Il tesoro di Stobi
Un’antica città romana a soli 80 km da Skopje nasconde un tesoro d’altri tempi. E’ Stobi, la più importante ed estesa città del tardo Impero romano nell’attuale Macedonia, di recente inserita nella lista del World Monument Watch dell’Unesco
È ormai molto difficile andare in Macedonia oggi e parlare di qualcos’altro che non sia “il guerriero a cavallo”, con le sue 30 tonnellate di peso, i 10 metri di statura e i 14 metri di piedistallo, con i leoni che ruggiscono alla base della colonna, la fontana da cui sgorga ogni sera acqua colorata di rosa o di blu e le musiche tipo colonna sonora del “Gladiatore” suonate dagli altoparlanti, nella piazza principale di Skopje.
Eppure basterebbe prendere la E75 verso sud, verso la Grecia e a circa 80 km dalla capitale fermarsi ad un’uscita molto spartana con scritto “Stobi” – che non essendo segnata sulla Lonely Planet non esiste – per ammirare un tesoro molto più impressionante.
Il sito archeologico di Stobi
Stobi è una città tardo romana che fu abbandonata nel VI secolo d.C a causa delle invasioni barbariche. Da allora non è stata più abitata e ha mantenuto quindi intatta la sua struttura urbanistica. Un gioiello che comprende tra le altre cose un teatro romano ancora intatto costruito tra il I e il II secolo d.C e una basilica con battistero del IV secolo d.C voluta dal vescovo Budius, uno dei religiosi che partecipò al Concilio di Nicea del 325 d.C.
A ottobre di quest’anno Stobi è stata inserita nella lista del World Monument Watch dell’Unesco per il 2012, una lista di siti di interesse culturale che sono a rischio a causa di guerre, fenomeni naturali o di altri tipi di pericoli. La città romana è infatti situata sopra un fiume sotterraneo e rischia di sprofondare o di essere allagata. L’iscrizione della lista dovrebbe portare al finanziamento di progetti per la messa in sicurezza del sito.
Intanto il governo macedone sta correndo ai ripari, nel 2008 è nato finalmente un Istituto Nazionale di Stobi che ha preso in carica la conservazione e valorizzazione del sito archeologico di quella che è la più importante ed estesa città del tardo Impero Romano nell’attuale Macedonia.
“Sappiamo dai reperti che nell’area vi era un insediamento della Peonia risalente al VI secolo avanti Cristo – spiega a OBC la direttrice dell’Istituto Nazionale di Stobi Silvana Blaževska – e Stobi viene citata per la prima volta da Livio come vetus urbs, città antica, quando racconta della sconfitta dei Dardani da Filippo V nel 197 a.C. Era sulla via principale tra nord e sud, la via Axia, ed era un città importante in quanto principale mercato del sale nella regione. Ancora da Livio sappiamo che sotto Ottaviano Augusto diventò opidum civium Romanorum, ovvero sede per i militari romani. Successivamente fu elevata a Municipium, rango molto alto per un città delle colonie. Inoltre Stobi batteva moneta tra il II e III secolo d.C, fino a che il conio non fu trasferito a Viminatium (Kostolac, Serbia, ndr)”.
La città conferma la sua importanza in epoca cristiana diventando sede di un episcopato, in cui viene costruita una imponente basilica con battistero e preziosi pavimenti mosaicati. Nel VI secolo però la città venne abbandonata probabilmente a causa di incendi e distruzioni ad opera delle popolazioni barbariche degli Eruli e dei Goti.
Da lì rimase intatta fino al 1861 quando fu riscoperta dallo storico francese Leon Heuzey, mentre gli scavi furono iniziati da un ufficiale tedesco durante la Prima guerra mondiale. Negli anni Settanta poi ulteriori scavi attorno alla basilica e ad altri edifici. Negli anni Novanta, con la costruzione dell’autostrada, vennero effettuati lavori per la protezione degli scavi. Infine nel 2000 è USAID ad avviare un progetto per la riscoperta della Stobi pre-romana e tra il 2003 e il 2008, l’Ong italiana CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud), con finanziamenti del Comune di Palermo e del ministero degli Affari Esteri italiano, ha portato avanti un progetto di scavi in quello che viene chiamato il ‘Foro romano’ o ‘L’edificio con gli archi’.
