Kosovo: il patto è buono

L’accordo raggiunto venerdì tra Serbia e Kosovo è un passo fondamentale. Per la Serbia, perché cade il principale ostacolo all’integrazione europea, per il Kosovo, che può concentrarsi sulla qualità delle proprie istituzioni e per l’Ue, che segna un importante successo. Il commento di Andrea Lorenzo Capussela

Kosovo-il-patto-e-buono

Ivica Dačić, Hashim Thaçi e Catherine Ashton a Bruxelles

Vi ricordate la prova ontologica sull’esistenza di Dio? Dio è l’essere che possiede tutte le qualità nella forma più elevata, la bontà, la saggezza, il sapere: di conseguenza Dio non può che esistere perché non può non avere la qualità primaria, quella appunto di esistere. L’argomentazione che sostiene che la Serbia ha infine riconosciuto il Kosovo è simile: avendo accettato che il nord è parte del Kosovo, deve aver riconosciuto che qualcosa che si chiama “Kosovo” esiste.

La differenza ovviamente è che in questo caso quest’argomentazione ha una base empirica, perché è chiaro che il Kosovo esiste. Quindi si può sostenere con più certezza che la Serbia ha riconosciuto il Kosovo piuttosto che Dio esiste. Ma questo non è il punto: il patto riguarda il nord e i suoi diritti ad auto governarsi, e non il riconoscimento del Kosovo.

Trovo che l’accordo raggiunto sia molto buono, eccetto per un aspetto: i serbi del nord sono stati esclusi dai negoziati. In fin dei conti l’accordo riguarda le loro di vite. E’ probabilmente un buon patto anche per loro, ma ciò non toglie che avrebbero dovuto avere diritto di parola. Ciononostante, se la Serbia si attiene all’accordo, quest’ultimo probabilmente reggerà perché senza il sostegno di Belgrado la resistenza del nord sarà meno efficace ed è probabile col tempo sbiadisca. Questo è ingiusto per il nord, ma mi auguro che le autorità del Kosovo e la sua popolazione rispetterà le legittime preoccupazioni dei suoi residenti settentrionali, il 95% dei quali ha invocato il diritto all’autodeterminazione come prima di loro hanno fatto il 95% della popolazione del Kosovo nel dichiarare l’indipendenza.

L’accordo chiude un problema politico molto rilevante per il Kosovo, perché il nord era, usando le parole di un amico, “un’arma di distruzione di massa”, utilizzata in più occasioni dal governo kosovaro per distrarre l’attenzione dei cittadini da povertà, disoccupazione, corruzione e, più in generale, dalla malagestione del loro paese. Ma l’accordo apre un nuovo problema, perché il Kosovo eredita una fetta di popolazione rilevante che non sarà fedele allo stato kosovaro per almeno una generazione.

Spero che l’opposizione, insieme alle voci critiche della società kosovara, non permetteranno al governo di trasformare la questione in un velo dietro cui nascondere le loro responsabilità per le condizioni del Kosovo. Potrebbe essere una tentazione forte accusare il governo di aver accettato un’intesa che garantisce troppa autonomia al nord. Ma sarebbe una posizione sbagliata, immorale e contro-produttiva. Sbagliata perché l’accordo siglato, evidentemente, era l’unico possibile: senza l’uso della forza, garantire autonomia al Kosovo settentrionale era l’unica strada per assorbire quest’area all’interno della cornice statuale di Pristina. Immorale, perché è indifendibile la posizione di chi nega al nord un ragionevole grado di autonomia. Contro-produttiva, perché lascerebbe aperto il problema politico, creando un incentivo per l’esecutivo di mostrare il proprio patriottismo attraverso azioni avventate, come la missione delle forze speciali della polizia del luglio 2011, che distrarrebbero ancora l’attenzione dell’opinione pubblica e renderebbe ancora più difficile l’integrazione del nord.

Inoltre, l’Occidente sarebbe a fianco delle posizioni di compromesso accettate dall’esecutivo, e la popolazione sa che il Kosovo ha ancora bisogno di aiuto esterno. In breve, opponendosi all’accordo, l’opposizione aprirebbe una battaglia tanto lunga quanto destinata alla sconfitta.

