Karadžić e Mladić: l’ultimo anno?

Le mosse della comunità internazionale indicano che quest’anno potrebbe essere messa la parola fine alla questione Radovan Karadžić e Ratko Mladić, i quali già da quasi dieci anni fuggono alla consegna al Tribunale dell’Aia.

23/02/2004, Željko Cvijanović - Belgrado

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Taglia su Karadzic e Mladic a Sarajevo - foto L. Zanoni

La consegna al Tribunale dell’Aia del generale Ratko Mladić, comandante di guerra dell’esercito serbo bosniaco, potrebbe essere il test grazie al quale sarà chiaro se il nuovo governo serbo continuerà a godere dell’appoggio della comunità internazionale.

Dopo la pesante crisi politica, la Serbia, nelle prossime settimane, con ogni probabilità otterrà un nuovo governo, dal momento che i partiti che lo formeranno, giovedì scorso, hanno sottoscritto un accordo di coalizione, e già venerdì a Vojislav Koštunica, leader del conservatore Partito democratico della Serbia, è stato consegnato il mandato per la composizione del governo.
Lo scetticismo nei confronti del governo di Koštunica, nei circoli della comunità internazionale, è aumentato per via del fatto che tale governo, nell’impossibilità di ricevere l’appoggio del Partito democratico, il principale partito del governo uscente, ha dovuto optare per l’appoggio del Partito socialista della Serbia (SPS), a capo del quale si trova Slobodan Milošević.

All’estero la più grossa preoccupazione è dovuta al fatto che si considera ancora incerto se il nuovo governo collaborerà con il Tribunale dell’Aia, dal momento che l’SPS fino ad ora si è fermamente opposto alla consegna di cittadini serbi all’Aia.
Dall’altra parte, mai in questi ultimi dieci anni, ossia da quando all’Aia esistono le accuse per crimini di guerra contro i due, non c’è mai stata una così forte determinazione da parte della comunità internazionale per far sì che Mladić e Radovan Karadžić, l’ex presidente della Republika Srpska, vengano arrestati.

Ecco perché William Montgomery, l’influente ambasciatore americano a Belgrado, giovedì scorso ha dichiarato che la comunità internazionale non sospenderà la collaborazione con il governo di Koštunica a causa dell’appoggio del SPS, ma sarà piuttosto cauta, considerando la consegna di Mladić un’importante test per Belgrado.
Mladić, per il quale si crede che sia nascosto in Serbia, dovrà essere consegnato entro la fine di marzo se Belgrado vorrà anche quest’anno ricevere l’aiuto finanziario degli USA.

Benché questo aiuto non sia enorme – appena circa cento milioni di dollari – la sua mancanza aprirebbe per Belgrado una serie di problemi, dal momento che la maggior parte dei paesi e delle istituzioni finanziarie internazionali potrebbero seguire l’esempio americano.

Benché Koštunica per ora si pronunci malvolentieri in pubblico su questa questione, è piuttosto certo che dovrà risolvere in tempo il "problema Mladić" dal momento che le cattive condizioni economiche della Serbia potrebbero, senza l’appoggio proveniente dall’estero, costare caro al suo governo.
Tra i suoi accoliti si crede che Koštunica procederà secondo la legge sulla collaborazione con l’Aia dell’aprile 2000, avviata allora dal suo partito.

Secondo questa legge, all’Aia saranno consegnati tutti coloro contro i quali sono state sollevate le accuse fino al giorno della promulgazione della legge.
D’altra parte anche Ivica Dačić, funzionario dell’ala del SPS di Milošević desiderosa di prendere le distanze dal suo leader, ha dichiarato che il suo partito non intende opporsi alla collaborazione con l’Aia.

Ciò significherebbe che Koštunica con la consegna di Mladić, alla quale in passato si era opposto, possa tentare di salvare gli accusati contro i quali sono state sollevate le accuse dopo l’aprile 2000, in particolare contro i quattro generali della polizia e dell’esercito, accusati dall’Aia lo scorso inverno, ma che il precedente governo si era rifiutato di consegnare.

È possibile che Koštunica, con la consegna di Mladić, desideri effettuare l’ultima consegna all’Aia, e sembra che anche l’amministrazione di Washington non abbia nulla in contrario a lasciare che gli altri accusati vengano processati a Belgrado.

