Kossovo: stop and go alle privatizzazioni

Ad inizi ottobre la privatizzazione di 22 aziende pubbliche è stato bloccato per poi essere, lo scorso 22 ottobre, nuovamente confermato. Ancora una volta emergono gli ostacoli allo sviluppo del Kossovo posti da uno status giuridico indefinito.

24/10/2003, Davide Sighele -

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Kosovo Trust Agency

Nella primavera del 2002 l’allora Rappresentante Speciale del Segretario Generale Micheal Steiner, al quale da qualche mese è subentrato Harri Holkeri, aveva auspicato una forte accelerazione per quanto riguarda le privatizzazioni in Kossovo. "Non mi arrendo, le privatizzazioni come definito dalla risoluzione del consiglio di Sicurezza 1244 rientrano nella sfera di competenza dell’UNMIK … per fare in modo che l’economia del Kossovo riparta occorrono investimenti, e per attirare questi ultimi occorrono le privatizzazioni". Ma già allora Steiner, pur annunciando la creazione di un organismo che si sarebbe occupato esclusivamente di privatizzazioni, poi nato nel giugno dello stesso anno, non si nascondeva le difficoltà del processo. "Risulta particolarmente complesso riuscire a determinare la struttura e l’effettiva proprietà di queste aziende. A volte fanno a capo alla Federazione Jugoslava, a volte alla Serbia, a volte ancora alla provincia del Kossovo e, nella maggior parte dei casi la situazione proprietaria è totalmente confusa".
Proprio alla vigilia dei negoziati di Vienna, avviati lo scorso 14 ottobre, Nikolas Lambsdorff, a capo del cosiddetto Pillar IV dell’UNMIK, quello che si occupa di ricostruzione e sviluppo economico, ha dichiarato che la data dell’11 novembre, giorno nel quale si sarebbero dovute aprire le buste delle offerte relative ad una gara d’appalto per la privatizzazione di 22 aziende statali del Kossovo, era stata sospesa. La decisione è stata presa in seguito ad una crescente preoccupazione da parte dello staff UE della KTA – Kosovo Trust Agency, preposta alle privatizzazioni – in merito alle responsabilità giuridiche che quest’ultima andava ad assumersi nell’intero processo. I dubbi, già latenti, erano emersi quando un uomo d’affari statunitense ha citato in giudizio a New York la KTA per la privatizzazione di una segheria a Pec/Peja, Kossovo. Per questo l’agenzia dell’UNMIK ha cercato di ottenere, sino ad ora senza successo, immunità legale per quanto riguarda i contratti che venivano sottoscritti. Proprio su questa questione, e non per problemi personali come era stato ufficialmente dichiarato, si sarebbe dimesso dall’incarico, lo scorso fine settembre, lo stesso direttore del KTA, Juergen Mendicki. Nell’ultima riunione della dirigenza del KTA, secondo quanto riporta IWPR, si sarebbe deciso di procedere all’apertura delle offerte, ma non sono ancora chiare le garanzie date a chi dovrà ratificare il processo.
Sulla questione sono inoltre molte le pressioni da parte della Serbia che non possono non farsi sentire all’inizio dei negoziati Pristina – Belgrado. Da un anno a questa parte il governo serbo continua a ribadire che la risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza ONU dà l’autorità all’UNMIK di amministrare il Kossovo. "Gestire" quindi le sue strutture e non alienarle o venderle. Resta inoltre il problema sottolineato da Steiner ancora nella primavera del 2002. E’ estremamente difficile definire la struttura proprietaria di queste aziende e non vi è dubbio che una loro privatizzazione non può prescindere da Belgrado. Se non bastasse Belgrado afferma anche che molte delle aziende kossovare che si vogliono privatizzare hanno contratto in passato debiti con aziende estere per un ammontare di 1,5 miliardi di dollari i cui interessi sarebbero attualmente pagati dal governo serbo senza che quest’ultimo possa controllare queste aziende o possa beneficiare dei loro introiti.