D’altro canto, la firma dell’intesa apre nuovi scenari in cui l’opposizione può sfidare il governo e vincere. Il Kosovo è ben governato? Questa domanda dovrebbe (finalmente) occupare il centro del dibattito pubblico. E anche se l’opposizione non dovesse riuscire sconfiggere il governo in tempi rapidi, i ministri avranno comunque un forte incentivo a lavorare meglio: un problema che fino ad oggi evidentemente non li tangeva, proprio grazie allo scudo fornito dalla questione dell’integrità territoriale del Kosovo.

L’accordo rappresenta un successo rimarchevole anche per l’Unione europea (e un motivo di ottimismo per il futuro, visto che la Serbia ha ceduto con l’evidente speranza di accedere all’UE nel corso del prossimo decennio). L’Unione e l’Occidente hanno sostenuto l’attuale governo del Kosovo anche, se non soprattutto, perché volevano che si arrivasse a questo accordo. Adesso che l’intesa è raggiunta, la coalizione al governo è meno necessaria, e potrebbe diventare un peso: gli “amici” del Kosovo potrebbero preferire ora un governo meno corrotto e dall’immagine meno compromessa. Quindi, uno dei principali ostacoli alle pressioni dell’opposizione potrebbe cadere. Eulex, ad esempio, potrebbe ora cominciare a combattere la corruzione in modo più efficace. Un altro motivo per l’opposizione di concentrarsi su questa battaglia, e non su quella moralmente indifendibile di contrastare l’autonomia appena concessa al nord.

Per la stessa ragione il Kosovo dovrebbe lasciare per ora sullo sfondo la questione di un seggio all’ONU. All’opinione pubblica in Serbia dovrebbe essere dato il tempo di realizzare quanto poco guadagnino dalla loro opposizione e quanto potrebbero invece guadagnare da un passo indietro e quanto alto sarebbe invece il costo del sostegno russo. E si può essere certi che più la Serbia (auspicabilmente) si muove verso l’integrazione nell’UE, più l’incentivo a riconoscere formalmente il Kosovo aumenterà. L'[]e più grave sarebbe quello di permettere alla questione di un seggio all’ONU per il Kosovo di divenire un’altra scusa per non affrontare i problemi interni del Kosovo stesso. Sarebbe un []e imperdonabile.

Infine l’accordo è buono anche perché priva l’attuale leadership dei serbi del Kosovo del loro obiettivo. L’attuale leadership è infatti costituita da quella che è probabilmente la peggior collezione di imprenditori politici e profittatori dei Balcani, la cui unica ragion d’essere era dimostrare al mondo che il Kosovo era multietnico. Il Partito liberale indipendente (SLS) [che raccoglie i voti di parte della popolazione serba nel Kosovo centrale e meridionale n.d.r] era più fedele al primo ministro kosovaro della maggior parte del suo stesso partito, il PDK. Ora questa leadership ha perso l’unico argomento a proprio favore e si può ragionevolmente sperare che l’integrazione del nord garantisca l’emergere di una leadership più genuina e forse anche più combattiva. Questo certo complicherà la vita politica kosovara, ma meglio avere complicazioni, piuttosto che il 10% del parlamento che letteralmente si vende in cambio di una rendita a chiunque governi.

Non ho parlato del contesto più ampio. Perché non riesco a capire che interessi abbia l’Europa nel forzare un piccolo territorio, grande come metà del Lussemburgo e molto meno importante del Granducato, a far parte di uno stato al quale non vuole  appartenere: in particolare se questo minaccia gli orientamenti pro-europei del maggiore stato dei Balcani, fonte di quasi tutti i problemi degli ultimi vent’anni.

Questa politica è stata molto rischiosa, perché con l’aiuto della Russia la Serbia sarebbe potuta diventare una bella seccatura (doppio premio quindi, per aver garantito l’accordo). Ma è stato una politica molto dubbia anche dal punto di vista morale, perché nessuno può mancare di evidenziare il parallelo tra la questione Serbia-Kosovo e quella Kosovo e sua regione settentrionale.

Concordo che quest’accordo sia una vittoria per il concetto civico di statualità e cittadinanza, che evita la partizione etnica. Ma, mettendo da parte la retorica, tutti capiscono che l’indipendenza del Kosovo altro non è stato che la partizione della Serbia su base etnica.

Tornando all’argomento principale, queste sono ragioni in più per l’opposizione kosovara di essere contenta dell’accordo raggiunto, che probabilmente dà al Kosovo più di quanto meriti, e uno stimolo a concentrarsi sul migliorare il loro paese, piuttosto che discutere sui diritti politici dei loro concittadini serbi.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta