Intervista con Zlatko Dizdarevic
L’ex giornalista del sarajevese Oslobodjenje e caporedattore responsabile del settimanale Svijet, ex ambasciatore della Bosnia ed Erzegovina in Croazia, tra i migliori conoscitori della situazione relativa all’Unione europea, racconta a Dani le catastrofiche decisioni di Bruxelles sulla BiH
Di Senad Pecanin, 7 ottobre 2005, www.bhdani.com DANI (tit. orig. Nama Evropa ne odgovara)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Dani: Stamattina andando al lavoro mi hai detto che stavi pensando ad un titolo giornalistico dopo la decisione di Bruxelles di ieri sera, e che il più adeguato ti è sembrato: "La catastrofe che non riguarda nessuno". Perché?
Dizdarevic: Innanzitutto: si tratta veramente di una catastrofe e solo chi è un analfabeta politico, incolto e non informato, non ha idea di cosa si tratti, non vede che si tratta di inchiodare definitivamente la Bosnia ed Erzegovina al fondo di una "fossa settica" dalla quale non so come potremo uscirne fuori. Secondo, credo che stamattina su questo territorio – quando lo dico, considero il territorio che oggi in modo eufemistico viene chiamato regione – non esista nessuno almeno un po’ serio che parli delle decisioni di ieri a Bruxelles, cioè a Lussemburgo, dove è accaduto di tutto. Tranne che da noi. Ho passato la mattina al Ministero degli affari esterni, dove ho incontrato decine di persone con le quali ho parlato del tempo, del freddo, dove si è trascorso il week end, cosa succede in giro, ma si posso contare sulle dita di una mano quelli che si sono interessati a quello che è in modo assoluto il dramma odierno della BiH. Dalla gente che incontro – e mi rendo conto di vivere in un cerchio ristretto e isolato, non significativo per il quadro della realtà della BiH – mi aspetterei proprio delle reazioni, ma mi è capitato che la metà di loro non sapesse neanche cos’era successo domenica, figurati se ne discutono. Da una parte abbiamo qualcosa che assolutamente rappresenta una sconfitta in senso destinale, in senso politico, sociale, economico e in qualsiasi altro senso, e dall’altra parte abbiamo la conferma che abbiamo commesso un’eutanasia mentale. Come se non esistessimo più come fattore pensante, come rilevante forza politica in grado di pensare la propria situazione in un qualsiasi modo costruttivo. E quindi, per me il problema minore è che in senso tecnico la decisione di ieri a Lussemburgo sia stata quella che è, e dopo tutto era l’unica cosa logica che ci si poteva aspettare. Fa parte della realtà politica, ma la cosa peggiore è che siamo arrivati ad una situazione in cui una simile decisione non ci riguarda più. In qualsiasi stato un tantino decente, il governo, o qualsiasi altra struttura politica rilevante che è al potere, che avesse posto in modo deciso come obiettivo due cose – la Partnership per la pace e lo status di stabilizzazione e associazione per il processo di avvicinamento alla UE, come nel nostro caso – dopo il NO di ieri su entrambe le questioni, considererebbe come una questione di elementare educazione politica dire: noi ci siamo imposti due obiettivi e non li abbiamo raggiunti, ora bisogna lasciare il posto agli altri. Devo aggiungere: tre anni fa questi due obiettivi non sembravano così irreali e così lontani.
Dani: Cosa significa il fatto che tre anni fa la BiH era nel Consiglio d’Europa, e la SM (Serbia e Montenegro, ndt.) non lo era, mentre oggi loro iniziano a fare le trattative sulla stabilizzazione, e la BiH rimane l’unico paese nella regione dove non c’è nessun rapporto istituzionale o qualsiasi altro rapporto con l’UE?
