Kosovo: un anno violento per i giornalisti

Sono stati oltre venti i casi di attacchi e minacce ai giornalisti in Kosovo, molti dei quali restano impuniti o vengono sanzionati con pene talmente lievi da vanificarne la funzione dissuasiva

30/01/2018, Eraldin Fazliu -

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Pristina, piazza Skanderbeg

(Originariamente pubblicato da Kosovo 2.0 )

"Non dico nulla di nuovo quando dico che non siamo soddisfatti di come funziona il sistema giudiziario del Kosovo, che in questi casi mostra non poca negligenza", spiega Parim Olluri, direttore esecutivo del quotidiano online Insajderi, aggredito fisicamente il 16 agosto scorso da tre persone rimaste non identificate dalla polizia, nonostante le foto degli assalitori siano state rese pubbliche tre settimane fa. L’inchiesta è in corso.

L’attacco a Olluri ha anche attirato l’attenzione internazionale: Reporter senza frontiere ha condannato l’assalto al giornalista e chiesto alle autorità di "fare luce sull’attacco".

"Questo caso potrebbe essere facilmente risolto se l’accusa e la polizia si impegnassero seriamente. Eppure, in Kosovo questa negligenza sembra normale", dice Olluri, scettico sul fatto che i suoi aggressori saranno consegnati alla giustizia. "Il fatto che come vittima sia mio dovere inviare e-mail e lettere per chiedere del caso mi dà l’impressione che possa essere stato dimenticato".

Petrit Collaku, ricercatore presso l’Associazione dei giornalisti del Kosovo (AJK ), fa eco alle affermazioni di Olluri, anche se crede che siano stati compiuti alcuni progressi nella registrazione dei crimini. "Qualcosa è cambiato, le istituzioni hanno un database e tutti i casi vengono registrati", dice a Kosovo 2.0. Tuttavia, Collaku ritiene che l’impunità rimanga un problema ingombrante.

Pressioni, minacce e attacchi ai giornalisti sono stati frequenti negli ultimi anni. L’anno scorso qualcuno ha lanciato una bomba a mano nel cortile dell’emittente di stato Radio Televisione del Kosovo (RTK). Alcuni giorni dopo, un’altra bomba è esplosa nella casa del direttore di RTK, Mentor Shala. In entrambi i casi ci sono stati solo danni materiali, ma rimane la minaccia diretta al lavoro dei giornalisti. Anche se è passato più di un anno, nessuno è stato portato davanti alla giustizia.

Collaku è autore del recente rapporto AJK Kosovo: Indicators for the level of media freedom and journalists’ safety , il quale ha rivelato che da gennaio al 20 novembre, data di pubblicazione, sono stati registrati 24 casi di minacce e attacchi ai giornalisti. Questo è già un aumento sostanziale rispetto ai 18 casi denunciati alla polizia e alla magistratura nel corso del 2016.

Anche Vehbi Kajtazi, collega di Ollurri e capo redattore di Insajderi, è stato attaccato in ottobre. Dopo un mese di detenzione, il suo aggressore Fitim Thaci è stato rilasciato con quattro mesi di libertà vigilata. Per Olluri, questi casi di punizioni "ridicole" stanno solo incoraggiando ulteriori attacchi ai giornalisti.

"Chi sta incitando gli aggressori? Penso che sia lo stesso sistema giudiziario del Kosovo", ha detto a Kosovo 2.0. "Gli aggressori smascherati dai media hanno ricevuto punizioni ridicole. Ora, logicamente, qualsiasi "losco" uomo d’affari che abbia evaso le tasse o beneficiato irregolarmente di appalti pubblici troverà molto facile pagare una persona 500-1.000 Euro per aggredire qualsiasi giornalista che ne scrive, perché la punizione è un mese di custodia o qualche altra punizione ridicola".

Le aggressioni ai giornalisti sono proseguite nel corso dell’anno. L’11 novembre Taulant Osmani, giornalista di kallxo.com, è stato aggredito da un gruppo di persone che hanno cercato di prendergli il telefono mentre seguiva una discussione tra due gruppi di persone in una piazza di Gjilan. Fortunatamente il giornalista è stato protetto dagli astanti e non è stato ferito dagli aggressori.

Un altro problema è che i processi talvolta richiedono anni. "Il tribunale ha multato un ex funzionario del ministero del Commercio per 500 euro dopo che il giornalista Liridon Llapashtica lo aveva citato in giudizio per diffamazione. Il processo si è concluso l’anno scorso, mentre il caso risale al 2014", rivela Collaku.

