Karabakh, dichiarazioni e corsa alle armi

I paesi mediatori del conflitto in Karabakh invitano le parti ad abbassare i toni. Nel frattempo, a Yerevan ha destato molta preoccupazione la notizia di un recente accordo per la vendita di un miliardo di dollari di armamenti russi all’Azerbaijan

19/07/2013, Mikayel Zolyan - Yerevan

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Due importanti sviluppi relativi al conflitto del Nagorno-Karabakh hanno avuto luogo nelle scorse settimane: una dichiarazione dei presidenti dei paesi mediatori (Francia, Stati Uniti e Russia) e l’annuncio di un affare da un miliardo di dollari in armamenti fra Russia e Azerbaijan. Se la dichiarazione non conteneva niente di insolito, l’affare tra la Russia ("partner strategico" dell’Armenia) e l’Azerbaijan ha sollevato più di un sopracciglio in Armenia e Nagorno-Karabakh.

La dichiarazione

Mentre tutto il mondo puntava gli occhi sul G8 di Enniskillen in Irlanda del Nord, per il Caucaso meridionale l’evento più importante del vertice è stato la dichiarazione congiunta dei presidenti di Francia, Russia e Stati Uniti sul processo di risoluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh. La dichiarazione ha espresso "profondo rammarico per il fatto che le parti abbiano continuato a cercare vantaggi unilaterali nel processo di negoziato". Ha inoltre invitato le parti a "tornare ad impegnarsi secondo i principi di Helsinki, in particolare quelli relativi al non-uso della forza o della minaccia della forza, all’integrità territoriale e alla parità di diritti e autodeterminazione dei popoli", sottolineando che il conflitto non ha soluzione militare e che "una ripresa delle ostilità sarebbe disastrosa per la popolazione della regione."

Entrambe le parti hanno tentato di sfruttare la dichiarazione a proprio favore. Il ministro degli Esteri armeno Eduard Nalbandyan l’ha interpretata come un avvertimento rivolto alla parte azera, che ha accusato di retorica bellica, provocazioni al confine e "mitizzazione di assassini e persecuzione di coloro che invitano alla pace", evidentemente riferendosi ai casi di Ramil Safarov e Akram Aylisli. Il portavoce degli Esteri azero ha replicato dicendo che l’Armenia ha già rotto il principio di non-uso della forza "occupando il 20% del territorio azero".

Masis Mayilyan, direttore di un think-tank nel Nagorno-Karabakh, ritiene che la dichiarazione sia volta a preservare lo status quo piuttosto che alla risoluzione del conflitto. A suo parere, nuove proposte da parte dei mediatori sono attese solo dopo la conclusione dell’attuale ciclo elettorale in Caucaso del Sud, cioè dopo le elezioni presidenziali in Azerbaijan nell’autunno 2013. L’analista azero Avaz Hasanov ammette che la dichiarazione non conteneva nulla di nuovo e ritiene che l’obiettivo fosse quello di mettere in guardia le parti contro l’uso o le minacce di violenza nel periodo pre-elettorale. In Azerbaijan in ottobre si terranno le presidenziali, in cui Ilham Aliev correrà per il terzo mandato, mentre l’opposizione promette di combattere fino allo stremo. In passato, il conflitto è diventato tema di manipolazioni politiche da parte dei politici, con l’aumento di retorica bellica e provocazioni al confine nella corsa alle elezioni.

Affari e armi

Solo pochi giorni dopo la dichiarazione, è emerso che la Russia ha stipulato un contratto per la vendita di armi per oltre un miliardo di dollari all’Azerbaijan. La notizia ha creato shock in Armenia, dove la Russia è percepita come il principale alleato per la sicurezza: la Russia e l’Armenia sono considerate "partner strategici", l’Armenia è membro del patto di difesa Collective Security Treaty Organization (CSTO) a leadership russa e vi è una base militare russa in territorio armeno. La cosa più inquietante per gli armeni è che tra le armi vendute ci sono armi offensive come carri armati T-90C, lanciarazzi multipli Smerch e TOS-1A e cannoni di artiglieria Msta-A e Vena. Se l’opinione pubblica armena era furiosa, il governo ha cercato di sdrammatizzare: il segretario del Consiglio di Sicurezza ha commentato che la Russia ha il diritto di agire nel proprio interesse senza che ciò pregiudichi le relazioni russo-armene, mentre il ministero della Difesa ha minimizzato l’impatto delle armi sull’equilibrio militare tra i due paesi. A quanto pare la Russia si è resa conto della reazione armena e alcuni alti funzionari ed esperti militari russi sono stati inviati in Armenia a limitare i danni. Così, il segretario generale della CSTO Nikolay Bordyuzha ha visitato Yerevan il 26 giugno. In particolare, ha dichiarato che la vendita di armi è semplice commercio e la Russia vende armi a molti paesi del mondo, ma è attenta a non turbare equilibri, soprattutto quando si tratta del Caucaso meridionale.

In ogni caso, l’Armenia ha un motivo di preoccupazione. Secondo un rapporto del Regional Studies Center, think-tank con sede a Yerevan, l’accordo sulle armi tra la Russia e l’Azerbaijan è particolarmente preoccupante in un contesto di escalation delle spese militari in Azerbaijan, il cui bilancio per la difesa è cresciuto da 175 milioni dollari nel 2004 a 3,7 miliardi nel 2013 (RSC: Shifting Balance of Power in South Caucasus ). Lo stesso report rileva che, secondo l’Istituto internazionale di Stoccolma per le ricerche sulla pace (SIPRI), la Russia è il primo fornitore di armi di entrambi i paesi, avendo fornito il 96% delle armi all’Armenia e il 55% all’Azerbaijan nel periodo 2007-2011.

Solo  affari o giochi geopolitici?

Molti armeni hanno interpretato l’accordo sulle armi come un’espressione del malcontento di Mosca per il recente riavvicinamento fra Armenia e Unione europea e per la riluttanza armena a impegnarsi nel cosiddetto "progetto di integrazione eurasiatica". Il governo di Putin sta reagendo nervosamente ai tentativi armeni di far avanzare le relazioni con l’Unione europea nel quadro del partenariato orientale, un programma di cooperazione con sei paesi ex-sovietici. D’altra parte, molti in Armenia ritengono che, avendo stabilito la sua schiacciante influenza in Armenia, la Russia sia ora ansiosa di attirare l’Azerbaijan nella sua sfera di influenza.

È interessante notare che la mossa della Russia aliena gli armeni, ma non porterà necessariamente una distensione nei rapporti fra Azerbaijan e Russia: l’analista azero Avaz Hasanov osserva che le relazioni russo-azere sono tese da diversi anni e non sembrano certo migliorare. Ne è un esempio la recente chiusura dell’oleodotto Baku-Novorossiysk, che trasportava il petrolio azero attraverso il territorio russo. Secondo Hasanov, l’obiettivo dell’affare militare non è tanto migliorare le relazioni tra Russia e Azerbaijan, ma piuttosto mandare un messaggio all’Armenia: "La Russia vuole mostrare all’Armenia che l’equilibrio delle forze nella regione può cambiare molto velocemente se l’Armenia non prende ‘la decisione corretta’ in materia di adesione all’Unione Eurasiatica. "Quali che siano i dettagli della transazione, la continua corsa alle armi sullo sfondo della passività nel processo di pace non è certo un buon segno. Considerando i continui incidenti al confine e l’uso di retorica bellica da parte dei leader, è evidente che la situazione può andare fuori controllo in qualsiasi momento”.

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