La città intrisa di piombo
Per trent’anni ha ospitato uno stabilimento per la lavorazione di piombo e zinco. Ora i terreni di Veles, cittadina della Macedonia centrale, sono saturi di inquinanti
Veles (che una volta si chiamava Titov Veles), 50.000 abitanti circa, è una città della Macedonia centrale, una cinquantina di chilometri a sud della capitale Skopje. È anche uno dei posti più inquinati dei Balcani.
I risultati della recente ricerca di un professore della Facoltà dell’industria metallurgica pesante a Skopje, Simeon Jancev, ha confermato i sospetti che Veles e l’area circostante fossero gravemente inquinate.
Per trent’anni Veles ha ospitato uno stabilimento per la lavorazione del piombo e dello zinco, che ha dato lavoro a molti nella città ed è diventato un importante esportatore. Lo stabilimento è stato chiuso due anni fa a causa di debiti accumulati negli ultimi anni di attività. Gli esperti dicono che i debiti furono risultato delle sanzioni greche dei primi anni ’90 e di una gestione scadente e corrotta. Il governo ha cercato di privatizzare la struttura ma le numerose aste indette si sono concluse con un nulla di fatto. Per alcuni esperti a causa di un prezzo di aprtenza troppo alto.
Lo stabilimento, tuttavia, ha lasciato un’eredità terribile alla città. Pare che il terreno attorno a Veles sia saturo di metalli. Secondo la ricerca del professor Jancev la presenza di piombo, zinco, e cadmio è in alcune aree fino a settanta volte al di sopra dei livelli consentiti. Secondo degli esperti ambientali, ciò è spaventoso. Questi esperti sospettano anche che l’acqua del sottosuolo, di cui parte viene bevuta, non sia potabile. Gli abitanti di Veles hanno smesso di bere l’acqua del rubinetto da anni.
Come se non bastasse, i contadini usano lo stesso terreno per coltivare prodotti agricoli che vengono poi venduti al mercato cittadino, e non solo. Il cibo è praticamente inzuppato di veleno.
Dopo la pubblicazione della ricerca di Jancev, il sindaco di Veles, Ace Kocevski, ha chiesto al governo risarcimenti a favore dei contadini che saranno costretti ad interrompere le loro attività. Kocevski condivide la posizione dei gruppi ambientalisti che si oppongono categoricamente alla coltivazione su suoli inquinati.
"Non è colpa dei contadini se la loro terra è inquinata da anni di contaminazioni", dice Nenad Kocic dell’associazione ambientalista "Vila Zora". "Nonostante questo, dovrebbero smettere di lavorare su quella terra, ed essere indennizzati".
Kocic aggiunge poi che con ogni contatto con il suolo, attraverso la consumazione di prodotti cresciuti su di esso, bambini e adulti introducono grosse quantità di zinco, piombo e cadmio nei propri corpi.
La crisi ambientale di Veles, di dominio pubblico da più di dieci anni, diventa un’emergenza con la pubblicazione di quest’ultima ricerca. È necessario ripulire urgentemente il terreno. C’è un progetto in cantiere, ma mancano i fondi.
Sono decenni che tra i bambini nati a Veles c’è un alto tasso di anomalie congenite. I bambini sono molto sensibili a varie malattie. Secondo un’indagine condotta da un’organizzazione locale di genitori, fino a due terzi dei 960 genitori interpellati sostiene che i propri figli soffrono di sindromi respiratorie o cardiache acute o croniche, problemi con la spina dorsale, anemia, allergie.
L’anno scorso il governo ha provocato reazioni indignate a Veles quando ha deciso di interrompere i finanziamenti, originariamente garantiti dal ministero dell’Ambiente, per la riabilitazione climatica della durata di dieci giorni di bambini la cui salute è a rischio.
Costretto dalla pressione dell’opinione pubblica, il governo ha destinato 100.000 dinari alla pulizia del suolo inqiunato di Veles. La somma è così bassa (circa 1.500 euro), che chi la leggerà sospetterà un []e di stampa. Secondo gli ambientalisti che la useranno per un’operazione chiamata fitorimedio, questo sarà a malapena sufficente per un lavoro iniziale su due piccoli appezzamenti. La verità è che servono fondi ben più consistenti per un serio intervento a Veles.
"Ci vorranno molti fondi, al di là delle capacità finanziare non solo del comune di Veles, ma probabilmente anche dello stato", sostiene il sindaco Kocevski.
L’operazione di pulizia che è cominciata qualche giorno fa prevede la piantagione di alcune piante che allungano le proprie radici nel profondo del terreno e assorbono i metalli. Queste piante, diventate velenose, verranno raccolte e conservate in un posto sicuro. È la prima volta che questa tecnica viene usata in Macedonia. Esperti locali riprodurranno l’esperienza serba dove lo stesso metodo è stato usato per ripulire il terreno attorno ad alcuni stabilimenti di Belgrado.
"Successivamente faremo dei test di laboratorio sulle piante; faremo analisi chimiche per vedere l’impatto, cioè quanto metallo pesante sono riuscite a estrarre dal suono", dice Tatjana Petrovic, docente della Facoltà di Agricoltura.
Sfortunatamente, solo una settimana prima dello scoppio dell’ultima crisi di Veles, il ministro dell’Ambiente Zoran Sapuric si era vantato del fatto che la Macedonia fosse nel complesso meno inquinata dei suoi vicini, in parte perché molte industrie sono state chiuse.
Stava cercando di calmare il pubblico dopo che i media avevano rivelato, alla fine di maggio, che un treno pieno di ferro radioattivo era entrato nel paese dalla Serbia ed era rimasto fermo per diversi giorni in una stazione nel villaggio di Trubarevo, subito fuori Skopje. La sola giustifcazione forita è stat in quell’occasione: "Sono cose che succedono". Sapuric aveva detto che il suo ministero lavora molto sulla prevenzione ma che è necessario essere più intransigenti nel far rispettare le norme, e far pagare multe più pesanti a chi le evade.
In Macedonia vi sono numerose industrie inquinanti, come l’impianto di raffinazione di petrolio Octa, o un produttore di ferro-nickel a Kavadarci – Feni. Inoltre, più della metà delle automobili in Macedonia hanno più di vent’anni: vale a dire in poche rispettano le attuali norme europee sull’impatto ambientale.
Gli abitanti di Skopje sembrano però essersi dimenticati del famoso smog invernale di Skopje, dal momento che gran parte delle industrie metallurgiche attorno alla città sono state chiuse. Ora, con la loro graduale riapertura, lo smog tornerà a Skopje.
In Macedonia la tutela dell’ambiente esiste solo a parole, ed è chiaro che la consapevolezza ambientale nel paese è a livelli bassissimi, tra i dirigenti politici ma anche tra i cittadini. Pericoli ambientali come quello di Veles riuscirebbero a far cacciare un governo, in altri paesi. Ma non in Macedonia. Almeno non ancora.