Impresa di demolizioni
Un piccolo villaggio albanese sulla costa del Mar Ionio. E le ruspe che nell’ambito di un progetto della Banca Mondiale radono al suolo tutte le costruzioni abusive. Un caso di tutela ambientale? La vicenda sembra essere molto più complicata
"La Banca Mondiale demolisce case" è il titolo apparso a più riprese nelle ultime settimane nei media albanesi. Si riferisce a ciò che è successo lo scorso gennaio a Jal, villaggio turistico dell’Albania meridionale, sul mar Ionio.
Nell’ambito di un progetto della Banca Mondiale per la salvaguardia e lo sviluppo delle zone turistiche dell’Albania meridionale – che prevede anche la costruzione di diversi villaggi turistici – gli abitanti di Jal si sono visti demolire le proprie abitazioni, da oggi a domani, senza che alcun provvedimento fosse preso in loro sostegno. Le demolizioni finanziate e previste dal progetto della Banca Mondiale miravano a preparare il terreno alla costruzione di un villaggio turistico.
Delle demolizioni si era iniziato a parlare nell’estate 2007, mentre il progetto della Banca Mondiale era già in corso. Era emerso allora che i progetti per la costruzione dei villaggi turistici lungo la costa dell’Albania meridionale avrebbero fatto sì che, per quanto riguarda i molti fabbricati abusivi in quell’area, si sarebbe usciti dalla regola scaturita dalla prassi "costruire abusivamente e legalizzare in seguito". L’area non rientrava infatti in una sanatoria attuata allora dal governo Berisha volta a garantire la legalizzazione delle numerose costruzioni abusive che caratterizzano l’intero territorio dell’Albania. La questione aveva animato numerose polemiche.
L’area costiera dell’Albania meridionale, essendo la parte meno contaminata del Paese, dalle bellissime spiagge adriatiche e ioniche, è cruciale per le ambizioni turistiche dell’Albania. In merito esistono diversi progetti sostenuti per lo più da enti internazionali tra cui la Banca Mondiale. Il progetto in questione, dal valore di ben 39 milioni di dollari, fa parte di tali strategie.
Jal, è un piccolo villaggio, i cui abitanti come molti albanesi delle zone costiere hanno costruito le proprie abitazioni con ciò che sono riusciti a guadagnare emigrando nella vicinissima Grecia. Negli ultimi anni, mentre le spiagge albanesi diventano una meta sempre più frequentata dal turismo interno, le abitazioni fungevano da ostelli mediamente economici per i turisti estivi. Anche se la maggior parte abusiva, da quel che si evince dai numerosi reportage, e dalle testimonianze degli abitanti non si trattava esclusivamente di terreni usurpati dopo il crollo del comunismo nell’ondata di costruzioni abusive.
Ciò che preoccupa è il fatto che in collaborazione con la sezione della polizia che si occupa di abusi edilizi le abitazioni locali sono state ridotte in macerie in maniera alquanto arbitraria senza alcun riguardo per i diritti degli abitanti locali. Le proteste della popolazione hanno attirato l’attenzione dei media e dell’opposizione, che hanno accusato il governo Berisha di compiere abusi mirando a impossessarsi e gestire a propria discrezione una delle più belle zone del paese.
Gli attacchi da parte dei media e dell’opposizione si sono ulteriormente acuiti quando è stato reso pubblico il fatto che responsabile principale del progetto della Banca Mondiale è Jamarbër Malltezi, genero del premier.
Mentre la Banca Mondiale ha subito sospeso il progetto, nella politica albanese si è scatenato un polverone e per più versi la questione rimane tuttora poco chiara. Un gruppo di ispettori, inviati dalla Banca Mondiale, hanno espresso giudizi molto negativi. "I dati raccolti sono scioccanti – ha commentato il presidente del gruppo della Banca Mondiale Robert B. Zoellick – dalla coordinazione di base del progetto, ai rapporti con il comitato esecutivo e quello delegato ai controlli". Agli organi competenti nell’ambito della Banca Mondiale è stato chiesto di investigare riguardo alla questione di Jal. Mentre agli abitanti danneggiati è stato promesso sostegno giuridico e risarcimento.