Dizdarevic: Esistono due cose. La prima: perché la SM è stata accettata? Si tratta di una brutale realtà politica che fino ad oggi doveva essere chiarissima a tutti: perché l’Europa e le sue strutture politiche guardano la Serbia in modo diverso di come guardano noi. Si tratta di cose che chiunque si occupi di politica a livello di scuola elementare, deve sapere: la politica estera europea è spesso sotto la forte influenza dei vecchi dogmi politici britannici costruiti sulla prospettiva dei colonizzatori rispetto agli stati colonizzati. Tale logica, in modo molto preciso, afferma che nella regione dove ci sono più tribù piccole, il partner dei colonizzatori è la tribù più grande e più forte. Qui non c’entra niente l’amore, ma esclusivamente gli interessi. E’ un dogma che si è mantenuto fino ad oggi giorno. Una politica che non prende in considerazione tale fatto e non posiziona se stessa e la sua situazione in rapporto con tale fatto è amatoriale. Dalla gente che guida questo stato e si occupa della politica estera ci si aspetta che lo sappiano. Altra cosa è chiedersi se tutto ciò è onesto, dove è la giustizia, cosa succede con la vittima e col criminale ecc. Tali categorie in questa politica non esistono proprio. Credo che negli ultimi quindici anni lo abbiamo imparato. E quindi, è totalmente stupido essere stupiti perché l’Europa fra la SM e gli altri, nella regione preferisce la SM. Per favore, un diplomatico britannico altamente posizionato tanto tempo fa mi disse in modo "amichevole" che dobbiamo capire che fra 10 o 11 milioni di cittadini della SM frustrati, non soddisfatti e rabbiosi da una parte, e tre milioni di cittadini della BiH frustrati e rabbiosi, loro preferiscono che siano frustrati i tre milioni, piuttosto che quegli 11 milioni. Durante la guerra, al generale Rose, nell’inverno ’92/ ’93, quando la situazione era catastrofica, in una occasione dissi in modo un po’ patetico e ingenuo: "Le viene mai in mente che, se questa guerra finisce senza una briciola di giustizia, domani avrete decine di ragazzi bosniaci nelle capitali europee che faranno casino?" Mi ha risposto freddamente: "Sì, signor Dizdarevic, è vero, è orribile che domani avremo decine di ragazzi bosniaci che faranno casino nelle capitali europee, ma sa cosa c’è di peggio? Il peggio è avere centinaia di ragazzi serbi che faranno casino." Il continuo tornare sulla questione come è possibile che la SM abbia ottenuto lo status di associazione e noi no, è una domanda che deriva dalla completa assenza di realtà politica. Fra altro, la domanda chiave per noi non è perché loro l’hanno avuto, ma perché noi non l’abbiamo avuto.
Dani: Stai forse parlando del fatalismo che dice che non abbiamo possibilità, che…
Dizdarevic: No, affatto. Voglio soltanto dire che possiamo opporci ad una tale realtà soltanto con le nostre forze, l’intellighenzia, l’istruzione e la conoscenza. Con qualcosa che si chiama atteggiamento competente e con risultati che non possono essere negati. E’ come la conversazione fra due amici dopo la famosa partita fra noi e gli spagnoli quando gli spagnoli nel 107-imo minuto hanno pareggiato, e uno dice:"Dio santo, se non avessero fatto questo goal, avremmo giocato altri 20 minuti. " E l’altro risponde: "Sì, ma se noi avessimo fatto il secondo goal, questa conversazione sarebbe stata completamente inutile." E quindi, mi aspetto dal nostro governo, da questo stato, dalle persone che sono pagate per fare questo lavoro, che hanno avuto il mandato alle elezioni, che facciano il secondo goal. E noi, nei tre anni passati, abbiamo avuto dieci volte la possibilità di fare anche il goal di rigore. E non l’abbiamo fatto. Questa è la questione cruciale. Inoltre il governo ha fatto di tutto per eliminare completamente i vantaggi in base ai quali avrebbe potuto realizzare il risultato: hanno eliminato l’intellighenzia, hanno eliminato il sapere, hanno eliminato l’opinione pubblica. E’ questa la realtà. Adesso arriva la domande chiave: perché l’hanno fatto? L’hanno fatto solo perché non sanno oppure c’è spazio anche per un pensiero totalmente fatalistico: in realtà a chi nell’attuale struttura di governo della BiH sta bene Europa? L’Europa significa standard. Lo standard europeo significa la legge, significa l’ordine, significa rapporti nei quali si sa chi può fare e chi non può fare qualcosa. In questi standard non c’è "chi ha preso qualcosa – l’ha preso", non c’è la legalizzazione della pulizia etnica, non esiste che uno studente delle superiori con un diploma comprato possa dirigere un altro che ha fatto il dottorato ad un’università di prestigio… Di cosa parliamo quando si tratta dell’ostruzionismo che in questi giorni sta avvenendo nella RS? Come nel processo di indagine qualsiasi investigatore intelligente per primo si interroga sul movente dell’omicidio, usate questa logica per vedere qual è il motivo per quello che succede là? Cosa si ottiene e cosa si perde nella struttura politica che oggi distrugge la possibilità che la BiH possa entrare in Europa.
