La censura dei media in Kosovo al servizio delle grandi aziende
Con i media in Kosovo e nella regione sempre più concentrati nelle mani dei grandi magnati del business, i giornalisti affermano che la censura per proteggere gli interessi dei proprietari è diventata "la norma"

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© Tomas Urbelionis/Shutterstock
Un’inchiesta durata sei mesi, che ha coinvolto oltre trenta fonti, la maggior parte delle quali ha chiesto di rimanere anonima per le conseguenze che temono di dover affrontare: il nostro approfondimento rivela che, con l’espansione del mercato dei media in Kosovo, le grandi aziende stanno assumendo sempre più il controllo del lavoro giornalistico.
I fratelli Devolli, Blerim e Shkelqim, possiedono una grande società chiamata "Gruppo Devolli", che comprende, tra gli altri, birrifici, mulini, fabbriche di caffè, fabbriche di materassi e catene di ristoranti, la maggior parte dei quali in Kosovo, ma anche in Albania, Macedonia del Nord e Montenegro. Parallelamente, possiedono un operatore via cavo, una stazione radio e una stazione televisiva. Tali interessi inevitabilmente si sovrappongono.
"Non ci era permesso di riferire su questioni che potessero incidere sugli interessi o sull’immagine delle aziende dei proprietari", afferma un giornalista che lavora per Klan Kosova.
Un esempio concreto risale al 2 marzo 2024, quando gli Stati Uniti hanno imposto l’embargo sul Kosovo a causa dei materassi dell’azienda Comodita Home. "Non abbiamo segnalato il motivo dell’embargo. In seguito, sono stati pubblicati solo articoli sul perché il governo non protegge le aziende", afferma questo giornalista, che chiede di rimanere anonimo.
Gli Stati Uniti hanno imposto l’embargo al Kosovo e a decine di altri paesi perché i materassi importati venivano venduti negli Stati Uniti ad un prezzo inferiore al loro valore di mercato.
Un altro redattore di Klan Kosova, che ha accettato di parlare in forma anonima, conferma che spesso si evita di fare informazione che potrebbe danneggiare gli interessi aziendali. "È strutturato per proteggere gli affari dell’azienda", aggiunge il redattore.
Un ex dipendente ha ribadito queste preoccupazioni. "Non potevamo svolgere il nostro lavoro in modo professionale senza scontrarci con l’azienda. I proprietari volevano promuovere un programma di influenza politica", afferma questa fonte. “La redazione ha consigliato ai proprietari di non usare la TV come mezzo per contrastare il governo”, afferma la stessa fonte, aggiungendo che questo approccio ha reso i giornalisti bersaglio di attacchi esterni. "I giornalisti sono stati talvolta oggetto di aggressioni verbali non solo da parte di funzionari pubblici o politici, ma anche da parte di gente comune".
Queste tensioni sono esplose nel 2023, quando il ministero dell’Industria e del Commercio del Kosovo ha deciso di sospendere il certificato di attività commerciale della principale emittente privata Klan Kosova, di proprietà di Shkelqim Devolli, a capo del più grande conglomerato imprenditoriale del paese, il Gruppo Devolli.
Il Ministero sembra aver basato la sua decisione su un articolo di giornale che affermava che Klan Kosova aveva registrato la propria sede legale come "Peja-Serbia" e "Gjakova-Serbia", il che, secondo il Ministero, rappresentava una "violazione dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica del Kosovo", poiché entrambe le città si trovano in Kosovo.
I critici hanno definito la decisione una violazione della libertà di stampa. EFJ e altre associazioni giornalistiche internazionali hanno affermato all’epoca che tale denuncia "non può essere utilizzata per giustificare la chiusura di una delle più grandi emittenti private del Paese".
D’altra parte, Devolli esercitava pressioni sui suoi giornalisti e, in risposta alla decisione del governo, aveva "insistito su una copertura critica del primo ministro Albin Kurti”, afferma un ex dipendente di Klan Kosova. "Si trattava di una sorta di mobilitazione di tutti i programmi televisivi contro il governo, alimentata dalla convinzione che l’esistenza stessa del canale fosse minacciata", ha affermato la fonte.
Contesa tra BIRN Kosovo e Devolli
Il Gruppo Devolli ha una storia di scontri con i media in Kosovo. Nel 2012, il gruppo imprenditoriale ha condotto una campagna diffamatoria contro il giornalista Berat Buzhala, con striscioni raffiguranti Buzhala come un asino.
Nel 2020, poco dopo che il programma "Jeta ne Kosove" aveva trasmesso un servizio sulle società fittizie di proprietà del fratello di Shkelqim Devolli, Blerim, a Malta, l’emittente pubblica kosovara RTK ha deciso di interrompere la trasmissione del programma dopo quindici anni.
L’autrice del programma, Jeta Xharra, sostiene che Blerim Devolli abbia influenzato la decisione. Ricorda che l’allora direttore generale, Ngadhnjim Kastrati, ha affermato in incontri privati: "Ci hai creato problemi con quella storia".
