Il trivio di Edipo e il dilemma greco

Nel luogo dove Edipo assassinò il padre Laio si congiungono le strade di Tebe, di Delfi e di Daulide. Su quel trivio abbandonato, in una Grecia sopraffatta dalla crisi, l’Europa potrebbe oggi ritrovare la propria strada

06/09/2013, Fabrizio Polacco -

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La stele che ricorda e il luogo dove Edipo assassinò il padre Laio, sullo sfondo il monte Parnaso -  foto di F. Polacco

Una volta c’era solo un cumulo di pietre ammassate dai viandanti a ricordare le due celebri vittime su quella strada fatale, dove Edipo assassinò il padre Laio, re di Tebe, e uno dei servitori che l’accompagnavano. E anche oggi non vi è che una dimessa stele, non diversa dalle tante che contornano i passi o i crocevia della Grecia: commemorative di caduti nelle guerre per l’indipendenza, o della resistenza contro i tedeschi, oppure di martiri della fede.

Ma è un peccato che il trivio ricordato da Sofocle nell’Edipo Re sia oggi così trascurato: perché, come ricordano i versi in greco antico incisi sul piccolo monumento, quello sventurato personaggio tragico non era un eroe come tanti altri: la sua vicenda non è legata né al patriottismo, né a un’idea politica, né a una fede, ma semplicemente ai dilemmi della conoscenza e della sorte umana. La quale a volte ci gioca pessimi scherzi: a fronteggiare i quali non valgono né audacia, né sapienza; e spesso neppure l’estremo sacrificio.

La profezia

Ripenso a queste cose discendendo lungo la strada che congiunge, come tremila anni fa, il santuario di Delfi con la mitica Tebe, oggi ridotta a sonnacchiosa ma pur sempre prestigiosa cittadina di provincia, capoluogo di uno di quei nomoì (regioni) della Grecia che portano ancora il loro antichissimo nome (come la Beozia).  Mi viene in mente Edipo ritrovando sulla carta geografica un cerchio a matita ed un appunto aggiunto di mia mano chissà quanto tempo fa, proprio per ricordarmi che lungo quel tragitto doveva trovarsi l’incrocio di strade più celebre dell’antichità. Un trivio, appunto: dove, come racconta Sofocle, il giovane Edipo sconvolto dalla profezia appena ricevuta dall’oracolo ("Ucciderai tuo padre e sposerai tua madre: via di qui, mostro!") vagava in preda alla disperazione cercando di allontanarsi il più possibile da quelli che credeva suo padre e sua madre: e che, ahimè, non lo erano. Invece quello che era davvero suo padre, il re di Tebe, si stava recando proprio a Delfi per consultare l’oracolo, preoccupato per la strage che la Sfinge faceva a quel tempo tra i suoi concittadini imponendo loro di risolvere un micidiale enigma.

Il re risaliva dunque su un carro la stessa strada di Edipo, ma in senso opposto. Si incrociarono senza ovviamente riconoscersi (non si erano mai visti) e, per un banale e furioso litigio per motivi di precedenza – non ne accadono anche oggi? – erano giunti alle mani: cosicché il più giovane era riuscito a sopraffare e ad uccidere il più anziano, eliminando anche uno dei testimoni. L’altro riuscì a fuggire; sarebbe stato utilizzato da Sofocle per rivelare a Edipo – che aveva nel frattempo risolto l’indovinello della Sfinge ed era perciò divenuto senza saperlo il successore al trono di Laio e lo sposo della di lui vedova – l’orrenda verità.

Crisi

Ma le indicazioni in mio possesso per individuare il luogo del fattaccio sono ancora vaghe: oltre all’approssimativo cerchio sulla carta c’è solo un nome (Zemenòs) aggiunto alla citazione della Schistì Odòs, la ‘Strada Divisa’ (dal trivio, appunto). Mi fermo perciò con l’auto in un grande bar lungo il percorso, compro una bottiglietta d’acqua e cerco informazioni dal giovane che me la serve. Non gli dispiace perdere tempo con me: il locale è vuoto lui lamenta che la crisi quest’anno picchia forte anche sul turismo; soprattutto i greci, dice, sono rimasti a casa. Mi fa il suo esempio: aveva deciso con la ragazza di passare qualche giorno in un’isola non lontana, dove lei aveva trovato una camera per soli venticinque euro a notte. ‘Prenotala!’ le aveva detto soddisfatto. Ma poi, al momento di acquistare il biglietto per la nave, avevano scoperto che quel viaggio di sole tre, quattro ore in traghetto con l’auto gli veniva a costare trecento e passa euro. E così avevano rinunciato. ‘Tutta colpa della Merkel’, aggiunge sorridendo e cercando il mio assenso. Ma poi, fattosi più serio, ammette che anche loro, i greci, hanno una buona parte di responsabilità. Gli domando infine del sito di Zemenòs: mi ha appena detto che è della zona, quindi dovrebbe sapere dov’è. Tuttavia, mentre gli parlo di Laio e di Edipo ho la netta sensazione che non li abbia mai sentiti nominare se non vagamente. C’è, sì – mi dice – più su verso Delfi una località così chiamata; ma la conosce solo per le taverne frequentate con gli amici.