Dani: Dai, fai quest’analisi, per favore.
Dizdarevic: E’ molto semplice. Se la BiH entrasse nel processo d’integrazione europea, naturalmente, sarebbe obbligata sin dal primo giorno ad iniziare l’adeguamento agli standard europei di cui ho detto prima. E, per favore, guardate perché sempre, qua da noi, le stesse strutture politiche non permettono di firmare l’accordo sulla proprietà dei beni con la Croazia: ho il diritto di parlare di questo perché me ne sono occupato direttamente per quattro anni. Semplicemente perché in questo accordo c’è scritto che tutti devono restituire all’altra parte ciò che è stato rubato. Inoltre c’è scritto che bisogna formare gruppi di lavoro in grado di accertare dove è sparito ciò che è stato rubato, messo all’asta, venduto, rivenduto… Con la realizzazione di quella cosa che è lo standard europeo, cioè la firma dell’accordo internazionale, entriamo nel processo che presto porterà al nome e cognome di chi ha rubato, ma oggi costui è nella posizione politica che gli permette di bloccare l’accordo internazionale proprio per fare in modo di non arrivare al suo nome per quel furto. Per questo oggi in BiH si propone che tutto ciò che è stato rubato rimanga là dov’è. Come principio giuridico, siamo al Medioevo. E noi con la promozione di tali principi apparentemente vogliamo entrare in Europa. Le cose sono semplici, ma qua non se ne discute perché l’opinione pubblica ha subito l’eutanasia. È stata eliminata. Guardate il caso di questa classica segregazione e, se volete, il classico razzismo nelle scuole. Ma a tale riguardo non si sentono né i cosiddetti intellettuali, né lo stato né le comunità religiose, che hanno la bocca piena di convivenza, tolleranza, autenticità e amore, né gli studenti… Dopo Lussemburgo, noi sui media ci occupiamo della Croazia, della Turchia e della Serbia, e di dove siamo noi in tutto ciò, soltanto qualche parola. Pertanto, la conclusione è tragica e dolorosa: nella situazione in cui ci troviamo oggi, non ci meritavamo niente altro.
Dani: Conosci bene la situazione in Croazia: cosa significa per loro la decisione di Bruxelles?
Dizdarevic: Significa che fra cinque anni, con molti strappi e molti sforzi, avranno 15.000 dollari pro capite e saranno lontanissimi da noi. Tutto il resto sono stupidaggini. Significa anche che con questo hanno avuto un’arma potente per affrontare la propria destra che ha iniziato ad alzare la testa e apparire sulla scena sociale. Credo che l’UE abbia fatto una mossa eccezionale nell’interrompere una tale agonia, fornendogli una data, e credo che tutto ciò sia qualcosa che pone la continuazione del viaggio di questo paese in una direzione tale che fra tre quattro anni si concluderà nella vita comune in Europa. Li invidieremo per tale comodità, gettando sguardi gelosi, ma anche furiosi, dall’altra parte dell’ampia frontiera dell’UE.
Dani: C’è chi si domanda, pensando alla non consegna del generale Gotovina, se la UE con l’apertura delle trattative non abbia dato un cattivo segnale alla Croazia e alla Serbia.
Dizdarevic: Credo che questa, nel crudele contesto delle cose e della politica, sia la questione meno importante. La stessa Carla Del Ponte fino a sette giorni fa diceva che non c’è verso di iniziare le trattative finché Gotovina non sarà all’Aia: le trattative sono iniziate e lui non è all’Aia. Dunque, tutto ciò fa parte della tattica e non della strategia. Credo persino che Gotovina sarà portato più facilmente all’Aia da uno stato che ha avviato le trattative e sarà costretto ad adeguare i propri standard all’Europa, che dalla posizione in cui erano fino a ieri. Come il fatto che la riforma della polizia, una delle riforme non soddisfatte, di per sé non è il motivo per cui noi non siamo entrati nel processo, piuttosto il motivo è che l’UE, sull’esempio della polizia, vede che non abbiamo un’autentica struttura politica, che qua non esiste autenticità della politica, non abbiamo uno stato istituzionale, e che per mantenere il potere ad ogni costo non abbiamo nemmeno voglia di fare questo. Questo è l’importante. La stessa riforma della polizia sarebbe stata conclusa in sette giorni se fosse esistita una qualsiasi delle cose che nominato. Perdiamo tempo per la riforma, e quindi non vogliamo dire ciò che è sostanziale: di per sé non è importante dove sarà collocato il tal poliziotto, ma è importante che la RS, sul caso della riforma della polizia, faccia la battaglia per la limitazione del potere. Perché hanno accettato la riforma dell’esercito? Ma perché l’esercito è quello strumento che in guerra serve per difendere il territorio. Ma le guerre, data la NATO, non ci saranno più e l’esercito perde il suo senso principale. Il controllo su "chi ha rubato" rimane alla polizia ed essa deve difendere il territorio di quel potere, quel terreno sequestrato, ad ogni costo. Togliere il MUP (Ministero dell’interno, ndt.) locale, che è a capo di questa polizia intesa come garante del potere sul terreno, per loro è impensabile.