Xharra collega l’azione di Kastrati ai favori ricevuti in seguito da Devolli, con la nomina a CEO di ABCNews, un’emittente televisiva albanese, un anno dopo che il consiglio di amministrazione di RTK lo aveva licenziato a causa di accuse di cattiva gestione. BIRN Albania Media Monitoring indica Esat Bojku di Peja – figlio di Ismet Bojku, stretto socio in affari di Devolli – come proprietario di ABC News.
Fadil Hoxha, consigliere del direttore ad interim di RTK, ammette che RTK non ha risposto a BIRN Kosova in merito all’improvvisa cancellazione del programma "Jeta ne Kosove" o alla loro richiesta di proroga del contratto.
Hoxha conferma inoltre che Kastrati ha preso un congedo non retribuito da RTK per lavorare per ABC News, che a suo dire è di proprietà di Devolli, facendo riferimento ad una dichiarazione rilasciata dall’ex parlamentare Visar Korenica il 28 giugno 2024 durante un resoconto manageriale in parlamento.
Blerim Devolli ha anche presentato reclamo alla Commissione per i media indipendenti del Kosovo (IMC), che ha stabilito che violava gli standard etici. Un tribunale di Pristina ha successivamente ribaltato le conclusioni dell’IMC e Xharra ha vinto la causa.
Kastrati si è rifiutato di commentare le affermazioni di Xharra, così come la dirigenza della Devolli Corporation e il caporedattore di Klan Kosova, nonostante diversi nostri tentativi di contattarli via e-mail.
Dopo essere stato rimosso da RTK, il programma BIRN Kosovo è stato ospitato dall’emittente privata TV Dukagjini, di cui l’imprenditore Ekrem Lluka è comproprietario. Xharra ammette che le persone in disaccordo con le indagini di BIRN cercano di fare pressione su di lei e sul suo team, anche nella fase post-RTK, ma questo non ha portato alla soppressione del programma.
Besiana Krasniqi, ex caporedattrice e conduttrice di TV Dukagjini, che ha lasciato l’emittente nel 2019, ha affermato che, pur non avendo avuto contatti diretti con i proprietari di TV Dukagjini, ha subito interferenze da parte della dirigenza.
"Spesso mi è stato chiesto di non invitare al programma personaggi pubblici o politici", ha detto Krasniqi, che ora lavora per la tedesca ZDF. "La tendenza era quella di dare spazio a individui più potenti piuttosto che a voci critiche".
Un altro giornalista, che ha lasciato TV Dukagjini l’anno scorso e ha chiesto di rimanere anonimo, ha parlato di censura e autocensura.
"Nel marzo 2024, si è svolto un processo contro Shaban Gogaj, accusato di omicidio. È il figlio del proprietario dell’azienda Gogaj, un’importante azienda che fa molta pubblicità sulla TV digitale", ha affermato. "Dopo che una giornalista è andata in tribunale, il direttore l’ha richiamata e le ha intimato di non pubblicare l’articolo".
"La stessa cosa è accaduta nel caso di un medico arrestato per non aver prestato cure adeguate ad una donna deceduta presso l’ospedale centrale. Questo medico lavorava anche in un ospedale privato in partnership con l’American Hospital, di cui Lluka è azionista", ha affermato il giornalista.
Il direttore di TV Dukagjini, Ermal Panduri, ha riconosciuto che negli ultimi cinque anni sono stati apportati cambiamenti sostanziali alla gestione di questo organo di stampa. Tuttavia, nega ogni accusa di censura o autocensura.
Un modello che si può osservare anche altrove
Un altro media mainstream in Kosovo è ATV, un canale via cavo di proprietà dei fratelli Tafa, Ilir, Bujar e Lulzim, che possiedono anche un’università privata, un’impresa edile, una banca e una compagnia assicurativa. Anche qui, sembra che gli interessi si sovrappongano.
Un ex giornalista, che ha lasciato l’incarico l’anno scorso, parla di chiari segnali di censura. "Non ci era permesso di occuparci di college privati o di qualsiasi cosa critica (tra il 2022 e il 2024) nei confronti del ministero dell’Istruzione, dell’Agenzia di accreditamento [universitario] o della Banca centrale", ha affermato.
Un altro ex dipendente che ha lasciato ATV nel 2023 ha affermato che le richieste rivolte ai giornalisti dalla direzione di ATV spesso "violavano le regole fondamentali del lavoro giornalistico".
Questo ex dipendente ha rivelato che, quando i proprietari dell’emittente televisiva stavano cercando di ottenere una licenza bancaria, ha ricevuto pressioni dal palinsesto per rimuovere un servizio sull’allora governatore. "Nel febbraio 2023, un servizio sulla corsa per la carica di governatore è stato rimosso dopo l’edizione delle 19:00 su richiesta dei vertici. In seguito, ai giornalisti è stato intimato di non pubblicare alcuna critica al governatore", ha dichiarato.
