La Bulgaria dice sì al Kosovo

Nonostante la freddezza iniziale, Sofia procederà al riconoscimento del Kosovo. Ma non subito. La dichiarazione d’indipendenza di Pristina, ritenuta da molti inevitabile, lascia però aperta la questione della minoranza bulgara in Kosovo

20/02/2008, Tanya Mangalakova - Sofia

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Donne gorane in Kosovo

"La Bulgaria stabilirà relazioni con le autorità kosovare entro alcune settimane" ha dichiarato ai giornalisti il ministro degli Esteri e Primo ministro bulgaro Ivailo Kalfin il 18 febbraio scorso, incontrando a Bruxelles i ministri degli Esteri dell’Unione Europea per discutere la dichiarazione unilaterale d’indipendenza del parlamento di Pristina. Il riconoscimento avverrà in armonia con la legislazione del paese. Tale decisione dipenderà dagli sviluppi della situazione in Kosovo nelle prossime settimane, spiega Kalfin. Si tratta di un caso sui generis e non dovrebbe costituire un precedente per altre questioni già esistenti in Europa ed è una conseguenza della dissoluzione della Jugoslavia e del lungo periodo di controllo straniero della giurisdizione nella provincia.

Secondo il quotidiano "24 chassa", il riconoscimento potrebbe arrivare entro un mese. Il presidente Georgi Parvanov ha avvisato che la Bulgaria non dovrebbe affrettarsi a riconoscere il Kosovo e la posizione di Sofia dipenderebbe da una serie di fattori, tra cui la tutela dei diritti umani e delle persone di etnia bulgara che vivono lì, e l’implementazione del piano di Ahtisaari. Il primo ministro Sergei Stanishev ha affermato che per la Bulgaria è importante che l’Unione Europea tenga aperte le porte alla Serbia.

Sofia parteciperà alla missione Eulex con 30 uomini, e secondo i media locali, il bulgaro Vihar Cherkezov sarà a capo delle risorse umane nella futura missione civile di polizia. L’ufficio diplomatico della Bulgaria aprirà un consolato a Pristina.

Gli azionisti politici di Sofia affermano che all’incontro di lunedì scorso a Bruxelles, fino all’ultimo la Bulgaria ha lavorato per trovare una posizione comune dell’UE e una linea politica sul Kosovo, anche se ovviamente si è presentata una spaccatura tra i membri dell’Unione Europea per prendere una decisione comune e molti politici europei hanno dichiarato che il riconoscimento spetta ad ogni singolo stato.

La Bulgaria, insieme ad altri 5 stati membri – Spagna, Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia – aveva un atteggiamento molto cauto sul riconoscimento del Kosovo, ma lunedì si è allineata alla posizione dei principali paesi dell’UE.
Indipendenza del Kosovo – inevitabile
L’indipendenza del Kosovo è ritenuta inevitabile dalla maggior parte dei politici e degli analisti del paese. "È una realtà da cui non possiamo e non dovremmo scappare" ha dichiarato Solomon Passy, a capo dell’International Policy Committee in un’intervista per il quotidiano 24 chassa, sottolineando di aver preannunciato la separazione del Kosovo già 10 anni fa.

Secondo Evgueni Kirilov, membro del Parlamento europeo eletto dal Partito socialista bulgaro, la Bulgaria non dovrebbe affrettarsi a riconoscere il Kosovo. "La migliore opzione per il Kosovo era quella di restare un protettorato dell’UE fino all’avvenuta integrazione europea dei paesi dei Balcani Occidentali", hanno riportato testualmente i mass media.

Plamen Yuroukov, leader del partito di destra Unione delle forze democratiche, ritiene che il parlamento dovrebbe discutere la posizione della Bulgaria, in quanto la questione è molto delicata ed estremamente importante. Secondo il partito GERB (Grazhdani za evropeysko razvitie na Balgariya , cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria, ndr), non rappresentato al parlamento, guidato dal sindaco di Sofia Boiko Borisov, "La Bulgaria dev’essere tra i principali paesi dell’UE che riconoscono l’indipendenza del Kosovo".
Minoranza bulgara in Kosovo
Molti esperti e politici avvertono che l’indipendenza del Kosovo aprirà un vaso di Pandora che innescherà molti altri problemi nei turbolenti Balcani e in Caucaso. Una settimana prima della dichiarazione d’indipendenza del parlamento di Pristina, l’ 8 febbraio, dal groviglio di questioni del Kosovo è emersa anche quella relativa alla minoranza bulgara della provincia: i gorani.

