Stanko Subotic Cane nel 1995 era un noleggiatore di barche per turisti a Milocer, località di mare del Montenegro. Ora è un uomo d’affari che vive a Ginevra, e pare possieda più di 500 milioni di dollari guadagnati nel commercio utilizzando basi in Montenegro, Cipro e Svizzera. Subotic proviene dalla Serbia, ma nel 1999 ha ricevuto la cittadinanza dalla Croazia ed ora è perfino deputato in parlamento, eletto con l’HDZ nel collegio elettorale dei cittadini residenti all’estero. Oggi attorno a Stanko Subotic Cane si sta sollevando un caso politico-giudiziario esplosivo, che coinvolge nomi pesanti in Montenegro, in Serbia, in Macedonia e nella stessa Croazia. E anche il mondo finanziario internazionale, con in prima fila le multinazionali del tabacco. Ne ha fatta di strada, il noleggiatore di barche per turisti…
La vicenda di Subotic rientra nell’inchiesta del settimanale di Zagabria "Nacional", che si basa su fonti croate, serbe e montenegrine soltanto in parte rese pubbliche. L’inchiesta ha preso il via proprio investigando sul rilascio della cittadinanza croata all’uomo d’affari, che sentitosi preso di mira pochi giorni fa ha anche dichiarato di rinunciarvi formalmente. Jasna Babic ha identificato nell’ex-generale Ljubo Cesic Rojs – allontanato dall’esercito croato dallo stesso Presidente Mesic – il personaggio influente che nel 1999 propose al Ministro degli interni di allora Ivan Penic di regalare un passaporto croato a Subotic.
Dov’è lo scandalo? Il settimanale definisce Subotic come "il re del contrabbando di sigarette nei Balcani", incluse le rotte tra Montenegro, Albania e Puglia. E negli articoli successivi – alcuni firmati dallo stesso direttore Ivo Pukanic, noto amico dell’ambasciatore statunitense William Montgomery prima di stanza a Zagabria e ora a Belgrado – si tirano in ballo altri nomi eccellenti: dal presidente montenegrino Milo Djukanovic, accusato di essere "socio in affari" di Subotic, al primo ministro serbo Zoran Djindjic che sarebbe stato da questi corrotto.
A carico del primo "Nacional" ha pubblicato la confessione-accusa di Srecko Kestner, altro personaggio noto negli ambienti mafiosi montenegrini, che ricevette la cittadinanza croata assieme a Subotic. La confessione di Kestner è stata rilasciata – com’è tipico per un pentito – poco prima del suo arresto a Zagabria, arresto non ancora ufficialmente confermato perché parte di un’indagine riservata dei servizi di sicurezza croati in collaborazione con quelli USA. Kestner accusa Djukanovic di aver fatto uccidere Goran Zugic, suo Consigliere per la sicurezza di stato. Sia Zugic sia Djukanovic sarebbero stati inoltre nel libro paga di Subotic, con un appannaggio mensile di 100.000 marchi tedeschi. Ma non basta: tra i personaggi sospettati di essere stati corrotti da Subotic ci sarebbe anche il Primo ministro macedone – Ljupco Georgijevski.
Subotic ha subito avviato una causa contro "Nacional" e pure contro il quotidiano montenegrino "Dan", giornale controllato dai sostenitori di Slobodan Milosevic, che riprende regolarmente gli articoli di "Nacional" sul caso. Anche Djukanovic, a titolo personale, ha intentato causa, e lo stesso Subotic da Ginevra ha smentito qualsiasi coinvolgimento del presidente monenegrino. Passando anzi al contrattacco, l’affarista "serbo-croato" ha accusato l’ex-rappresentante commerciale montenegrino a Washington – Ratko Knezevic – di essere il vero autore degli articoli apparsi su "Nacional". Knezevic tra l’altro è amico molto intimo di Pukanic, direttore del settimanale, ed il rapporto è confermato da entrambi.