Dani: In che modo allora bisogna vedere le minacce di Paddy Ashdown, secondo le quali solo una parte del paese rimarrà isolata?
Dizdarevic: Se vogliamo essere uno stato, allora non può rimanere una parte sola. Può soltanto l’intero paese. Noi, però, non siamo Cipro. E’ del tutto chiaro. Ma la drammatica verità di tutto ciò è che l’Europa non si accorgerà nemmeno di ciò che sta accadendo da noi. Ed è un’enorme illusione credere che là qualcuno batterà il pugno sul tavolo e dirà: andiamo a sistemare le cose in BiH. In parole povere, l’unica cosa che interessa sia l’America sia l’Europa, e che per loro è la misura delle cose per questi territori, è che qua non si spari. Oggi, per loro questa è Disneyland, viaggiamo liberamente a Banja Luka, a Mostar, non ci stiamo ammazzando troppo, addirittura facciamo del commercio, ecc. Loro non entreranno nei nostri affari interni. E sono pronti a lasciarci in isolamento. E ciò significa: economico, di investimenti, dei visti, di tutto quello che vuoi, in un modo che qua creerà – ed è ciò che temo di più – un lungo letargo, politico, sociale e mentale, in cui tutto si protrarrà all’infinito.
Dani: Non è già iniziato?
Dizdarevic: Sì, ma fino adesso ci teneva su la speranza che siamo parte del processo. Dopo di questo…
La Turchia nell’UE
Dani: Cosa significa la contrarietà dell’Austria all’inizio delle trattative sulla membership della Turchia?
Dizdarevic: L’Austria non è membro della NATO, sicché questo aspetto, che d’altra parte è molto importante per la "questione turca", per loro è stato meno vincolante. L’Austria non ha alcun obbligo su tale questione, così che si sono potuti permettere di lasciarsi andare ad alcune passioni, emozioni, percezioni negative dell’islam, in modo diverso di come gli altri sono stati costretti fare. La seconda cosa è che l’Austria, ovviamente, per il suo atteggiamento ha avuto il sostegno di alcuni membri dell’Unione, solo che questi paesi non l’hanno espresso per educazione politica, per le promesse fatte in precedenza, per calcoli sul proprio conto ecc. Se non fosse stata l’Austria, sarebbe stato qualcun altro. L’Austria era quella più adeguata. Non credo che la Turchia entrerà presto nell’UE, mi sembra simile ad uno scenario che dice: inizieremo le trattative, ma esse dureranno dieci-quindici anni. Ma la cosa importante, e a noi ritorna come un boomerang, è che l’Europa, nonostante quelle faticose sedute, conflitti interni, tira e molla e calcoli ha scelto comunque qualcosa di positivo per lei e che è sulla via del modernismo politico, dell’europeismo cosmopolita. Alla fin fine, il loro interesse è un mercato di 80 milioni di abitanti, l’interesse è lo spazio che si affaccia sull’Oriente. Dunque, l’Europa è riuscita in modo razionale e pragmatico, fra gli interessi da una parte e i complessi rispetto all’islam o comunque rispetto alla diversità, a scegliere il primo. Non è stata una cosa facile per loro. Noi, ecco, abbiamo scelto un "concetto" completamente diverso, che l’Europa, semplicemente, non può accettare. E non lo farà.
Dani: In questo contesto, come vedi i messaggi dell’Alto rappresentante riguardo ciò?
Dizdarevic La parte integrante del cinismo generale di cui qui si parla è che Ashdown continuamente si oppone ai leader della RS che ostruiscono il processo: "Se non firmate, non entrerete in Europa." Se non fosse noioso, sarebbe divertente. Non posso credere che lui, in tre anni che è qua, non abbia capito che loro non vogliono entrare in Europa. Che questo è il loro progetto politico!