Lo stato del sistema giudiziario ha portato il panorama mediatico del Kosovo a essere descritto come "parzialmente libero" nella relazione 2016 di Freedom House, che misura la libertà di espressione nei media. Il Kosovo ha totalizzato 14 punti (30 è il punteggio peggiore).

Perché gli attacchi sono aumentati?

Il clima a livello globale nei confronti dei media è peggiorato. Secondo un rapporto sulla libertà di espressione di Articolo 19, pubblicato il 30 novembre, i media di tutto il mondo sono precipitati ai peggiori livelli dal 2000. Anche in Kosovo, negli ultimi anni, il clima per i giornalisti è stato teso. Per Olluri, uno dei motivi principali per cui i giornalisti vengono attaccati è l’evoluzione del panorama dei media.

"Dieci anni fa c’erano due o tre giornali e due canali televisivi, per il potere era più facile influenzare le politiche editoriali, evitando di infastidire le forze politiche e para-politiche, mentre ora abbiamo molti media online".

Per Collaku, il boom dei media online ha anche creato casi in cui i giornalisti non hanno adempiuto al dovere di informare in modo equo e imparziale. "I giornalisti con cui abbiamo parlato ci hanno detto che il codice etico è stato gravemente violato in molti casi".

Collaku pensa che le circostanze politiche del paese abbiano provocato un aumento della pressione sui media. "Due parlamentari di questa legislatura hanno mandato messaggi minacciosi: Beke Berisha dell’AAK ha minacciato di morte Vehbi Kajtazi e Milaim Zeka ha usato lo scranno per attaccare i giornalisti".

A ottobre, il deputato di NISMA Milaim Zeka, lui stesso giornalista fino all’ingresso in politica nel 2016, ha attaccato durante una sessione parlamentare il giornalista KTV Adriatik Kelmendi e Vehbi Kajtazi di Insajderi, guadagnandosi un comunicato di AJK sul linguaggio improprio usato.

Zeka ha attaccato Kelmendi affermando pubblicamente che suo padre aveva servito il regime oppressivo quando era procuratore e punito gli albanesi del Kosovo prima della guerra del 1999. I suoi colleghi di partito sono rimasti in silenzio senza dissociarsi.

Anche il primo ministro Ramush Haradinaj ha un atteggiamento antagonistico verso i giornalisti. Nei suoi primi dieci giorni in carica, quando gli è stato chiesto in una conferenza stampa della posizione degli Stati Uniti in merito alla demarcazione del confine con il Montenegro, Haradinaj ha risposto "Ho rispetto per i media, ma la maggior parte di voi non sa leggere o non capisce l’inglese", prima di chiedere a tutti i giornalisti di "tornare a scuola e imparare l’inglese".

In seguito Haradinaj si è scusato, ma affermazioni come queste gli tolgono credibilità quando condanna gli attacchi ai giornalisti. Dopo l’aggressione a Vehbi Kajtazi, Haradinaj ha proclamato che "condanniamo sinceramente l’aggressione fisica, non solo a Kajtazi, ma a tutti i giornalisti. Come governo, ci impegniamo ad avere un rapporto positivo con i media, ad essere trasparenti e garantire la libertà di parola".

Sebbene Collaku accolga la condanna agli attacchi contro i giornalisti, ritiene che anche nella reazione si applichino due pesi e due misure, e invita pertanto i leader politici ad esprimersi anche quando vengono attaccati giornalisti meno conosciuti. "Non ci sono reazioni quando si tratta di un giornalista poco noto o quando viene distrutta la videocamera di un operatore", afferma Collaku.

"Ci sono sempre più giornalisti aggrediti", afferma Collaku. "Ci sono individui picchiati per aver detto alla società ‘ehi, sta succedendo questo’. Dovremmo chiedere perché le istituzioni non sono state più efficaci, facendo giustizia e dando più attenzione a questi attacchi".

Olluri conferma le opinioni di Collaku sulla giustizia per i giornalisti: "Se il sistema giudiziario punisce gli aggressori, credo che ci sarà una diminuzione degli attacchi contro i giornalisti. Ma se il sistema giudiziario continua con questa ondata di impunità, le aggressioni contro i giornalisti non faranno che aumentare".

Mediafreedom in Kosovo

Sullo stato della libertà d’espressione in Kosovo il Resource Centre sulla libertà dei media curato da OBCT mette a disposizione diverse risorse: Freedom of Expression, Media and Information in Kosovo (2016); Kosovo: Indicators for the level of media freedom and journalists’ safety (2016); Freedom House – Kosovo Country report (2015).

Articolo 19

Basata a Londra, dal 1987 Article 19 si batte in tutto il mondo per la libertà d’espressione così come sancita dall’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Per saperne di più naviga il nostro Resource Centre sulla libertà dei media, a partire da qui

Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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