Lo stop al processo di privatizzazione – che seppur momentaneo è senza dubbio significativo e non lascia certo preludere che in futuro si svolgerà in modo meno problematico – ha provocato dure reazioni da parte albanese. Blerim Shala, editorialista del quotidiano Zeri i Popullit, nota come sulla questione delle privatizzazioni non basta una rimostranza formale da parte del Primo ministro Rexhepi, inviata da quest’ultimo a Holkeri all’indomani delle affermazioni di Lambsdorff. Shala invita i politici kossovari a proseguire fermamente sulla strada delle privatizzazioni, "altrimenti non vi sarebbe più transizione, già rallentata da numerosi altri ostacoli". "Devono far sapere al capo dell’amministrazione UNMIK che tutti gli sviluppi futuri sono ostaggio delle privatizzazioni. Vi sono casi nei quali una decisione dev’essere tenuta ferma e difesa a tutti i costi".
Ibrahim Rexhepi, commentatore economico, dalle colonne di Koha Ditore analizza l’andamento delle ultime riunioni della dirigenza del KTA. Di quest’ultima fanno parte otto persone: tre rappresentanti della comunità albanese, uno di quella serba e quattro rappresentanti internazionali. I primi tre non hanno partecipato alle ultime riunioni. "Consideriamo quest’assenza un vero e proprio boicottaggio" hanno affermato gli altri membri della dirigenza "nonostante avessimo il quorum per prendere le necessarie decisioni avremmo preferito che si procedesse secondo le logiche del consensus". Per Rexhepi questo comportamento potrebbe far apparire che il blocco dei processi di privatizzazione sia responsabilità dei tre membri albanesi della dirigenza della KTA, ma secondo l’analista kossovaro non è certo così. "L’intero processo è stato avviato dagli internazionali … adesso sono loro a bloccarlo, anche dopo aver venduto già venti aziende" afferma Rexhepi "… certo sono assistiti dalle immature reazioni dei kossovari". Secondo Rexhepi il governo non dovrebbe tirarsi fuori dalla dirigenza della KTA bensì partecipare e ribadire che per quanto riguarda le privatizzazioni "non una sola mezz’ora può andare persa". "Anche se possono essere messi facilmente in minoranza il loro ruolo è fondamentale perlomeno nel far sapere al pubblico kossovaro cosa avviene all’interno della KTA".
Soddisfatto dello stallo attuale invece Goran Bogdanovic, membro serbo dell’Assemblea del Kossovo ed anch’esso parte della dirigenza del KTA. "La decisione dell’UE di bloccare il processo non è stata applicata al processo di privatizzazione in generale ma esclusivamente a 18 grandi aziende. Importante che l’UE si sia convinta che la KTA, e cioè l’UNMIK, rischia di uscire dalle proprie competenza perché, secondo quanto affermato dalla Risoluzione 1244, è autorizzata esclusivamente a governare e non a disporre della proprietà statale e pubblica".
Ancora una volta emerge chiaramente come sia difficile pensare ad uno sviluppo del Kossovo, in questo caso economico, sino a quando la questione cruciale dello status della regione non verrà definito. Nella vicenda legata alla privatizzazione delle 22 aziende kossovare, secondo quanto ha affermato ad IWPR una fonte anonima, vi è stato anche uno scontro interno molto duro tra i consulenti UE, timorosi a continuare il processo, ed i rappresentanti dell’azienda di consulenza Barring Point, con sede negli USA e dell’ufficio legale delle Nazioni Unite a New York, propensi invece a continuarlo. Generalizzando il punto di vista alla situazione complessiva del Kossovo si potrebbero da quest vicenda estrapolare divergenze di vedute sul futuro della regione tra l’Unione, più attenta alle richieste che arrivano da Belgrado e gli USA che a partire dal ’99 sono stati apertamente favorevoli ad un’indipendenza del Kossovo. Nella situazione già complessa si inserisce inoltre l’avvio dei negoziati Belgrado-Pristina ed il desiderio del neo-nominato amministratore UNMIK Harri Holkeri, ad accelerare quest’ultimo.

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