Il premier ha però definito la presa di distanza da parte della Banca Mondiale dal progetto di Jal "un problema interno, di conflitti di interesse tra i funzionari della Banca Mondiale" rifiutando qualsiasi responsabilità della parte albanese che gestiva il progetto.
Sullo sfondo si celerebbero a detta del premier questioni di corruzione, e anche vendetta da parte di chi ha perso la gestione del progetto. Berisha esclude invece definendole false e infondate le accuse di malversazione rivolte al genero e a suo avviso la polizia che ha demolito le abitazioni di Jal, ha semplicemente rispettato la legge contro le costruzioni abusive.
Lo scandalo mette in cattiva luce la Banca Mondiale che si è trovata a perseguire di fatto azioni diametralmente contrarie agli obiettivi della sua attività in Albania. Ciò che in molti hanno ritenuto imperdonabile è stata la presenza in veste di coordinatore del genero di Berisha, Jamarbër Malltezi.
Anche se con un certo ritardo, l’istituzione internazionale, ha ammesso l'[]e commesso con il coinvolgimento nel progetto di Malltezi. "Il coordinatore del progetto è molto conosciuto negli ambienti amministrativi in Albania. Egli è spesso oggetto di discussioni a causa del suo ruolo di coordinatore della Banca Mondiale e come membro della famiglia di uno dei leader al potere del pasee" recita la relazione stilata a riguardo della questione di Jal. "La nomina di Jamarbër Malltezi nel ruolo di coordinatore è stata una scelta affrettata, poiché è stata scelta una persona che potrebbe presentare un grave conflitto d’interesse compromettendo di conseguenza gravemente la reputazione della Banca Mondiale", continua il rapporto.
La responsabilità su quanto accaduto graverebbe sul coordinatore del progetto di Jal, che secondo quanto dichiarato pubblicamente dalla Banca Mondiale non ha informato adeguatamente la direzione dell’istituzione internazionale, comportando una lacunosa conoscenza dell’andamento e delle varie fasi del progetto, tra cui mancava anche la questione delle demolizioni. "La demolizione delle abitazioni non era stata autorizzata dalla Banca Mondiale", afferma per i media albanesi Kamil Nuama, responsabile dell”ufficio della Banca Mondiale a Tirana. Persino la notifica dell’accordo tra l’ufficio di coordinazione e la polizia edile, a detta di Nuama, è stata consegnata a demolizioni avviate.
Nonostante tutto però il governo Berisha sembra rilanciare spingendosi con una dichiarazione del ministro delle finanze, Ridvan Bode, a promettere di mandare avanti il progetto anche nel caso in cui la Banca Mondiale si ritirasse. "Rafforzeremo i nostri finanziamenti al riguardo e andremo avanti", ha affermato Bode. Altrettanto determinato e senza remore appare anche il ministro dell’Edilizia Sokol Olldashi: "Le abitazioni sono state demolite come tutte le costruzioni abusive in questo paese. Questo è il dovere della polizia edile, e la legge verrà rispettata". Olldashi afferma anche che la Banca Mondiale era a conoscenza delle demolizioni, di cui aveva ricevuto e finananziato i rilevamenti fotografici e topografici.
Si prevede che la questione finisca in mano alla magistratura, oltre alle inchieste interne già avviate da parte della Banca Mondiale. Sono numerosi i nodi da passare al pettine. Mentre il progetto rimane sospeso, il caso del piccolo villaggio sul mar Ionio si sta trasformando in un conflitto tra il governo albanese e la Banca Mondiale, fatto di corruzione e nepotismo, che non promette nulla di buono in vista delle elezioni politiche del prossimo giugno.