Kosovo, privatizzazioni e vecchi amici
Dopo quattro anni di tentativi accompagnati da critiche e scetticismo, il governo kosovaro si appresta a privatizzare il 75% della PTK (Posta e Telecomunicazioni del Kosovo), l’operatore telefonico nazionale. A contendersi la proprietà, ci sarà anche la compagnia di un “vecchio amico” del Kosovo, l’ex segretario di stato USA Madeleine Albright
Il Kosovo torna al centro dell’attenzione degli Stati Uniti. Stavolta, però, non in termini di politica internazionale ma, più prosaicamente, di business. La “Albright Capital Management LLC”, compagnia controllata dall’ex segretario di stato Madeleine Albright, protagonista dell’intervento armato della Nato nel 1999, è tra i gruppi in gara per assicurarsi la proprietà della PTK, l’operatore telefonico pubblico del Kosovo. A contendersi la privatizzazione della compagnia, altri quattro concorrenti: la “M1 International Limited” (Isole Vergini Britanniche), un consorzio tra la statunitense “Columbia Capital” e la tedesca “ACP Axos Capital Gmbh”, un altro consorzio, stavolta tra la “Twelve HORNBEAMS” (Gran Bretagna) e la “Avicenna Capital LLC” (Polonia), e infine la turca “Turkcell”.
Una questione di immagine
L’annuncio della lista delle compagnie ammesse all’ultima fase della privatizzazione è stata ricevuta in Kosovo con sentimenti contrastanti. Le autorità di Pristina responsabili della procedura hanno espresso soddisfazione per la qualità degli operatori economici interessati ad investire in Kosovo, incrementando così, a loro parere, l’interesse per ulteriori investimenti diretti nel paese. Secondo dati della Banca centrale del Kosovo, negli scorsi anni gli investimenti arrivati dall’estero si sono attestati intorno ai 300 milioni di euro l’anno.
Secondo il direttore della Camera di commercio del Kosovo, Safet Gerxhaliu, l’interesse di compagnie globali quali la “Albright Capital Management” ha un impatto strategico sull’economia locale. Fino ad oggi, l’interesse verso le privatizzazioni in Kosovo ha sofferto di debolezze interne e di classifiche come quella curata da Transparency International, che piazza il Kosovo al 112° posto (su 183) nell’indice di corruzione nel sistema politico-economico.
Molti esperti economici, come Ibrahim Rexhepi, direttore del centro di ricerche sociali e strategiche STRAS, sostengono che il Kosovo continui ad avere una cattiva reputazione rispetto alle opportunità fornite a investitori dall’estero tramite le privatizzazioni. “In Kosovo non intervengono i nomi che contano, i grandi gruppi del business globale. Resta preoccupante il fatto che il Kosovo non sia una destinazione attraente per investitori seri”, ha dichiarato Rexhepi alla stampa locale.
Rispetto alla privatizzazione della PTK, il direttore esecutivo dell’istituto economico Riinvest, Lumir Abdixhiku ha fatto notare che la maggior parte delle compagnie interessate non fanno delle comunicazioni il proprio “core-business”, come è lecito aspettarsi in situazioni del genere.
"Vecchi amici"
Secondo il gruppo anti-corruzione “Cohu”, per rimettere in sesto l’economia kosovara bisogna agire in termini strategici, senza tener conto di relazioni speciali con “vecchi amici”. Poco dopo la pubblicazione della lista delle compagnie ammesse alla fase finale, “Cohu” ha pubblicato un report. Tra i passaggi più interessanti si legge: “L’inclusione della ‘Albright Capital Management’ rischia di imbrigliare l’intero processo di privatizzazione della PTK in un lampante caso di conflitto di interessi, in cui motivazioni non strettamente razionali possono minare il principio della competizione sul piano di parità. Proprio come successo nel 2007, quando il gruppo in questione, come parte del consorzio vincente, ha acquisito la licenza per la creazione di un nuovo operatore mobile [la IPKO, N.d.R]”.
L’organizzazione fa riferimento alle relazioni “calde” tra ufficiali kosovari ed ex rappresentanti del governo USA, segnate dalla gratitudine dei primi nei confronti degli ultimi per il sostegno ricevuto dagli Stati Uniti a partire dal 1998-99. La compagnia della Albright, insieme ad altri partner, ha partecipato vincendo alla gara per la creazione del primo operatore mobile privato, un appalto che continua a provocare accese discussioni. Secondo media kosovari, né da IPKO né dalla “Albright Capital Management LLC” è stato possibile capire se l’ex segretario di stato USA possieda ancora azioni dell’operatore mobile.
Il nome del nuovo proprietario della PTK dovrebbe essere reso noto entro il 2012: secondo stime del governo di Pristina la vendita dovrebbe far affluire nelle casse pubbliche dai 300 ai 600 milioni di euro. Secondo molti analisti economici, però, il prezzo di vendita previsto è molto basso e per chiunque riuscirà a mettere le mani sulla compagnia, l’acquisto sarà un grosso affare.
Al momento la PTK domina il mercato locale della telefonia, con circa 1,3 milioni di abbonati, e gode di una buona infrastruttura sul terreno, rafforzata nell’ultimo decennio. Comunque vadano le cose, la privatizzazione della compagnia telefonica sarà la più grande intrapresa fino ad oggi in Kosovo: Pristina ha raccolto 600 milioni di euro da tutte le imprese privatizzate fino ad oggi.
La Turchia tra gli investitori
Interessante sottolineare la presenza della turca “Turkcell”, nella lista dei possibili contendenti alla proprietà finale della PTK. Si conferma così la forte presenza e l’interesse nel lungo periodo delle compagnie turche nell’economia kosovara. Un consorzio guidato da un investitore turco dal 2010 controlla l’unico aeroporto internazionale del Kosovo, quello di Pristina, mentre un’altra compagnia turca sta realizzando il progetto più costoso della storia kosovara, l’autostrada che connetterà Pristina con l’Albania. Nel 2012, Pristina ha poi venduto alla “Limak-Calik” il settore distribuzione della KEK, la compagnia elettrica del Kosovo. L’affare con la compagnia (anche questa proveniente dalla Turchia) ha portato alle casse statali solo 26 milioni di euro, nonostante il governo avesse investito nella KEK circa 200 milioni di euro negli scorsi anni.
Una cifra che difficilmente aiuterà Pristina a portare avanti gli ambiziosi programmi di investimenti nelle infrastrutture. La costruzione dell’autostrada ha svuotato le casse pubbliche, e il prezzo iniziale stimato di 600 milioni di euro è destinato a crescere. Il denaro in arrivo dalla privatizzazione della PTK, nei piani iniziali del governo, doveva riempire proprio il buco di bilancio provocato dalle spese sostenute per l’autostrada. L’esecutivo Thaci aveva addirittura incluso le entrate stimate nel budget del 2011, nonostante la procedura di privatizzazione fosse ben lontana dall’essere portata a termine.
La decisione portò allora alla crisi politica tra il Partito democratico del Kosovo (PDK) del premier Thaci, e il suo alleato di maggioranza, la Lega democratica del Kosovo (LDK), che si era opposta alla privatizzazione. La crisi sfociò poi in elezioni anticipate. Con la vittoria alle urne, il PDK ha continuato le procedure di privatizzazione della PTK, coadiuvato dai nuovi partner di governo.
Elementi dell’opposizione continuano a criticare apertamente la decisione di privatizzare la compagnia telefonica. Secondo il movimento “Vetevendosje” (Autodeterminazione), la PTK è una delle aziende pubbliche in attivo, e in grado di rimpolpare il budget statale. Per i primi sei mesi del 2012 la compagnia ha denunciato profitti per 24 milioni di euro, con una crescita del 10% rispetto allo stesso periodo di un anno prima.
Altri esperti e think-tank economici sostengono però che la pessima gestione dell’azienda in questi anni ha profondamente danneggiato la PTK. I bilanci dell’azienda mostrano, solo nel 2011, bonus verso i dipendenti per 2,21 milioni di euro. Membri del consiglio di amministrazione ricevono salari che toccano i 6mila euro al mese, mentre in Kosovo lo stipendio medio si aggira intorno ai 300 euro.
Una privatizzazione iniziata nel 2008
Con la privatizzazione, dovrebbe avere fine anche il fenomeno delle assunzioni che hanno gonfiato a dismisura li numero dei dipendenti dell’azienda. Anche se la maggior parte del processo di privatizzazione sembra completato, per finalizzare la vendita della PTK è richiesto un ultimo e non semplice passaggio conclusivo. Il primo tentativo di vendere la compagnia telefonica, infatti, è stato abortito proprio in fase finale.
Nel 2011, la procedura fu infatti cancellata quando una delle compagnie ammesse alla gara, la “Hrvatski Telekom”, si ritirò dalla competizione a causa di accuse di corruzione all’interno della PTK. La “Hrvatski Telekom” faceva riferimento ad un’indagine allora in corso nei confronti di alti dirigenti della compagnia telefonica, che avevano firmato contratti con imprese private a danno della PTK.
Un’eventuale nuovo fallimento rappresenterebbe un pessimo segnale, anche perché l’intero processo di privatizzazione, cominciato nel 2008, è già costato ai contribuenti kosovari circa 5 milioni di euro.
Il risultato della privatizzazione della PTK sarà, tra le altre cose, una cartina di tornasole: mostrerà se contano di più i “vecchi legami” con gli amici americani, o la forte e crescente partnership economica con la Turchia. O chissà, potrebbe anche essere la volta buona perché vincano considerazioni di carattere esclusivamente economico e di mercato. Di certo, in questo caso, i principali vincitori sarebbero proprio i cittadini kosovari.