"Koštunica consegnerà Karadžić" afferma Kosta Čavoški, noto professore belgradese di diritto e presidente del Comitato per la difesa di Radovan Karadžić.

L’altra possibilità è che Belgrado entro la fine di marzo offra convincenti prove che Mladić non sia in Serbia, cosa che – a dire il vero senza prove – è stata sostenuta dal precedente governo.

Ma questa è solo una possibilità teorica, mentre l’arresto e la consegna del generale serbo sono molto più credibili.

Dall’altro lato, la comunità internazionale non può richiedere al governo della Republika Srpska (RS) la consegna di Radovan Karadžić, l’ex presidente della entità serbo-bosniaca, dal momento che anche e perfino se lo volesse, il debole governo della RS non sarebbe in grado di farlo.

Perché, Karadžić, dal canto suo, è fortemente collegato ad una potente rete di mafiosi e di parapoliziotti, contro la quale la RS non può far fronte.

Per questo motivo la comunità internazionale insiste sul fatto che Karadžić venga arrestato con l’aiuto delle truppe della NATO di stanza in Bosnia Erzegovina.

I tentativi condotti fino ad ora, tuttavia, non hanno dato risultati dal momento che la sviluppata rete di fedeli di Karadžić, la quale gode di un significativo appoggio tra la popolazione, è riuscita in tempo a capire le intenzioni delle truppe NATO.

Alla metà di gennaio a Pale, sopra Sarajevo, c’è stato un altro fallito tentativo di arresto, quando la NATO, come è noto, aveva ricevuto informazione che Karadžić avesse chiesto aiuto al medico, nello stesso luogo in cui aveva il suo rifugio di guerra.

Subito si è dimostrato che non era vero: a giudicare dal modo di conduzione dell’azione della NATO, il cui obiettivo erano gli uomini che si crede aiutino Karadžić.

Due di loro sono stati arrestati due settimane fa, mentre altri due sono fuggiti davanti alle forze NATO.

Per ora non si sa se le due guardie del corpo di Karadžić arrestate abbiano rivelato il luogo dove quest’ultimo si nasconde, ma l’ampiezza dell’azione della SFOR, che praticamente è in corso da più di un mese, è proseguita dichiarando che la comunità internazionale ha ormai posto questa questione più seriamente che mai.

Una fonte ritenuta vicina a Karadžić afferma per l’Osservatorio sui Balcani che l’ex presidente, per natura edonista e uomo di debole disciplina psicologica, molto probabilmente non si nasconde nei boschi della Bosnia orientale, dove molto spesso è stato cercato.

"Credo che Karadžić sia andato via dalla RS" dice la fonte, confermando i sospettib di Carla Del Ponte, procuratore capo del tribunale dell’Aia, la quale crede che Karadžić sia fuggito a Belgrado.

Tali affermazioni, invece, vanno prese con una certa riserva, dal momento che Belgrado sarebbe per Karadžić un luogo molto più insicuro, perché non godrebbe dell’importante aiuto della popolazione locale quale invece gode tra i serbi di Bosnia.

Molti funzionari credono che l’insistenza sulla cattura di Karadžić vada posta in relazione con la dichiarata intenzione della NATO di lasciare la Bosnia.

Senza la sua cattura la missione della NATO, in corso da nove anni, non potrebbe considerarsi riuscita, e nemmeno il mandato del Tribunale dell’Aia, che terminerà i processi nel 2010, potrebbe essere considerato positivamente senza un processo contro Karadžić e Mladić.

A Belgrado ci sono diplomatici che dicono che la politica della comunità internazionale in Bosnia si è rivelata un fallimento politico, perché, oltre alla pace, non ha portato anche la stabilità politica, così che sia Bruxelles che Washington desiderano quanto prima dimenticare la Bosnia.

"Ciò, però, non è possibile senza mettere la parola fine sui casi Karadžić e Mladić", afferma per l’Osservatorio sui Balcani un diplomatico occidentale a Belgrado.

Ecco perché sembra che nel corso di questo anno possa essere fatto il punto definitivo sui casi Karadžić e Mladić, dal momento che la comunità internazionale è sempre più risoluta riguardo la loro cattura, e anche per via del fatto che la loro posizione è sempre più difficile da difendere.

Ma ciò non significherà affatto il successo della politica internazionale, in particolare in Bosnia, dove non è stato risolto nemmeno uno dei problemi che hanno portato alla guerra.

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