Il giorno 8 febbraio tre ONG – l’Associazione culturale-educativa Ogniste, l’Associazione Rodolubetz e il Comitato di Helsinki dei Bulgari in Serbia – hanno lanciato una petizione on-line per l’autonomia culturale e amministrativa della minoranza bulgara. Più di 550 bulgari del paese e della diaspora hanno sottoscritto il seguente appello: "Ci sono cittadini di etnia bulgara in Kosovo che da secoli conservano identità, tradizioni e lingua. Ci sono due ONG bulgare registrate nella provincia amministrata dalle Nazioni Unite. I nostri compatrioti vivono quotidiane provocazioni; finora ci sono stati 52 attacchi bomba nell’area di Gora in Kosovo, ma non è stato fermato alcun colpevole. La tendenza è che presto sarà creato un Kosovo indipendente sotto l’egida della comunità internazionale. I bulgari del Kosovo stanno cercando disperatamente aiuto dalle istituzioni in Bulgaria per la protezione dei loro diritti".

La linea politica di Sofia nei confronti della minoranza bulgara in Kosovo non è stata del tutto chiara. Sebbene ci siano 5 borse di studio per studenti bulgari del Kosovo, non ci sono giovani bulgari provenienti dal Kosovo che studiano presso le università in Bulgaria. I gorani devono aspettare 3 anni per ottenere la cittadinanza bulgara. La petizione insiste per facilitare la procedura relativa all’acquisizione della cittadinanza e per la politica di integrazione culturale ed economica in Bulgaria – permessi di lavoro e carte verdi per accedere al mercato del lavoro nel paese.

I giornalisti bulgari scrivono dal Kosovo di una comunità di lingua bulgara che abita la regione di Gora e Zhupa vicino a Prizren. "Le autorità di Sofia dovrebbero darsi una mossa e fare pressioni per proteggere gli interessi dei bulgari del Kosovo proprio ora che a Pristina si sta preparando la nuova Costituzione, che certamente conterrà un articolo sulle minoranze, incluso quella bulgara", così i rappresentanti delle associazioni Gorani sul quotidiano "Standart". Il 17 febbraio i media locali hanno riportato della visita di Nikolay Koley, diplomatico bulgaro a Pristina, presso il villaggio di Granchare, nella regione di Podgor, vicino a Prizren.

"La Bulgaria dovrebbe avere una politica molto attiva per la protezione dei diritti umani dei gorani in Kosovo", ha detto Antonina Zhelyazkova, ricercatrice e capo della fondazione IMIR. "Una parte significativa della gente del Kosovo che si identifica come gorani o "nashentzi" (la nostra gente, conterranei) hanno origini bulgare e si ritengono bulgari".

La ricercatrice ha consigliato alle istituzioni di elaborare un piano d’azione nel caso in cui i gorani vogliano spostarsi in Bulgaria. "In caso di mancate condizioni di sicurezza per queste persone nel nuovo Kosovo indipendente, la Bulgaria dev’essere pronta a riceverli nel nostro territorio".
Secondo la Zhelyazkova, al momento si trovano in Kosovo circa 5000-8000 gorani.

In base alla pubblicazione dello storico Ivan Petrinski nel quotidiano "Sega" del 18 febbraio, il Kosovo costituirebbe una parte inseparabile della storia medievale bulgara fino alla fine del XIII secolo e i gorani sarebbero un piccolo gruppo residuo della prima ondata slava in Kosovo.

In Parlamento solo il VMRO, opposizione di destra, si è impegnato su questa questione. "Pristina deve riconoscere i diritti dei bulgari del Kosovo e questa dovrebbe essere la prima condizione che Sofia deve porre prima di riconoscere l’indipendenza della provincia", ha dichiarato Krassimir Karakachanov, leader del VMRO e membro del parlamento, secondo il quale in Kosovo vivrebbero più di 14 mila gorani di etnia bulgara.

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