Ironia, memoria individuale e collettiva
Il documentario in Croazia: l’importanza di dar voce alla memoria collettiva ed individuale, le limitazioni economiche, i cambiamenti sociali. Un’intervista a Vinko Brešan, documentarista croato
Quest’intervista è un estratto della ricerca "Indagine sul settore del documentario nel Mediterraneo" realizzata per la Direzione Marketing della RAI, che ringraziamo per la gentile concessione.
Qual è la situazione del documentario in Croazia?
La situazione oggi è sicuramente migliore rispetto a dieci anni fa, non c’è confronto. Questo è dovuto a diversi fattori, come il cambio generale del clima sociale, la morte di Tudjman nel ’99. Fino agli anni ’90, salvo qualche rara eccezione, il film documentario è stato prodotto solamente dalla radiotelevisione croata. Ad essere sinceri, al tempo i documentari erano molto orientati politicamente. Oggi la situazione è abbastanza buona: a Zagabria abbiamo il rinomato Festival del Film Documentario "ZagrebDox", e tutte le case di produzione realizzano documentari; vorrei citare in particolare Factum di Nenad Puhovski, che ogni anno produce film documentari molto interessanti, impegnati, su temi sociali e politici. Negli ultimi dieci anni due documentari croati sono entrati nella regolare distribuzione cinematografica, registrando davvero un buon successo.
Può dirci quali sono questi film?
Sì, sono "Novo, novo Vrijeme" di Rajko Grlić e Igor Mirković, e "Sretno Djete" di Igor Mirković. E poi altri documentari sono usciti in DVD e hanno riscosso davvero un buon successo nelle videoteche. Quindi posso asserire che questo è un buon momento per il documentario in Croazia.
Qual è il peso del documentario rispetto al cinema e alla TV nazionali? Il documentario è compresso tra cinema e TV?
Questo, sfortunatamente, è un po’ il destino del documentario, non solo in Croazia. Certamente i temi e la drammaturgia di documentari e lungometraggi devono essere adatti al pubblico del cinema. Se questo avviene, come per questi due film, si hanno degli ottimi risultati nei cinema, altrimenti meglio che un film venga trasmesso in TV. Ovviamente, non ci si può aspettare che tutti i documentari riscuotano lo stesso successo, perché non sono tutti dello stesso livello, e anche se sono film di qualità, non sempre affrontano temi interessanti o hanno l’impostazione drammaturgica adatta per essere proiettati al cinema. Di fatto, il numero di film documentari presenti nelle sale non dice niente sulla loro qualità.
Chi è il principale committente di documentari?
Il primo committente è la televisione, perché ha bisogno di programmi documentaristici. Il secondo committente è il Centro audiovisivo croato, che ha un concorso attraverso il quale lo Stato finanzia i film documentari. Poi ci sono i produttori indipendenti.
Esistono coproduzioni, e con quali paesi?
Si fanno poche coproduzioni perché i temi in genere sono di carattere nazionale, ad esempio problemi politici, sociali…così, se si parla di problematiche croate, i produttori di Bosnia Erzegovina non hanno alcun interesse ad entrarvi. E i documentari sono più economici dei film di fiction, quindi non è strettamente necessario trovare una coproduzione, a meno che una parte delle riprese non debba essere fatta in altri paesi, ad esempio in Bosnia Erzegovina, Austria, Germania, Slovenia, Serbia…
Quali sono i canali di distribuzione in Croazia?
Sfortunatamente in Croazia non abbiamo una rete di distribuzione, figuriamoci per i documentari. Per quanto riguarda i lungometraggi e documentari, ci sono i DVD, quindi le videoteche e i cinema. In parte, anche i cinema dei paesi vicini: esiste un mercato naturale in Bosnia Erzegovina, in Serbia e in Slovenia, dove non serve sottotitolazione.
Per quanto riguarda medio e cortometraggi, vengono mostrati in televisione oppure girano per i festival. In televisione devono durare almeno 30 minuti, normalmente 45. In un documentario televisivo di 45-50 minuti si deve entrare in modo più "popolare" nell’argomento, diciamo, mostrando una visione più "artistica" di un problema. E l’autore si deve adattare, così hanno stabilito i media.
E per i cortometraggi?
La sopravvivenza del cortometraggio è in questione. Siamo sinceri: questa è una forma che si sta estinguendo, che resta in vita grazie ai festival, anche in Bosnia Erzegovina, Serbia e Slovenia. Per il mercato non hanno motivo di restare in vita: i cortometraggi sono troppo corti per la TV, troppo corti per il cinema, troppo corti per la distribuzione in DVD. Resta la motivazione artistica di questo genere cinematografico. E non penso solo ai documentari, ma al cortometraggio in generale, perché se non ci fossero i festival di Cannes, Berlino e Venezia, che dedicano una sezione al cortometraggio, ci potremmo chiedere perché lo facciamo.
E per quanto riguarda la distribuzione fuori dalla Regione, in America e in Europa?
In America la questione è molto delicata. Per quanto riguarda i film croati, dagli anni ’90 ad oggi solamente due sono riusciti ad entrare nella rete distributiva di DVD in USA. Per l’Europa, so che alcuni film croati sono entrati nella rete di distribuzione di qualche paese, ma non ho i dati relativi al settore del documentario.
