Kanta Ibragimov, scrittore ceceno candidato al Nobel
Lo scrittore ceceno Kanta Imbragimov è stato incluso per la seconda volta nella lista dei candidati ufficiali al premio Nobel per la letteratura. Ibragimov ha vinto premi in Russia ed è amato dal governo locale. Secondo la nostra corrispondente Majnat Kurbanova è invece del tutto privo di talento. Una gustosa polemica letteraria
Non è la prima volta che Kanta Ibragimov è candidato al Nobel: già nel 2010 il suo romanzo “Il mondo dei bambini” era stato fra i pretendenti al prestigioso riconoscimento. Allora l’evento aveva suscitato grande entusiasmo nella stampa cecena, al punto che alcuni ammiratori particolarmente accaniti avevano confuso la candidatura con la vittoria e già festeggiavano lo scrittore.
Ibragimov ha cominciato a scrivere relativamente tardi, pubblicando a 38 anni, prima dell’inizio della seconda guerra cecena, il suo primo romanzo “Le guerre passate”. Il corposo volume, scritto nella lingua pesante del realismo socialista e con molti intermezzi storici intrecciati alla contemporaneità, era più simile ad uno di quei prolissi articoli dei giornali locali in cui si è soliti pagare a seconda del numero di battute. Ho letto questo libro in una edizione con una rilegatura di lusso che era in bizzarro contrasto con la realtà che mi circondava nell’autunno 1999. Nel mio appartamento distrutto nel centro di Grozny con le finestre rotte e le pareti scheggiate dalle esplosioni, dove i libri di casa finivano a crepitare nella stufa, il libro di quell’autore a me sconosciuto, con la copertina nuova bianca come la neve e decorazioni azzurre, generava un particolare contrasto. Sulla città assediata cadevano bombe quasi ininterrottamente. Anche nel romanzo si parlava di guerre, quelle portate dalla Russia in Cecenia nel corso dei secoli. Ma il romanzo suscitava più che altro incomprensione; l’autore deve aver avuto davvero una bella pazienza per scrivere così tante pagine prive di talento. Il libro, è chiaro, finì anch’esso nella stufa, ma l’auto da fé non aveva nulla a che fare con la qualità del testo: non c’era niente da mettere nella stufa, tutto qui.
Negli anni seguenti, Ibragimov ha pubblicato molti altri romanzi, mostrando una produttività senza pari tra gli altri scrittori ceceni. Ad oggi, è autore di otto romanzi, ciascuno dei quali vanta non meno di seicento pagine e di una quantità di monografie accademiche. Infatti Ibragimov è uomo di scienza oltre che letterato: è un economista. Inoltre, è presidente dell’Unione degli scrittori ceceni e conduttore di una serie di programmi sulla televisione locale, per non parlare della sua fervente attività di blogger e giornalista, nell’ambito della quale è riuscito a giustificare l’erigere in Caucaso di un monumento al generale Ermolov, il più feroce tra i militari russi che nell’Ottocento hanno condotto le campagne militari russe in Caucaso, che non nascondeva l’intenzione di eliminare tutti i ceceni per fare di questa terra, finalmente liberata dai montanari, un affidabile avamposto russo. “Non troverò pace finché rimarrà in vita anche un solo ceceno”, si legge negli appunti di Ermolov. Questo non ha però impedito a Ibragimov, ceceno superstite, di onorare la memoria del generale.
Rimane il dilemma: con tutti questi impegni pubblici, quando trova il tempo per scrivere? Le male lingue affermano che per dare alla luce i suoi romanzi utilizzi i cosiddetti “schiavi letterari”: un fenomeno noto già dai tempi sovietici, quando al posto degli scrittori prediletti dal potere scrivevano, dietro simbolico compenso, talentuosi ma poverissimi studenti delle facoltà letterarie. Verificare la fondatezza di queste voci non è però possibile.
Nel 2010 l’Unione degli scrittori ceceni ha proposto il romanzo di Ibragimov per il Nobel alla letteratura. Con miracoloso tempismo, questa scelta è arrivata poco dopo la nomina dello scrittore a presidente dell’Unione stessa. Al riguardo la stampa occidentale ha scritto che il Comitato per il Nobel riceveva un tale numero di lettere e fax dall’Unione degli scrittori ceceni che, alla fine, aveva dovuto venir meno alla tradizione di non entrare in contatto con gli istituti proponenti i candidati e mandare un fax a conferma della ricezione della proposta. Ed è proprio questo fax che da allora lo scrittore esibisce a prova della candidatura al prestigioso premio.
A questa storia non è difficile credere, se consideriamo che lo stesso Ibragimov ha raccontato, in un’intervista di alcuni anni fa, come ha fatto a vincere il Premio statale russo per la letteratura nel 2004. Secondo lo scrittore, una volta fu ricevuto dall’allora presidente ceceno Ahmad Kadyrov e gli raccontò di come giorno e notte faticasse sui propri romanzi per cantare a tutto il mondo la gloria della sua terra. Nonostante gli sforzi titanici, tuttavia, non aveva ricevuto un solo premio in Russia, cosa senz’altro dovuta alla sua nazionalità. Kadyrov senior gli rispose di non dubitare: la situazione sarebbe cambiata. E in effetti il Premio successivo andò proprio a Ibragimov, che ha poi raccontato questa storia per sottolineare quanto saggio fosse Ahmad Kadyrov e come mantenesse le sue promesse. All’autore è però forse sfuggito che, così facendo, ha praticamente ammesso che il premio gli fu assegnato per una “spintarella” piuttosto che per le qualità letterarie della sua opera.
Ed ecco ora la candidatura del romanzo “Aurora”, pubblicato lo scorso anno da un editore moscovita e incluso nella “lista lunga” dei candidati al Nobel alla letteratura. L’aspetto interessante di questa notizia, grottesca come quasi tutto ciò che riguarda la sfera ufficiale cecena, è che in fondo non è del tutto improbabile che Ibragimov vinca davvero il Nobel, se consideriamo che l’assegnazione del premio è non di rado dettata da considerazioni legate alla congiuntura politica o alla situazione degli autori piuttosto che a valutazioni strettamente letterarie.
Oltretutto, è difficile che i membri del Comitato leggano i libri di Ibragimov in lingua originale e, come è noto, una buona traduzione può trasformare anche la pillola più amara in un gradevole confetto. Anche la biografia è quella giusta: lo scrittore è sopravvissuto alla guerra cecena (pur dalla lontana Mosca, ma perché sottilizzare) e i conflitti etnici e sociali sono da sempre fra i temi preferiti per un Nobel. Infine, da molto tempo il Nobel non va ad uno scrittore russo. A Stoccolma potrebbero decidere di rimediare a questa mancanza proprio quest’anno.