Presso un’emittente rivale, TV1, la situazione è la stessa. Un ex dipendente ha affermato che ai giornalisti è stato intimato di non pubblicare "nulla di critico" sul ministero degli Interni del Kosovo dopo che il proprietario di TV1, il provider di servizi internet Telkos, ha concluso un accordo nell’agosto 2023 del valore di quasi 600mila euro per fornire al Ministero una tecnologia VPN di backup.
Un altro giornalista e redattore, che ha lasciato il suo lavoro a TV1 lo scorso anno, ha parlato delle istruzioni impartite dal proprietario di non scrivere nulla di critico su IMC, mentre stavano facendo domanda per ottenere una licenza per un operatore via cavo.
"Abbiamo capito il motivo delle restrizioni alla pubblicazione quando l’ex capo di IMC è stato arrestato e condannato per un caso di corruzione che coinvolgeva la società Telkos".
Sia la dirigenza di ATV che quella di TV1 hanno negato di aver censurato i propri giornalisti per proteggere gli interessi commerciali dei rispettivi proprietari.
Il proprietario di ATV, Ilir Tafa, ha inoltrato le domande alla redazione; il caporedattore Leart Hoxha ha negato ogni accusa di censura. "Non ci sono ‘liste nere’ o restrizioni sugli argomenti da trattare", ha risposto via email. "Non posso rispondere su casi di autocensura o accuse mosse da ex dipendenti scontenti", ha concluso Hoxha.
Il proprietario di TV1, Hebib Dernjani, ha rilasciato una smentita simile, affermando: "Non interferisco con il lavoro della televisione; è meglio chiedere ai direttori. Di solito non so nemmeno cosa va in onda, figuriamoci interferire. Non troverete una TV più indipendente di questa", ha concluso.
Contattati da noi, il capo redattore Bashkim Bekolli e il direttore dell’operatore via cavo Enver Berisha si sono rifiutati di commentare queste affermazioni.
Agron Halitaj, ex direttore di TV1 e attualmente direttore di Kallxo (gestito da BIRN Kosovo), ha affermato che l’autocensura è diventata uno "strumento" di sopravvivenza per i giornalisti in Kosovo.
"Anche quando i giornalisti conoscono tutti i fatti sulla corruzione o altri abusi, spesso evitano di fare informazione se sanno che ci sono stretti legami tra mondo degli affari e politica", ha concluso Halitaj.
Preoccupazioni riguardo alla censura e all’autocensura tra i giornalisti in Kosovo e altrove nella regione sono state sollevate anche da organizzazioni internazionali. Ricardo Gutierrez, Segretario generale della Federazione europea dei giornalisti (EFJ), la più importante organizzazione giornalistica europea, afferma che "la situazione è difficile per i giornalisti e le redazioni nell’Europa sudorientale. Anche se vogliono agire in modo indipendente, a volte è impossibile", ha affermato.
"Le redazioni devono avere autonomia editoriale, anche rispetto ai loro proprietari. Purtroppo, non è sempre così", ha affermato. "La sfida più grande che molti giornalisti della regione devono affrontare è la censura o l’autocensura. Temo che sia diventata la norma".
Nel rapporto annuale di Reporter Senza Frontiere sul World Press Freedom Index 2025, il punteggio del Kosovo è drasticamente sceso da 56 a 75 nel 2024, e quest’anno si classifica al 99° posto, tra i più bassi in Europa.
Nel contesto economico, questo rapporto evidenzia che i media sono finanziati principalmente dagli introiti pubblicitari del settore privato e talvolta da autorità municipali o partiti politici. Inoltre, attraverso i loro proprietari, le redazioni dei media privati sono soggette a interferenze da parte di influenti gruppi politici o imprenditoriali.
Abit Hoxha, ricercatore kosovaro specializzato in media presso l’Università di Agder in Norvegia, ha affermato che le grandi aziende hanno esercitato un controllo invisibile sulla libertà di parola nei Balcani negli ultimi dieci anni.
"C’è una fusione tra proprietari dei media e responsabilità editoriale, una sorta di matrimonio forzato, mediato dalla politica, comprese le emittenti pubbliche", ha affermato Hoxha.
Questo triangolo, ha spiegato, funziona in modo interdipendente perché i media non generano entrate sufficienti per rimanere finanziariamente indipendenti.
"I proprietari degli operatori economici sono interessati a controllare la politica attraverso i media, non a sviluppare organizzazioni indipendenti e libere. È la norma", ha affermato. "Certamente, gli attori politici sono interessati a controllare i media e le imprese. In questo contesto, i giornalisti professionisti sono quelli che soffrono di più".
Questa pubblicazione è stata finanziata dallo European Fund for the Balkans – Support for Investigative Journalism .