Anche in Croazia, come in Italia, le emittenti accusano i produttori indipendenti e i registi di documentari di essere eccessivamente autoreferenziali, lontani dalle esigenze del pubblico? E i produttori indipendenti e i registi accusano le emittenti di investire troppo poco sul documentario e di osare ancor meno, sia a livello di budget sia a livello di politiche di palinsesto?
Questo è un dato di fatto, è ciò che dice sempre Nenad Puhovski, regista di film e documentari e fondatore di Factum la più grande realtà in Croazia di produzione di documentari: dal 1996 ha prodotto una cinquantina di documentari. Da 10-12 anni la Factum realizza documentari davvero interessanti, socialmente impegnati, però a quanto ne so io, finora la TV croata HTV non ne ha mostrato nemmeno uno – forse uno, ma si è trattato di una trasmissione problematica. Il problema è che la TV nazionale ha budget troppo bassi per potersi permettere documentari di una determinata qualità, ma sono gli autori a scegliere se lavorare con la televisione o con la casa di produzione, che offre condizioni decisamente migliori.
Qual è in generale il grado di libertà creativa per un documentarista?
Per quanto riguarda la produzione indipendente, direi che c’è piena libertà. Factum rappresenta il miglior esempio: al tempo di Tudjman ha lavorato molto liberamente, realizzando dei documentari veramente coraggiosi, che sono stati ignorati e non sono stati mostrati in TV. Nemmeno oggi passano sui teleschermi. Nessuno può impedire a un produttore di fare le sue riprese: semplicemente, i lavori "scomodi" vengono ignorati.
Secondo lei, i documentari hanno un ruolo sociale e culturale in Croazia?
Sì, lungometraggi e documentari hanno un ruolo culturale, perché sono stati visti da molte persone. Non si può parlare di ruolo culturale se un film è proiettato soltanto davanti al pubblico di un festival, un numero troppo ristretto. Vi porto un esempio. Soltanto un film prodotto da Factum è stato trasmesso in tv, "Oluja nad Krajinom", diretto da Božidar Knežević e che racconta della violenza perpetrata su civili serbi durante l’ingresso nella zona della Krajina dell’esercito militare croato nell’estate del ’95. Ha creato qualche problema alla trasmissione, sollevando una bufera che è durata due mesi, se non di più. La gente ne parla ancora oggi. Tutto questo perché è stato trasmesso in TV. Tutti gli altri film che io ho visto, più coraggiosi e più aperti, sempre di Factum, dal momento che non sono andati in TV, non hanno avuto lo stesso impatto culturale.
Qual è la sua definizione di documentario?
A mio avviso, ogni film vorrebbe essere un documentario e il documentario vorrebbe essere un film. In altre parole, ogni film ambisce alla verità di un documentario, e ogni documentario ambisce alla tensione di un film.
Quali attributi meglio definiscono il documentario in Croazia? Esiste un "carattere nazionale" del documentario?
La cinematografia croata, sia per quanto riguarda i film che i documentari, è composta da un gruppo abbastanza eterogeneo, con preoccupazioni diverse, così che è difficile dare una unica definizione, non esiste una "direzione" del documentario croato. Forse qualche teorico, semiotico o simili, guardando tutti i documentari, potrebbe scoprire che esiste nel subconscio di questi autori, ma non ne sono consapevoli.
Quali attributi invece meglio definiscono il documentario "mediterraneo"? Esiste un "carattere mediterraneo" dei documentari?
Il carattere mediterraneo del documentario è da ricercarsi nell’autore. Io sono di Šibenik, e in qualità di documentarista, ciò che prenderei in considerazione è il senso dell’umorismo. Nel documentario si trovano elementi propri dell’umorismo e della realtà che ci circonda. Questo è l’elemento che secondo me caratterizza il documentarista mediterraneo: le popolazioni che abitano il Mediterraneo sono spiritose, sanno prendere in giro. Questo è ciò che io ritengo vero documentario mediterraneo.
Il tema della memoria individuale o collettiva è molto presente?
Tutti i documentari e i lungometraggi realizzati in Croazia sono proprio incentrati sul tema della memoria individuale e collettiva. "Sretno Dijete", ad esempio, parla dello sviluppo del rock’n roll a Zagabria negli anni ’80. Io ho realizzato un documentario sulla Festa dell’indipendenza di Radio 101, "Dan Nezavisnosti", sulla grande manifestazione nella Piazza Ban Jelačić di Zagabria contro la decisione del governo di togliere la concessione della frequenza a Radio 101, l’unica grande protesta avvenuta negli anni ’90 in Croazia. Questa è memoria collettiva.
C’è interesse per le tematiche mediterranee o per la circolazione di opere mediterranee?
Circolano nei festival, ma non altrove. Non credo che in Italia circolino documentari croati, mi sorprenderebbe. Si tratta di un problema europeo, è molto difficile che i documentari dell’Europa dell’Est entrino nei circuiti stranieri, a meno che non abbiano vinto un Oscar o una Palma d’oro. E’ un dato di fatto.
Dato che abbiamo nominato l’Ue: quanto è attratto il mondo dell’audiovisivo dal dibattito sulle relazioni tra i paesi del mediterraneo e dalle politiche volte alla costruzione di un unione mediterranea?
Credo che in questo momento la Croazia abbia problemi molto più seri che possono essere trattati in un documentario rispetto al futuro dell’Unione mediterranea. I documentaristi si occupano di problemi che colpiscono seriamente il paese, credo che questa invece sia più una questione politica.