L’accusa è stata ripresa anche da Blagota Baja Sekulic, altro personaggio appartenente agli ambienti della malavita del sud dell’Adriatico. In un’intervista rilasciata al settimanale indipendente montenegrino "Monitor" , Sekulic ha confermato che dietro alla campagna avviata da Nacional ci sarebbe Knezevic, cui Subotic non vorrebbe pagare 1,6 milioni di marchi tedeschi di "pizzo". Poche ore dopo aver rilasciato l’intervista, Sekulic è stato ucciso da parte di sconosciuti nel centro di Budva. Ma con un’intervista rilasciata al settimanale belgradese "Novi telegraf", Knezevic ha smentito tutte le accuse e ha dichiarato di voler a sua volta intentare causa contro Subotic. Non ha smentito invece il fatto che sua moglie sia dipendente della Sicurezza di stato montenegrina, ma ha escluso ogni collegamento tra questo ed il caso in discussione. E’ difficile comprendere quale sia la verità in questa intricata vicenda; un fatto che appare chiaro tuttavia è il coinvolgimento dei servizi segreti di molti paesi. E gli interessi sono più che evidenti, dati i legami del caso con il mercato nero delle sigarette in cui Subotic e molti altri sono invischiati.
Nessuno però ha parlato finora del ruolo di Dejan Kosutic, nipote dell’ex-presidente croato Tudjman, che pare commerci ancora sigarette con il Montenegro e la Serbia. Qui, prima della svolta politica, aveva come referente Marko Milosevic, figlio di Slobodan. Tuttora la maggior parte delle sigarette che si trovano sul mercato serbo sono prodotte nell’Industria di tabacchi di Rovigno (TDR) acquistata all’inizio delle privatizzazioni, con lo stretto controllo di Tudjman, da una ditta anonima ma evidentemente vicina alla destra radicale croata. Questa stessa è riuscita a impedire alla multinazionale British-American Tobacco (BAT) l’acquisto dell’industria tabacchiera di Zara, eliminando così ogni concorrenza sul territorio nazionale e inter-regionale. E’ bene ricordare che proprio a causa di questo "gioco" l’industria di tabacco di Zara, non avendo fondi per la ristrutturazione, ha dovuto chiudere i battenti.
Sempre la British-American Tobacco aveva in progetto di costruire una fabbrica di tabacco a Kragujevac, in Serbia, e per questo aveva cercato l’appoggio del Primo ministro Zoran Djindjic e del Vicepresidente del Governo serbo Vuk Obradovic. Ma l’operazione è fallita, perché non ha trovato il consenso nel resto della coalizione governativa serba. L’appoggio di Djindjic alla concorrenza, che andava quindi a colpire gli interessi della TDR croata, (o forse di un’altra multinazionale, la R. R. Reynolds) potrebbe spiegare come mai anch’egli sia entrato nella lista degli accusati. D’altra parte in questo momento Djindjic rappresenta l’ostacolo maggiore al conservatorismo ultranazionalista serbo, che si raccoglie intorno al partito del presidente federale Kostunica – DSS.
L’attacco a Djukanovic invece si potrebbe spiegare anche come un risultato della politica americana, contraria all’indipendenza montenegrina. O forse, più in generale, per richiamare il vertice montenegrino agli interessi delle multinazionali. Si parla, ma non ci sono prove al riguardo, di un ruolo importante avuto nella vicenda dall’ambasciatore americano Montgomery.
La verità? Riguardo a questa vicenda per il momento la verità è oscura. Dovrebbe essere chiaro però che in ballo c’è la lotta per il futuro dei Balcani: è in gioco, tra le altre cose, il controllo dei mercati e del potere politico nei singoli paesi. Le forze conservatrici in occidente vogliono compromettere ed emarginare il centro sinistra nella regione – specialmente in Serbia e Montenegro – per mantenere il controllo americano e togliere all’Unione Europea la possibilità di avere un a sua influenza sull’area. O forse si tratta soltanto degli interessi di alcune multinazionali – o di reti di contrabbando concorrenti – che vedono nei Balcani un mercato molto interessante?
Per tutti questi interessi risulta strategico intensificare la guerra in Macedonia, rafforzare la destra radicale in Croazia, tollerare e anche appoggiare le destre serba e croata in Bosnia Erzegovina, indebolire le forze civiche in Serbia e Montenegro… produrre un caos per cui risulti poi assolutamente necessaria la presenza, se non il controllo politico ed economico quasi assoluto, delle forze militari occidentali?
Queste sono tutte domande che, per il momento, non hanno ancora una risposta…