Il trivio

Lo lascio nella solitudine del suo locale e decido di puntare su una di quelle taverne. E’ quasi ora di cena ma sono ancora desolatamente vuote. Viene verso di me un’anziana signora: che, sì, Edipo e Laio li ha sentiti nominare; ma si perde in vaghe indicazioni, mi dice della vecchia strada per Delfi che si troverebbe lì dietro, ma che non c’è nulla da vedere, né alcun segno del punto che io cerco. Richiamato dalla nostra conversazione esce allora un cuoco di mezza età che sta preparando le carni per la grigliata serale, e avanza sorridente affilando l’uno con l’altro due coltellacci. Finalmente, uno che sa: ‘E’ il bivio per Daulide quello che deve prendere: si trova più a valle sulla destra’. Daulide, già: ora rammento questo nome! Sono le strade di Tebe, di Delfi e di Daulide quelle ricordate dal mito, congiunte dal trivio.

Stele commemorativa

Il monumento (Photo F. Polacco)

Imbocco così dopo pochi minuti una stradina asfaltata e solitaria, circondata da alture aspre frequentate dalle capre. Riconosco il trivio come se ci fossi già stato. Osservo la stele che ricorda l’evento, fatta  di tante pietre. E’ modesta; ma dietro si innalza l’enorme mole del Parnaso, il monte sacro ad Apollo: sulle sue balze si trova l’Oracolo. Mi fermo a rileggere i versi di Sofocle, scatto qualche foto, mi godo quel paesaggio prima che tramonti il sole. Nessuno che sia lì, nessun segno di presenza umana né di visitatori. Del resto, lungo le strade circostanti non vi era alcuna indicazione; nulla per ricordare che lì, a pochi passi, intatto nei millenni vi è uno dei luoghi più celebri della letteratura e del mito.

Dilemma senza soluzione apparente

Il trivio di Daulide è un perfetto simbolo di quello che è per eccellenza il nucleo di ogni tragedia: un dilemma senza soluzione apparente che sconvolge irrimediabilmente l’esistenza dell’eroe e quella di chi lo circonda. Quell’incrocio è perciò forse il luogo al mondo che meglio rappresenta tremila anni di teatro occidentale. Di più: può anche rappresentare il dilemma di un’altra ben più concreta tragedia, quella della Grecia di oggi, piegata dall’impotenza economica e incerta tra restare o uscire dall’euro, tra il dichiarare default e l’accettare sacrifici sempre più onerosi, tra il veder montare la protesta sociale e l’imboccare la strada ignota dell’addio all’Europa.

E’ curioso, ma sono proprio dilemmi come questi il frutto della libertà che ci siamo faticosamente conquistati. E se il genere tragico è nato in Grecia e si è sviluppato in Europa, è perché qui l’individuo si è assunto il diritto alla libertà di scegliere avendo davanti a sé solo la propria coscienza, quindi anche il peso, a volte intollerabile, di una straordinaria responsabilità.

Il coraggio di scegliere

Ma quel trivio ignorato, abbandonato e infrequentato simboleggia bene anche un dilemma che forse la Grecia non si pone, e che potrebbe aiutarla a rialzare il capo. Vale o no la pena di mantenere viva nella memoria dei giovani la presenza di quel passato straordinario, del significato che esso può avere, non per una piccola nazione, ma per l’Europa intera?

Proprio in questi giorni, ad esempio, i quotidiani greci riportano il disegno di legge di riforma dell’istituto superiore tecnico: e la materia che più di tutte viene penalizzata è la storia. Peccato che tra i vari indirizzi sia presente proprio quello delle ‘strutture turistiche e culturali’…

E’ paradossale che questo paese costituisca oggi il vagone di coda di quel trenino sempre a rischio di deragliare che è l’Unione europea. Almeno culturalmente, infatti – ove per cultura si intendano il coraggio e la capacità di orientarsi ad ogni bivio o trivio che sia, e di imboccare una strada assumendosene tutta la responsabilità – la Grecia avrebbe senz’altro le risorse, le tradizioni e i mezzi per essere il locomotore dell’Europa. E magari per indicare agli altri, anche semplicemente vivificando e valorizzando quello che è, una delle possibili direzioni in cui andare.

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