Ivo Andric oggi: quando i ponti non uniscono
Con lo scoppio della guerra nella ex Jugoslavia anche i grandi autori della letteratura, un tempo patrimonio comune, sono stati presi di mira dalle logiche nazionalistiche di divisione. Tra i più noti c’è il premio nobel Ivo Andric
Di Muharem Bazdulj, Vreme, 15 aprile 2005 (tit. orig. Trafike, marke i markice)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Nell’anno in cui si concludeva un secolo dalla nascita di Andric in Bosnia iniziava ad infuriare la guerra. I più inclini alla simbologia potrebbero scovarvi il motivo di un qualche timore e tremore metafisico, specialmente se si tiene conto della scoperta di Miroslav Karaulac, che uno dei titoli delle bozze della Lettera dal 1920 di Andric era Lettera dal 1992. In quelle circostanze infernali non aveva né senso né c’era l’interesse di evocare il centenario della nascita dello scrittore che ha iscritto la Bosnia nella mappa della letteratura mondiale.
Filatelia
Oggi, invece, sono quasi dieci anni da quando la guerra è finita, e la situazione a questo riguardo non è cambiata di molto. Alla metà del mese di marzo, a trenta anni dalla morte di Andric, non si è quasi detto nulla. Alcuni media si sono fatti sentire con adeguati contributi, ma non se ne è parlato molto. Un’eccezione è stata la Travnik di Andric, dove nella casa natia del premio nobel si è svolto un modesto programma culturale in occasione dell’anniversario, nel contesto del quale c’è stata la promozione anche di un’adeguata busta stampata in onore di Andric, nell’edizione della locale società filatelica. A Travnik, fra l’altro, negli ultimi anni la situazione è cambiata in meglio, così, per esempio, il museo della Casa natia di Ivo Andric, dopo più di dieci anni, ha ottenuto di nuovo un custode e nel vero senso della parola ha aperto la porta a tutti i visitatori. Tuttavia non bisogna dimenticare il fatto che a Travnik ancora oggi non esiste una via intitolata ad Ivo Andric. Credo che dovrà scorrere ancora tanta acqua nella Lasva prima che in questa città si inizi in modo solenne ed ufficiale a badare alle opere del suo cittadino più famoso.
200 marchi
A livello della Bosnia ed Erzegovina, le posizioni verso Andric illustrano la situazione schizofrenica in cui si è trovato questo Paese. La pseudo élite culturale bosgnacca e croata generalmente rinuncia ad Andric (perché "odiava i musulmani", cioè perché "nonostante fosse nato croato e cattolico aveva deciso di essere serbo e unitarista jugoslavo"), mentre nella Republika Srpska spesso viene vissuto come un precursore della tanto cara invenzione di una Bosnia intesa come insostenibile Paese dell’odio. La stupidità e il non senso di siffatte percezioni non meritano alcun commento. Però, c’è un caso economico-monetario, che ha portato le cose al posto dovuto (almeno simbolicamente). Cioè, una delle prime mosse della comunità internazionale dopo Dayton fu l’introduzione di una nuova moneta bosniaco-erzegovese. Dopo lunghe e dolorose trattative, fu deciso che ogni entità potesse avere il diritto al proprio design delle banconote, col fatto che tutti i bollati valgono sull’intero territorio della BiH. Entrambe le entità decidono di legittimarsi con gli scrittori: dalla parte bosgnacco croata per esempio Antun Branko Simic e Musa Cazim Catic, e dalla parte serba Filip Visnjic e Jovan Ducic; Entrambi vogliono Mesa Selimovic, mentre Andric lo "prendono" i serbi. Il viso di Andric era previsto per le banconote da un marco convertibile, ma, gli []i di stampa hanno impedito che tale banconota entrasse in corso. Fortunatamente, perché alcuni anni dopo ci fu la necessità di introdurre la banconota di taglio più alto, i 200 marchi, l’unica che sarà "comune". Su di essa (simbolicamente del tutto giustificato!) si è trovato proprio Ivo Andric. E ciò probabilmente sarà l’unico modo per rendere Andric nello stesso modo caro a tutti: una faccia sulla banconota di taglio più alto (poco più di 100 euro). A cosa questa digressione numismatica? Perché essa può suggerire quanto segue: se la Bosnia fosse un paese normale, nella sua cultura l’opera di Ivo Andric sarebbe un forte fattore di coesione. Ma oggi, purtroppo, e così ci insegnano anche i mentori del mondo occidentale, l’unica cosa che ci deve unire è l’economia.
Nuove edizioni
In Croazia però, i colti di destra dividono Andric in "croato" (Ex Ponto, Nemiri) e serbo (tutto il resto). Che qualcosa stia cambiando in meglio potrebbe essere suggerito da alcune nuove edizioni delle opere di Andric pubblicate dalla casa editrice Konzor di Zagabria. Però, la vera cartina di tornasole è stata la decisione dello scorso anno dello "Jutarnji list" di Zagabria di inserire nella sua edizione il XX secolo, fra una trentina di libri, anche Il ponte sulla Drina. La reazione dell’opinione pubblica anche in questo caso è stata un po’ schizofrenica, il libro è stato venduto in circa duecentomila copie, ma alcuni media hanno seriamente pensato che il libro non si dovesse stampare nell’originale, ma tradurlo in lingua croata! E’ passato, però, il tempo in cui le Ferite (Rane) di Dragojevic nella traduzione croata erano diventate le Ferite (Ozljede), per fortuna – aggiungiamo noi. Anche in Bosnia, Andric è ritornato nelle biblioteche di casa grazie ai libri venduti in edicola. All’interno della edizione Biblioteca "Dani" del settimanale sarajevese "Dani", Andric (insieme a Shakespeare) con tre titoli è stato l’autore più pubblicato. Il cortile maledetto(Prokleta avlija), La cronaca di Travnik (Travnicka hronika), La storia dell’elefante del visir e altre storie (Prica o vezirovom slonu i druge price) sono (nuovamente) entrate nelle case di decine di migliaia di bosniaco erzegovesi.
Il problema delle locali politiche culturali nazionali rispetto ad Andric, in realtà è lo stesso problema che mutatis mutandis grava su Kis o Krleza. Loro sono tutti troppo grandi se confrontati con i sistemi odierni, sono tutti irriducibili alla misura della pulizia nazionale, ma si fa di tutto per cercare di mutilarli sul letto di Procuste del campanilismo. In una tale costellazione, qualsiasi viva presenza di Andric sulla scena culturale è più il frutto di alcune azioni individuali e alternative, che quello di una sistematica preoccupazione. Il che forse non è male, ma è comunque triste che ci siano dei Paesi in cui i premi nobel rappresentano l’alternativa.
Biografia di Ivo Andric dal sito nobelprize.org