Imparare il sesso in Kosovo
Un’ora trascorsa nell’imbarazzo dell’insegnante e spesso tra le risate degli studenti. A questo si limita l’educazione sessuale nelle scuole pubbliche del Kosovo. Ma se la società e la classe docente sembrano impreparati, meno lo sono i giovani
(Tratto dalla rivista Kosovo 2.0, titolo originale "Learning Sex in Kosovo")
Ho soli vaghi ricordi della mia prima – e unica – lezione di educazione sessuale in Kosovo. Era nell’ottava classe, nel 2000. Quel giorno la nostra insegnante di biologia, Hana Lirie, ci parlò degli organi riproduttivi e di come si concepisce un bambino. Si poteva sentire la tensione nella stanza e ci rendevamo conto che l’unica cosa che ci impedisse dal commentare e dal ridere era il controllo autorevole che l’insegnante Lirie aveva sulla classe. Attraversò la lezione con fare militaresco, e, un’ora dopo, era tutto finito. Appena lasciò la stanza, l’intera classe esplose con una risata. Questa è l’unica memoria che ho dell’educazione sessuale nel sistema scolastico pubblico kosovaro.
Ad ottobre mi sono incontrata con Gersi, Hana, Vesa e Vigan per un aperitivo in un angolo tranquillo del ristorante messicano a Pristina. Ho chiesto loro un incontro per discutere assieme di educazione sessuale: da tempo non vado più a scuola e pensavo che forse le cose erano un po’ cambiate. Non è stato così.
Secondo loro, se si escludono le visite di alcune Ong come ad esempio la Croce Rossa, l’educazione sessuale nelle scuole si limita ad un’ora in cui è difficile celare imbarazzo (quello dell’insegnante) con un approccio tutto tecnico della serie “da dove vengono i bambini”.
“Mi ricordo, una volta a biologia, l’insegnante ha incominciato a parlare di come si fanno i bambini e tutti hanno iniziato a ridere”, racconta Hana. “L’insegnante era molto in imbarazzo. Siamo stati stupidi, non le abbiamo dato la possibilità di parlare”.
I contenuti della lezione sono andati persi, una storia tipica dell’educazione sessuale in Kosovo oggi. Tutti mi hanno raccontato di sonore risate non appena si nominava la parola “pene” o “sesso”. Sembra molto difficile anche solo iniziare a parlare della questione.
“Non se ne parla. Appena si inizia a parlare di sesso, la conversazione termina”, spiega Gersi, 19 anni.
Argomento interdisciplinare
In Kosovo l’educazione sessuale non costituisce materia a sé stante ma è un argomento interdisciplinare che dovrebbe essere affrontato durante le lezioni di biologia, educazione civica o educazione alla salute. Biologia è l’unica materia curricolare mentre le altre due sono facoltative.
L’educazione sessuale di solito viene affrontata durante il nono anno, a biologia, in una singola lezione titolata “Il ciclo della vita”. In 60 minuti: sistema riproduttivo, pubertà e metodi contraccettivi devono essere spiegati ad una classe di ragazzi e ragazze in piena crescita ormonale.
Secondo l’insegnante Nerxhivane Halili le informazioni date durante quella lezione sono troppo limitate e troppo superficiali. Halili spiega che i genitori più conservatori ritengono che spendere più tempo a parlare di educazione sessuale incoraggi i ragazzi e le ragazze a diventare sessualmente attivi. I libri di testo approvati dal ministero all’Educazione parlano esclusivamente di un limitato numero di malattie trasmesse sessualmente: si spiegano ampiamente i rischi connessi all’AIDS ma paradossalmente non si spiega come prevenirlo.
A partire dall’immediato periodo post-bellico, i programmi del sistema scolastico nazionale hanno conosciuto molti cambiamenti. L’educazione sessuale è stata inserita durante questa lunga trasformazione. L’Unicef Kosovo è stato un soggetto importante in tale contesto, supervisionando il programma “Stili di vita salutari”.
L’iniziativa ha sostenuto la promozione di scelte di vita salutari nel sistema educativo del Kosovo. Ma il programma si è concluso nel 2009, con risultati incerti. Una valutazione congiunta di Unicef Kosovo e dell’United Nations Population Fund Kosovo (Unfpa) ha sottolineato che nonostante i progressi, alcuni insegnati non erano a loro agio nel parlare di salute sessuale ai loro studenti. Non era inusuale che gli insegnanti decidessero di non parlare affatto di educazione sessuale, anche se quest’ultima è parte dei programmi scolastici.
Coitus interruptus
Una ricerca condotta dall’Unfpa nel 2009 sulla salute sessuale ha rilevato come la maggioranza delle donne ha ricevuto informazioni in merito ai metodi contraccettivi da parenti o amici. Il coitus interruptus è risultata la forma più utilizzata di contraccezione. Secondo Visare Mujko-Nimani dell’Unfpa questo è preoccupante per numerose ragioni.
“Sfortunatamente vi è ancora la convinzione che i metodi contraccettivi siano dannosi. Questa percezione domina la stessa classe medica”, afferma Mujko-Nimani.
Pochi medici in Kosovo forniscono consulenze ai loro pazienti per quanto riguarda l’educazione sessuale, aggiunge Mujko-Nimani. In assenza di informazioni adeguate da parte dei medici, la maggior parte delle donne discute dei propri problemi relativi alla salute sessuale con altre donne.
“Dicono, ‘Prendi questo perché mi ha aiutato’, ma questo non significa che vada bene per tutti. Le informazioni che ottengono sono parziali o inaccurate, e questo significa che ‘incidenti’ continuano ad accadere, che sia una gravidanza non voluta o un’infezione trasmessa sessualmente”, afferma Mujko-Nimani.
