Kossovo: quale governo senza opposizione?
All’indomani delle elezioni politiche del novembre 2002, sotto forti pressioni UNMIK, si era arrivati ad una coalizione di governo che raggruppava tutti i maggiori partiti politici kossovari. Ora sono in molti a metterla in discussione.
Lo stimolo alla riflessione arriva, come spesso è accaduto in questi anni, dall’International Crisis Group. Alex Anderson, direttore dell’ufficio kossovaro del think tank statunitense, ha affermato all’agenzia stampa KosovaLive che le recenti divergenze all’interno delle istituzioni kossovare hanno dimostrato che il modello della larga coalizione tra i maggiori partiti kossovari, fortemente voluta dalla comunità internazionale, deve essere profondamente analizzata. "Le istituzioni del Kossovo sarebbero con tutta probabilità state molto più efficaci se ci fosse stata una dinamica maggioranza-opposizione", ha chiarito Anderson.
Il governo del Kossovo vede al suo interno i tre maggiori partiti che rappresentano la comunità albanese-kossovara. L’LDK del Presidente Ibrahim Rugova, il PDK dell’ex generale dell’UCK Hasmin Thaci ed il più radicale AKK di Ramush Haradjnai. I tre leader, in questi mesi di coalizione di governo, raramente si sono incontrati. E si sono trovati discordanti su molti aspetti della politica kossovara. Ad esempio sull’inizio dei negoziati a Vienna tra Pristina e Belgrado. Parte della coalizione di governo si è recata a Vienna, tra questi ad esempio Rugova ed il primo ministro Bajram Rexhepi, rappresentante del PDK. Ma Ramus Haradinaj, dell’AKK, si è rifiutato di recarsi a Vienna ed ha affermato che a queste condizioni non vi sarà alcun negoziato. Oltre a questi tre partiti alcune competenze governative sono riservate a rappresentanti delle minoranze, e questo, seppur sia una garanzia fondamentale per tutte le comunità che abitano il Kossovo, certo non facilita l’opera di governo.
Sull’argomento ha preso posizione anche Shkelzen Maliqi, analista politico kossovaro, che ricorda le convulse settimane successive alle prime elezioni politiche del dopoguerra, nel novembre 2002, durante le quali si arrivò alla creazione di un governo solo dopo forti pressioni internazionali. Ne uscì la formula ‘tutti dentro e nessuno fuori’, ricorda Maliqi, e questo portò al dividersi il potere come si fa con una torta. "Ritengo sia una delle cause principali dello stallo nell’efficacia delle istituzioni e del governo kossovaro.
Enver Hoxhaj, professore di scienze politiche presso l’Università di Pristina, pur premettendo che l’attuale coalizione di governo è innanzitutto risultato della volontà dell’UNMIK, invita i partiti politici kossovari a non abdicare alle proprie responsabilità utilizzando la tecnica retorica di accusare l’amministrazione internazionale. "E’ molto difficile valutare il successo o meno delle istituzioni e del governo kossovaro perché la loro autorità è limitata solo ad alcuni aspetti del governo del Kossovo. Ma senza dubbio il governo non ha avuto successo nemmeno nei campi di sua competenza", afferma Hoxhaj che poi aggiunge come si abbia l’impressione che spesso "le accuse mosse all’UNMIK non sono altro che un paravento per coprire propri []i".
Affermazioni favorevoli ad una rivisitazione della ‘grande coalizione’ sono arrivate anche da Ernest Luma, portavoce dell’AKK e da Ylber Hysaj, presidente dell’associazione non governativa kossovara KACI. Andare però oltre l’affermazione che ogni buon governo, per far bene, ha bisogno di un’opposizione, non sarà così facile. Da una parte le ambiguità create dalla doppia amministrazione internazionale-locale rende difficile agli elettori kossovari comprendere chi sia politicamente responsabile della situazione attuale; d’altro canto la politica del Kossovo rimane ancora ostaggio di uno status finale ella regione irrisolto e di un’affilizazione politica innanzitutto etnica.
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