claudio Bazzocchi nel suo studio di caso. Una fantasia che viene dall’incontro fra la ricchezza dei popoli, le loro culture e tradizioni, i loro territori intesi come insieme storico, culturale e politico oltreché ambientale. Dunque l’aiuto, la solidarietà, il dono devono essere intesi in primo luogo come sostegno alla valorizzazione delle risorse locali – di quelle umane in primo luogo – e alla ricostruzione delle capacità andate perdute dentro la degenerazione violenta dei conflitti".
Comunque su tutto ciò il dibattito è sempre aperto, ed anzi vi invitiamo a dire la vostra scrivendoci a segreteria@osservatoriobalcani.org.

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