Gli sforzi per diffondere maggiori informazioni vengono spesso frustrati da rifiuti e malagestione. Molti medici non insegnano o promuovono la salute sessuale, anche in casi di gravidanze non volute o aborti. E in un’occasione documentata, i contraccettivi donanti dall’Unfpa per essere distribuiti gratuitamente sono finiti sui banconi di alcune farmacie private.
La vergogna
Le conseguenze di tutto questo sono molto più gravi sulle giovani donne che sui ragazzi. “Per le donne l’onore e la vergogna costituiscono la base della moralità”, scrive la sociologa Nita Luci nella sua ricerca Endangering Masculinity in Kosova.
E’ una verità, data ampiamente per scontata in Kosovo, che il sesso dovrebbe avvenire in seno al matrimonio. E un’altra verità è che il risultato del sesso dovrebbero essere dei bambini. Se una giovane donna fa sesso al di fuori del matrimonio viene trattata come se avesse fatto qualcosa di vergognoso, e la vergogna è una punizione particolarmente potente in una società dominata dall’onore. E si estende anche alla sfera pubblica. “La vergogna” di donne sessualmente attive si estende anche nel sistema sanitario pubblico, come mi ha raccontato Hana:
“Avevo un problema alle ovaie e i dottori che mi hanno visitata pensavano fossi incinta. Mi hanno trattata molto male, come se fossi una mucca. Non mi hanno chiesto se ero vergine; mi hanno chiesto se ero una ‘ragazza’ o una ‘sposa’. Io non ho capito e quando ho detto di essere una ‘ragazza’ hanno pensato che intendessi che ero ‘vergine’. Quando si sono accorti che non lo ero mi hanno aggredita verbalmente dicendo ‘Ma perché non ce lo avevi detto?’. E quando si tratta di aborti i pazienti vengono definiti ‘casi’”.
Al contrario le aspettative riposte sui maschi celebrano la virilità come un indicatore dell’essere uomini. Ho chiesto a Vigan che reazioni si può aspettare un ragazzo se mette incinta una ragazza.
“Magari i tuoi amici ti chiedono perché non hai usato il preservativo. Ma non è nulla di cui doversi vergognare”.
Quindi agli uomini è permesso il sesso senza vergogna, alle donne no, e questo sembra anche avere effetti su come i giovani uomini kosovari percepiscono la relazione romantica: vogliono fare sesso con le loro partner prima del matrimonio ma ritengono che sia importante sposare una vergine, è quello che emerge da alcuni gruppi studio intervistati all’interno di un programma del Peer Education Network.
Non è raro sentire storie di donne che assumono la pillola del giorno dopo come forma usuale di contraccezione o di uomini che si “dimenticano” o si rifiutano di usare il preservativo. Il 42% delle donne intervistate nella ricerca dell’Unfpa del 2009 ha dichiarato di non usare alcuna forma di contraccezione. Chi invece utilizza la contraccezione si fida molto del coitus interruptus, che non può certo garantire di evitare una gravidanza. E, ovviamente, non tutela i partner rispetto alle malattie trasmesse sessualmente.
Il coitus interruptus viene scelto per molte ragioni. Vi è la percezione che sia efficace e protegga dalla gravidanza e si crede che le altre forme di contraccezione interferiscano con il piacere. E anche se le giovani donne preferissero utilizzare il preservativo, hanno timore di interferire con il piacere del partner. “Penso che molte donne facciano sesso per soddisfare il loro partner. Si sacrificano più di quanto non provino loro stesse piacere”, afferma Hana.
Sesso sicuro e coetanei
Fondamentalmente l’educazione sessuale dovrebbe riguardare il sesso sicuro. Dovrebbe portare ad un sesso sicuro, libero dalle malattie che si trasmettono sessualmente e tra due persone che lo desiderano consensualmente, senza paure o vergogne. Ma cosa sia accettabile in Kosovo non è chiaro. E’ poco chiaro come l’educazione sessuale potrebbe essere utile in una società dove alle giovani donne è richiesto di essere vergini al matrimonio e contemporaneamente sessualmente disponibili, mentre agli uomini viene richiesto di sottostare a stereotipi di ipermascolinità.
Bujar Fejzullahu, del Peer Education Network (Pen) afferma che parlarne è il primo passo. Pen è una rete di 1500 volontari, la maggior parte dei quali adolescenti, che vengono formati per tenere workshop e interventi sul sesso sicuro nelle scuole del Kosovo.
"Gli studenti ridono, ma sotto le risate vi è vero interesse", afferma Fejzullahu. L’educazione “alla pari” è uno strumento molto utile per insegnare stili di vita e per far passare informazioni, continua. “I giovani parlano dei loro problemi e quando è un giovane ad essere ben informato può dare buoni consigli ai propri amici”, afferma.
“Offriamo molte cose che il sistema scolastico tradizionale non offre. Anche se insegnanti e professori vengono obbligati ad insegnare l’educazione sessuale, gli studenti affermano che spesso evitano di farlo. Gli insegnanti non sono pronti per parlare liberamente con i loro studenti dei problemi che li riguardano. Formiamo dei giovani e sono loro a trasmettere informazioni ai loro coetanei”.
Le generazioni più anziane del Kosovo potrebbero non essere pronte per parlare di sesso ma la mia conversazione con Hana, Vesa, Vigan e Gersi mi fa capire che i giovani lo sono, che la conversazione avvenga in classe, con altri coetanei o con un cocktail Margarita in mano. Fejzullahu, un sostenitore delle conversazioni piene di senso concorda: “Sono più pronti di quanto noi crediamo”.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa.