Integrazione e scuola: il caso della Croazia

12/10/2001, Redazione -

Il Croazia il termine integrazione scolastica può essere inteso in due differenti maniere. La prima, in parte comune alla situazione del sistema scolastico in tutte le ex repubbliche Jugoslave, riguarda l’integrazione nelle scuole di bambini e ragazzi con difficoltà nello sviluppo fisico e mentale ed è legata all’esistenza delle "scuole speciali" che si trascinano come pesante eredità del passato jugoslavo. La seconda riguarda invece l’integrazione nelle scuole degli appartenenti alle minoranze etniche che significa, per quanto riguarda la Croazia, in modo specifico integrazione della comunità serba (e questo vale in particolar modo per le zone dove si sta verificando il ritorno dei profughi).
L’integrazione a scuola dei bambini portatori di handicap, fisico o mentale, è regolata da una legge sulle scuole elementari approvata dal Sabor, parlamento, negli ultimi anni settanta. La legge aveva tentato di attenuare la segregazione dei ragazzini portatori di handicap favorendo una loro parziale integrazione in scuole normali. Chi si trovava ad affrontare le difficoltà più gravi che impedivano, a detta degli esperti, una vita normale ed educazione standardizzata, avrebbe continuato a frequentare scuole ed istituti speciali, gli altri invece sarebbero stati integrati in scuole normali. Questo ha avuto solo un parziale successo. Il limite più grosso è stato la mancanza di una formazione psico-pedagogica adeguata degli insegnanti, necessaria per lavorare con questa parte della popolazione scolastica che può essere integrata solo tramite molta pazienza e molto lavoro.
La situazione attuale sta però migliorando ed evolvendo al meglio (grazie soprattutto all’aggiornamento delle competenze degli insegnanti delle scuole materne ed elementari su queste tematiche). Questo avviene più nelle città più grandi della Croazia, ad esempio Zagabria, Fiume, Spalato ed in alcune città di medie dimensioni come Cakovec, che non in altre zone del Paese.
Anche per quanto riguarda i bambini affetti dalle difficoltà più gravi vi è una campagna di "inclusione". A partire dalla loro stessa famiglia. Sempre più spesso infatti risiedono presso le proprie famiglie e frequentano scuole ed istituti speciali solo durante la giornata.
La questione riguardante l’integrazione della popolazione scolastica appartenente alla comunità serba è ancora più complessa. Vi sono attualmente due programmi in corso per favorirla.
Il primo riguarda esclusivamente le zone della Slavonia orientale ed occidentale che appartenevano durante gli anni del conflitto all’autoproclamata Repubblica Serba delle Kraijne.
Qui è possibile seguire scuole dove l’insegnamento viene fatto in lingua serba utilizzando l’alfabeto cirillico. Quello in caratteri latini viene inserito solo al terzo anno e come alfabeto secondario. Circa 5.000 ragazzi frequentano questo tipo di programmi (cioè circa la metà dei bambini e ragazzi serbi che abitano quelle zone) che sono previsti per le scuole elementari (otto anni) e le scuole medie superiori (ginnasio/liceo, scuole tecniche, scuole professionali).
I genitori possono scegliere se partecipare a questo programma o fare seguire ai figli corsi di tipo tradizionale. Le scuole o le classi con questi programmi speciali possono essere frequentate da tutti coloro che risiedono sul territorio, a prescindere dalla loro appartenenza etnica.
I programmi scolastici particolari e la preparazione dei libri di testo è competenza di un dipartimento speciale presso il Ministero dell’educazione croato, guidato da un rappresentante della comunità serba nominato dal Partito Democratico Indipendente Serbo, SDSS, che raccoglie la maggior parte dei consensi tra i serbi di Croazia. Questo incarico è rientrato tra le competenze dell’SDSS fin dall’integrazione pacifica della Slavonia orientale. In questo lavoro il dipartimento è affiancato dall’associazione culturale serba Prosvjeta (Illuminazione/Educazione) con sede a Zagabria.