“Siamo stati chiamati dal Museo della Macedonia perché erano venuti a conoscenza di un progetto simile che avevamo fatto nei Territori Palestinesi – racconta Giuseppe Cammarata che ha seguito i progetti su Stobi del CISS – e abbiamo portato avanti diversi progetti su Stobi e sull’‘Edificio con gli archi’ che è stato chiamato foro romano ma in realtà ancora non si sa che cosa fosse. Sicuramente un edificio importante visti i mosaici e le placche d’oro sulle statue di marmo che abbiamo trovato. Purtroppo negli anni era stata ricoperta da una necropoli che abbiamo dovuto spostare”.
Il progetto di ‘Valorizzazione archeologica e turistica di Stobi’ ha visto, oltre agli scavi, l’attuazione di una campagna di sensibilizzazione rivolta alle scuole dei dintorni per visitare Stobi, un’esperienza di scambio con i giovani studiosi palestinesi e la promozione turistica del sito con la pubblicazione di un volume dedicato alla città romana.
“Penso che sia anche grazie ai nostri anni di lavoro insieme, che il governo si è deciso a costituire un Istituto nazionale unico per Stobi. Prima le competenze erano spezzettate, quindi nessuno era responsabile”.
Negli ultimi anni il sito è cambiato molto. Oggi c’è un percorso per le visite, una piccola brochure in inglese, ci sono le guide, c’è l’illuminazione e ci sono guardiani 24 ore su 24. “E’ cambiato molto da quando siamo arrivati – dice la direttrice Blaževska – con il personale sul posto l’erba è sempre tagliata di fresco, ci prendiamo cura dei mosaici e soprattutto dei turisti. Quest’anno abbiamo venduto 12.000 biglietti. E non abbiamo ancora il dispositivo elettronico che conta le entrate gratuite, quindi sono sicuramente di più quelli passati da Stobi”.
Heraclea, tesoro dimenticato
La storia di Stobi sembrerebbe aver avuto un esito positivo, ma ancora molti tesori in Macedonia sono abbandonati nonostante la loro importanza e bellezza. Un esempio è Heraclea nei pressi di Bitola, importante città fondata da Filippo II il Macedone che si trovava sull’antica via Egnazia. Oggi Heraclea si trova tra un cimitero di macchine e un cimitero di camion, nella periferia di Bitola. Una famiglia gestisce un baracchino all’ingresso del sito e stacca i biglietti. Ma per il resto tutto sembra abbandonato, con restauri moderni di dubbia qualità ed erbe incolte tutt’attorno.
L’Ufficio per la protezione dell’eredità culturale del ministero della Cultura, interpellato da OBC, ha rassicurato che il governo sta investendo molto nei propri siti archeologici con un piano di 20 milioni di euro in cinque anni per conservare e valorizzare alcuni siti che si trovano sull’asse dell’autostrada Alessandro il grande (nuova denominazione della E75). Il professor Pasko Kuzman ha assolutamente negato che Heraclea sia abbandonata, anzi, ha spiegato, c’è un ricercatore che sta portando avanti gli scavi in loco.
Vero è che se mai un visitatore riuscisse a trovare il sito di Heraclea, una volta entrato e visti gli splendidi mosaici proto-cristiani (quelli a tema bucolico con l’albero della vita, i cani, i tori, i pavoni) ricoperti dall’acqua stagnante di chissà quale pioggia, è probabile che ripensi al “cavallo”, alle nuove statue in piazza Macedonia a Skopje, agli enormi edifici neoclassici che vengono costruiti sul fiume Vardar, e rimanga un po’ perplesso.