Ippocastani e fioriture letterarie in una Kyiv che resiste

Sottoposta a pesanti bombardamenti dall’invasore russo, Kyiv continua a resistere anche attraverso l’arma della cultura: parte domani la fiera internazionale del libro ucraino, con un focus sulla traduzione e un programma ricco di ospiti ucraini ed internazionali

28/05/2025, Claudia Bettiol - Kyiv

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Cartelloni dell'evento Knyžkovyj Arsenal, Kiyv, Ucraina (foto C. Bettiol)

In mezzo ai magnifici ippocastani in fiore, simbolo della capitale e che ritroviamo ovunque, dai rilievi sulle facciate degli imponenti edifici del centro storico alle pagine di letteratura, Kyiv è arrivata ai suoi 1543 anni.

Fondata intorno al 482 d.C. da tre fratelli Kyj (da cui prende il nome), Šček e Choryv e dalla loro sorella Lybid’, la città ha quest’anno celebrato un compleanno all’insegna di notti insonni, purtroppo non causate da festeggiamenti e bagordi vari, ma dagli attacchi incessanti dell’invasore russo.

I bombardamenti russi si sono intensificati lo scorso aprile, durante e dopo i primi incontri per i cosiddetti “negoziati di pace” organizzati dal presidente statunitense Donald Trump, il quale voleva mettere la parola “fine” a questa guerra e che, tuttavia, si sono rivelati un grande buco nell’acqua: il cessate il fuoco non s’ha da fare.

Prendendo di mira i civili e senza alcun obiettivo militare concreto, se non quello di radere al suolo il paese, Mosca ha infatti ricominciato a colpire dall’alto diverse città ucraine. A est, Sumy e Charkiv, entrambe a pochi chilometri dalla linea del fronte, sono giorno e notte sotto il fuoco di droni e bombe a grappolo, mentre al di qua del fiume Dnipro è la tanto odiata capitale a essere presa di mira, dove i russi cercano il più possibile di anestetizzare le forze armate della contraerea che la proteggono e difendono.

Da aprile a maggio 2025, la Russia ha lanciato oltre 3.000 missili, droni e bombe sull’Ucraina, uccidendo quasi 150 civili. Solo lo scorso 25 maggio ha colpito oltre 22 località con un attacco combinato di quasi 300 droni e 70 missili.

Nonostante le ostilità, tra il 23 e il 25 maggio è avvenuto un significativo scambio di prigionieri tra Ucraina e Russia nella regione di Černihiv, al confine con la Belarus’, con oltre 1.000 detenuti liberati da entrambe le parti, frutto dei colloqui tenutisi a Istanbul, in Turchia, lo scorso 16 maggio.

Tuttavia, la guerra è ormai una costante nella vita quotidiana degli ucraini e la parola “pace” sembra non solo essere pronunciata a vanvera, ma anche aver perso ogni significato.

“Everything is Translation”: perché la cultura non si ferma

Malgrado la stanchezza che i cittadini, all’apparenza invincibili ma frammentati dentro, si trascinano dietro da tre anni, il paese continua imperterrito nella sua opera di resistenza; e lo fa anche e soprattutto attraverso l’arma della cultura.

Dal 29 maggio al 1° giugno torna in pompa magna e con un programma bello ricco il Book Arsenal (Knyžkovyj Arsenal), la fiera internazionale del libro ucraino, uno degli eventi letterari e culturali più importanti del paese che si tiene ogni anno nella capitale, nella sede del vecchio arsenale che sta dirimpetto al complesso della Pečerska Lavra.

La fiera combina letteratura, arte e discussioni intellettuali, attirando scrittori, editori e amanti dei libri. Accoglie sia autori ucraini che stranieri, con una forte attenzione alla scrittura contemporanea e alle traduzioni.

Il tema centrale di questa 13°edizione ha proprio il focus sulla traduzione. “Tutto è traduzione” (Vse miž nami pereklad) è il titolo di una parte del festival curata dalla storica americana Marci Shore e dalla scrittrice e giornalista ucraina Oksana Forostyna, che esplorerà il concetto di traduzione non solo in senso linguistico, ma anche come metafora di comprensione interculturale, dialogo e resilienza in tempi di guerra. L’obiettivo primo è di colmare le lacune tra lingua, guerra e identità.