Il secondo programma riguardante l’integrazione della minoranza serba nelle scuole viene realizzato nel resto del Paese includendo soprattutto le zone principali per il ritorno delle minoranze quali quelle di Banija, Kordun, Lika, la Dalmazia settentrionale e le città dove più alta è la percentuale dei cittadini appartenenti alla comunità serba (Zagabria, Fiume, Pola).
Questo programma si basa su una formazione addizionale a quella tradizionale: l’orario scolastico viene incrementato di cinque ore durante le quali vengono insegnate materie quali lingua e letteratura serba, storia, geografia, arte e musica.
Attualmente solo 1000 bambini stanno seguendo il programma che si svolge esclusivamente a livello delle scuole elementari essendo le scuole medie superiori state scartate per via dell’assenza di interesse degli studenti in questo tipo di iniziativa. Anche il numero delle scuole dove il programma viene implementato, solo dieci, è significativo del poco successo che ha avuto ed altresì implica che la maggioranza dei bambini ritornati nelle zone menzionate non hanno la possibilita’ di frequentare nessun tipo di educazione che valorizzi la cultura e le specificità della minoranza serba.
Per rivitalizzare questo programma l’associazione Prosvjeta ha promosso, a partire dal 1 settembre di quest’anno, una scuola per corrispondenza. Ma i risultati riguardanti il primo mese di attività non sono ancora disponibili. Vi è in ongi caso un certo ottimismo: secondo le prime impressioni sembra che gli scolari partecipanti a questa scuola "integrativa" per corrispondenza siano raddoppiati rispetto a quelli che nell’anno precedente la frequentavano presso gli istituti scolastici.
Tra l’altro, già da tre anni, è attivo un corso presso l’Università di Zagabria specifico per insegnanti nelle scuole e corsi integrativi frequentati dalla comunità serba e questo crea naturalmenete nuove competenze.Ma una riflessione va fatta anche sulla composizione demografica di chi ha scelto di ritornare in Croazia. Il numero di famiglie giovani con figli è relativamente basso essendo la maggior parte di quelli che sono ritornati anziani. Spesso inoltre queste famiglie abitano in zone remote ed isolate ed i bambini per raggiungere la scuola più vicina sono obbligati a percorrere a piedi diversi chilometri. "Per questo spesso hanno perso uno o più anni scolastici" ha dichiarato il Presidente di Prosvijeta, Slobodan Uzelac, professore di pedagogia sociale presso l’Università di Zagabria e Presidente del Consiglio nazionale per l’educazione supplementare della comunità serba in Croazia. Parzialmente migliore è la situazione nelle città dove il ritorno si è verificato su scala maggiore ad esempio a Knin o Petrinja.
Alcune organizzazioni nongovernative vicine alla destra radicale croata del "Blocco croato" hanno pubblicamente protestato contro "l’introduzione dell’alfabeto cirillico nelle scuole croate" ma non si sono registrati incidenti all’interno delle scuole tra giovani delle diverse comunità o problemi nei rapporti tra serbi che ritornavano e la popolazione croata locale.
Anche Slobodan Uzelac e Ivan Magdalenic, quest’ultimo impegnato sulle tematiche dei diritti delle minoranze ed autore di rilevanti ricerche in merito, confermano che negli ambienti scolastici non si sono mai verificati incidenti rilevanti.
Sulla base di una ricerca ancora non pubblicata Magdalenic risolutamente dichiara: "Non esiste nessun problema nei rapporti tra figli di chi effettua il ritorno e figli dei profughi croati originari della Bosnia, che spesso vivono nelle zone di ritorno, in particolar modo per quanto riguarda le aree urbane".
Dunque l’integrazione dei bambini serbi nelle scuole croate e’ un processo che va avanti pur incontrando moltissime difficolta’ e venendo attuato in modo ancora parziale. L’integrazione è in parte riuscita sul piano psicologico mentre è fallita su quello organizzativo, con molti bambini costretti a fare i pendolari, con molti villaggi senza una scuola elementare e scuole dove non è stato attivato alcun programma specifico per la comunità serba. Anche se è da notare come spesso sono gli stessi genitori a rivelarsi poco interessati in questi stessi programmi.
Queste considerazioni ci portano al cuore del problema. Alla comunità serba in Croazia si pone un dilemma descritto nell’alternativa tra l’integrazione/assimilazione e la segregazione. Quale la scelta tra l’integrarsi nel sistema educativo croato e rischiare di dover abbandonare la propria identità etnica o l’isolarsi nelle peculiarità della propria comunità etnica?
E’ chiaro, almeno al livello di teorie astratte, che questa è un’alternativa forzata e falsa. Ma la vita è spesso più complessa delle teorie. Afferma Magdalenic:"Combatto decisamente per il diritto di ogni minoranza etnica di conservare la propria identita’. Allo stesso tempo pero’ appoggio il diritto di ogni persona appartenente a qualsiasi comunita’ minoritaria di assimilarsi alla maggioranza e di decidere autonomamante di perdere l’appartenenza alla comunita’ nativa e non scelta".
E’ evidente che le scuole serbe rischiano di portare all’isolamento della comunità, ma, d’altro canto, l’integrazione tout court potrebbe portare alla sparizione di questa minoranza.
Se non si procede con il ragionamento quest’ultima potrebbe sembrare una contraddizione indissolubile. La questione chiave è invece la seguente: in quale misura vive nella societa’ croata e specialmente nel sistema educativo croato l’idea della interculturalita’ e la comprensione delle differenze quale valore di per sè? In quale misura invece l’etnocentrismo?
L’analisi dei libri scolastici ed in particolare di quelli di storia e letteratura può dare una risposta parziale ma senz’altro significativa alla questione. Il Forum per la liberta’ nell’ educazione ha organizzato una serie dei dibattiti sull’argomento e si è fatto promotore anche di alcune ricerche in merito. Risultato è stata la scelta governativa, supportata da molti intellettuali attivi nel campo della ricerca umanistica e sociale, di riformare radicalmente i libri di testo ed eliminare tutti i contenuti che non siano adeguati ad una società che si vuole multiculturale e democratica.
Si è immediatamente inserita la libertà del singolo insegnante, supportato dal dirigente scolastico, di adottare in modo autonomo il libro di testo. Diversamente dal passato si hanno ad esempio ora quattro diversi libri di storia a disposizione per l’ultima classe delle medie superiori. Quattro libri di testo differenti che trattano la storia del ventesimo secolo. Di questi quello meno legato al mito nazionalista è sicuramente quello scritto recentemente da Suzana Lecek, segue poi quello ad opera di H. Matkovic e F. Mirosevic, corretto rispetto alle edizioni precedenti. Non è però proibito l’uso del libro di testo a cura di Ivan Vujcic che appoggia posizioni filo-naziste per quanto riguarda la seconda guerra mondiale ed è impreganto di nazionalismo.
Dipende quindi dal singolo insegnante quale sarà la storia imparata durante l’ultimo anno di liceo. E dipenderà anche dall’influenza dei libri scolastici e dall’impostazione degli stessi se i giovani serbi sceglieranno per l’integrazione in una società che finalmente si pone come multiculturale o nel rifiuto della stessa che si trasforma poi in isolamento/segregazione.
Proprio nella settimana in corso sono stati pubblicati, da parte del Forum sopra menzionato, cinque nuovi libri scolastici dedicati all’insegnamento delle nouve materie introdotte a partire da quest’anno nella scuola croata.
Ma purtroppo l’introduzione di lezioni sulla "cittadinanza democratica" (quest’anno ancora nella fase sperimentale) e sui "diritti umani" non sono sufficienti a sradicare gli effetti negativi di un etnocentrismo che ancora in parte caratterizza il sistema scolastico croato.

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