In fila o di come alcuni siano più europei di altri
Da anni si sentono ripetere che sono parte integrante dell’Europa. Ma in quell’Europa hanno forti difficoltà ad entrare: a causa delle politiche sui visti. Il Citizen’s Pact – che da anni si batte per la loro abolizione – propone una raccolta di racconti. Osservatorio ne ha tradotti alcuni. Vai alla pagina dedicata ai racconti
Di Antonia Pezzani
Negli anni Settanta negli Stati Uniti Harry Harlow, psicologo comparativista, si chiese quale fosse l’essenza della depressione e per poterla trovare pensò bene di inventare un apposito congegno: la camera verticale o come la chiamava lui, il pozzo della disperazione, di acciaio con base circolare e pareti oblique impossibili da scalare fino all’unica finestrella posizionata in alto – in modo che la cavia dell’esperimento, una scimmia, non potesse nemmeno guardare il mondo esterno, ma potesse essere scrutata. I risultati di tale esperimento, che rientrano nella categoria dei ‘common sense results’ (era cioè ovvio che un animale per natura sociale come la scimmia dopo una tale esperienza di isolamento, avrebbe riportato dei gravi danni e che alcuni si sarebbero ripresi, altri no) lasciarono lo scienziato insoddisfatto: l’essenza della depressione gli era sfuggita, anche se restava convinto che essa si radicasse nell’isolamento, nel senso di impotenza e nel sentirsi in trappola, o come disse lui, "intrappolati in un pozzo di disperazione".
A questa camera mi ci hanno fatto pensare i racconti di Best Stories from the Queues, raccolta di venti racconti promossa dal Citizen’s Pact for South East Europe. Il network, composto da 117 membri, 23 municipalità e 94 ong sparse sul territorio di nove stati – Albania, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Macedonia, Moldavia, Romania, Serbia e Montenegro – dal 2002 porta avanti una Campagna per l’abolizione dei visti nel sud-est Europa e per la liberalizzazione e/o abolizione del regime dei visti basato sul Trattato di Schengen, con le sue liste nere e bianche.
"I nuovi sviluppi nella regione, alla luce soprattutto del diverso status dei paesi del sud-est Europa in relazione all’Unione Europea, minacciano la creazione di un ‘muro di Schengen’ nel sud est europeo, isolando gli stati dei Balcani Occidentali dal resto d’Europa," si legge sul sito www.needvisa.net , creato nel 2004 dal Citizen’s Pact specificamente per venire incontro ai grossi disagi incontrati da chi richiede un visto.
Condizione, quella del richiedente, così frustrante da determinare spesso la rinuncia al viaggio: si considera ad esempio che il 70% dei serbi con meno di 25 anni non sia mai uscito dal proprio paese e quindi, ci si chiede sempre nella presentazione della campagna Abolish Visa su needvisa, come pretendere di formare una nuova generazione che sarà in grado di costruire un sistema politico moderno e funzionale?
A maggio sono iniziati gli accordi tra i rappresentanti dell’EU e della Serbia sulle facilitazioni per il visto per i cittadini serbi, accordo che sarà firmato a settembre, nel 2008. Le facilitazioni riguarderanno i visti richiesti da imprenditori, da impiegati statali, studenti, laureati, esperti, professori universitari, avvocati, medici, persone che hanno bisogno di cure mediche. Facilitazioni sono previste anche per giornalisti, attivisti, sportivi, per partecipanti a incontri internazionali, pensionati e bambini fino ai 6 anni.
La rinuncia è dettata spesso anche da motivi economici: e in questo senso la facilitazione propone una riduzione dei costi del rislascio del visto, che tra documentazione rischiesta, traduzione della medesima nella lingua del paese presso cui si fa richiesta, tassa per la domanda (di cui si è proposto l’abbassamento da 60 a 30 euro), spese di viaggio dal proprio luogo di provenienza all’ambasciata, telefonate, giorni lavorativi persi nel recupero dei documenti richiesti e per gli appuntamenti all’ambasciata, arrivano spesso a portarsi via uno stipendio mensile medio. Senza d’altro canto dare nessuna granzia di ottenimento del visto, che può tranquillamente essere rifiutato anche dopo che il candidato in alcuni casi specifici è stato costretto a presentare anche il biglietto di ritorno di un volo che non prenderà mai.
La stima della spesa annuale dei macedoni per il visto è di 10 milioni di euro, di cui approsimativamente un terzo va alla Grecia, scrive Martin Baldwin Edwards dell’East West Institute, mentre si stima che i bosniaci nel 2005 abbiano speso 50 milioni di euro, l’equivalente, continua, dei fondi CARDS alla Bosnia Erzegovina nello stesso periodo.
Le contraddizioni alimentate da questa situazione, in cui viene da chiedersi quali siano i confini dell’Europa e se anche l’europeità abbia bisogno di certificazione d.o.p., esplodono nelle voci dei racconti di Best Stories. Racconti kafkiani di burocrazia e rigetto, li definisce Penny Johnson, da cui l’assurdo sgorga e fluisce in un ritmo sincopato, nutrito dalle virgole.
A leggere questi racconti, sorgenti di esperienza, uno si abitua alla lingua dell’assurdo, alla sua bi-logica fatta di frasi concise, semplici e brevi, e finisce con il pensare che forse l’assurdo in fondo è discreto e reticente, tanto che alla fine siamo noi a essere dietro le mura.