Jovanka Broz a colori

“Jovanka Broz – a colori”, questo il titolo della mostra che è stata inaugurata la settimana scorsa presso la sede di Belgrado della Radio Televisione Serba e che sarà visitabile fino al 30 novembre

12/10/2021, Luciano Panella -

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Belgrado: un uomo mostra delle fotografie di Jovanka Broz nel 2013, all'indomani della sua morte (Nebojsa Markovic/Shutterstock)

Tito e Jovanka, a otto anni dalla morte di lei, e a più di quaranta da quella di lui, continuano a suscitare interesse e curiosità. Personaggi complessi, la cui storia politica e personale, con luci, ombre e misteri, continua ad affascinare. In questi giorni il primo canale della televisione serba trasmette il documentario “Jovanka Broz e i servizi segreti”, e proprio presso la sede della televisione è stata inaugurata una mostra che, oltre alla divisa che Jovanka indossava durante la Seconda guerra mondiale, presenta alcuni suoi abiti indossati tra gli anni ’50 e gli anni ’70, gli anni in cui Jovanka appariva al fianco di Tito sul palcoscenico internazionale, al pari di altre famose first ladies del tempo come Jackie Kennedy e Farah Diba.

Lo stilista Igor Todorović, uno dei curatori della mostra insieme alla stilista e costumista Maja Nedeljković Davidovac, nel presentare la mostra porta l’attenzione non tanto sulla figura controversa di Jovanka, quanto sull’interesse che questa collezione di abiti riveste nell’ambito della storia del costume e sul rapporto che questi abiti storici hanno con il periodo in cui sono stati creati.

L’intero guardaroba conta più di seicento abiti, indossati da Jovanka in occasioni pubbliche, accompagnati da centinaia di scarpe e da altrettante paia di guanti, e in futuro dovrebbe essere ospitato presso il Museo di Arti Applicate di Belgrado. Gli abiti non sono firmati, per cui non è sempre possibile ricondurli ad uno specifico sarto, sia che siano aziende statali, o che siano di importanti case di moda straniere. Sono comunque abiti realizzati in massima parte su misura, con materiali di prima qualità.

Osservando gli abiti di Jovanka, nonostante il passare delle mode, si nota che negli anni il taglio rimane perlopiù invariato: vita segnata e piuttosto alta, maniche corte ma non sottili, scollatura aperta. Un’immagine precisa e identificabile, come la famosa pettinatura con i capelli raccolti in uno chignon. Il punto di forza degli abiti è dato soprattutto dalle stoffe, di grande qualità e comperate molto spesso in Italia. I colori sono brillanti: giallo, rosso, verde, arancione. I modelli sono molto spesso arricchiti da decorazioni e ricami con pietre e perline. Lo stile dei cappelli è prevalentemente il turbante, anche qui declinato in diverse variazioni di materiali e colori.

Rilevante il rapporto della first lady con Aleksandar Joksimović, considerato negli anni ’60 e ’70 lo stilista forse più importante della Jugoslavia; nelle sue collezioni di abiti, tra cui la famosa “Simonida” del 1967, Joksimović aveva preso ispirazione dai motivi decorativi tipici della cultura popolare serba, così come dall’arte bizantina, e questo gli era valso l’attenzione della stampa francese e la proposta di lavorare da Christian Dior, proposta da lui rifiutata. Oltre ad essere cliente di Joksimović, Jovanka lo era anche di altri importanti stilisti del tempo, come l’ungherese Klara Rothschild, e di grandi firme di moda jugoslave come Žuži Jelinek, Mirjana Marić e Mila Kavaloti.

Jovanka diventa cliente di Joksimović a metà degli anni ’60 e lo stilista, scomparso nel marzo di quest’anno a 87 anni, nelle interviste ne ridimensiona un po’ l’immagine di donna amante del lusso: Joksimović ricorda prima di tutto il protocollo internazionale a cui la moglie di un capo di stato doveva attenersi, per cui gli abiti da indossare nelle occasioni pubbliche dovevano seguire delle regole precise, e poi ricorda la predilezione di Jovanka per le aziende e le creazioni “jugoslave” di cui in qualche modo desiderava promuovere l’immagine.

Quale è il messaggio che Jovanka voleva trasmettere con questi abiti? Sia Joksimović che Jelinek, nelle varie interviste rilasciate in passato, ricordavano le difficoltà del settore abbigliamento nella Jugoslavia del dopoguerra, con il paradosso che nonostante la scarsità di materiale, in certi periodi gli abiti confezionati rimanevano invenduti per la loro cattiva qualità. Probabilmente per questo motivo nelle occasioni “nazionali” Jovanka indossava dei modelli più semplici rispetto a quelli che sfoggiava nelle occasioni “internazionali”, in cui la sua eleganza doveva essere alla pari di quella delle altre first ladies occidentali; nelle occasioni pubbliche con i rappresentanti degli altri paesi socialisti, il suo stile sembrava voler sottolineare il ruolo differente della Jugoslavia, lo notiamo chiaramente nella foto di un ricevimento a Mosca negli anni ’50, in cui le poche donne presenti indossano semplici abiti scuri di taglio severo mentre Jovanka risplende letteralmente in un abito chiaro di raso lucido.

La collezione probabilmente è solo una parte del guardaroba originale di Jovanka, quella pubblica, più caratterizzata e ritratta nelle foto ufficiali; resta la curiosità per quello che manca, quello che probabilmente negli anni è stato sottratto, o che forse la stessa Jovanka non avrebbe voluto mettere in mostra.

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