“Leggere in tempo di guerra è diventato davvero un gesto di coraggio, un gesto di libertà, un gesto di liberazione, un gesto di emancipazione, un gesto di sollievo”: la curatrice Iryna Slavinska presenta così il Book Arsenal, perché “leggere è un atto di resilienza e di soggettività. Il libro è la nostra difesa, il nostro arsenale”.

Autrici e autori contemporanei ucraini proveranno a raccontare la letteratura in tempi di guerra da punti di vista diversi: ci saranno alcune voci femminili dal fronte, come quelle della poetessa Iya Kiva, di Yaryna Čornohuz e di Kateryna Zarembo – il cui libro Il Donbas è Ucraina  è stato tradotto in italiano da Yaryna Grusha per Linkiesta Books nel 2023; impressioni e narrazioni a partire dai reportage documentati sul campo, come quelli del poeta e giornalista reporter Myroslav Laiuk ; la scoperta profonda del mondo tataro e dei prigionieri politici del Cremlino, narrati dall’antropologa Olesja Jaremčuk , autrice di Mosaico Ucraina, e dallo stesso ex-detenuto Nariman Celâl .

Sarà presente anche l’ex ministro per gli Affari Esteri Dmytro Kuleba, che parlerà di cucina e diplomazia a partire dal libro Diplomatic Cuisine: Behind the Scenes of World Politics, di cui è co-autore.

Tra gli ospiti di spicco internazionali, invece, saranno presenti otto illustri professionisti provenienti da Georgia, Estonia, Italia (Carlo Gallucci Editore ), Polonia, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia e Svezia. In particolare, lo scrittore francese Emmanuel Carrère , insieme a diversi colleghi ucraini, interverrà per discutere del potente ruolo del giornalismo di guerra, mentre il giornalista britannico Peter Pomerantsev della guerra di informazione , in dialogo con la direttrice editoriale del Kyiv Independent Olga Rudenko.

Questo festival, non solo celebra la letteratura, ma funge anche da piattaforma per il dialogo internazionale, la solidarietà e la promozione della libertà di espressione. Attraverso la sua programmazione, il Book Arsenal dimostra come la cultura possa essere un potente strumento di resistenza e coesione sociale.

Anche l’arte, in tutto questo, ha un ruolo importante. E se alla fiera del libro di Kyiv ci sarà una sezione tutta dedicata all’illustrazione con il collettivo Pictoric (Maria Haiduk è stata premiata di recente alla 62° edizione della Book Children’s Fair di Bologna), allora ci si sposta alla 19° Biennale di Architettura di Venezia per una potente riflessione sull’architettura vernacolare e la resilienza in tempi di guerra. È il padiglione ucraino intitolato proprio Dakh: Vernacular Hardcore a esplorare il concetto di “tetto” (dach in lingua ucraina) come simbolo di rifugio, vulnerabilità e resistenza.

Pensando alla resistenza, i curatori hanno deciso di onorare la memoria della loro amica e collega artista Marharyta Polovinko , uccisa al fronte lo scorso 5 aprile mentre prestava servizio come paramedica per l’esercito ucraino. Nata a Kryvyi Rih nel 1994, Polovinko era una figura emergente dell’arte contemporanea ucraina, nota per le sue opere intense e viscerali che riflettevano le esperienze del conflitto in corso. La sua commemorazione alla Biennale sottolinea l’importanza della cultura e dell’arte come forme di resistenza e testimonianza.

Infine, sempre a Kyiv, dal 6 al 13 giugno si terrà la 22° edizione del DocuDays , festival internazionale dedicato al cinema documentario sui diritti umani, che propone ogni anno film, dibattiti e impegno civico. Il tema di quest’anno, An Impulse to Act!, riflette l’impegno dell’evento a ispirare la responsabilità civica e il cambiamento sociale proprio attraverso il grande schermo.

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