Il Pride, fra Mar Nero e Caucaso
In Georgia si è da poco conclusa la Pride Week dedicata ai diritti della comunità LGBTQ+. Eventi rigorosamente al chiuso e nessun rappresentante del governo presente
Due delle raccomandazioni della Commissione dell’Unione Europea per concedere alla Georgia entro la fine del 2022 lo status di candidato all’UE insieme a Moldavia e Ucraina riguardano i gruppi vulnerabili e le questioni di genere. Le raccomandazioni 8 e 9 recitano rispettivamente che il governo georgiano si deve impegnare ad agire rapidamente per rafforzare la protezione dei diritti umani dei gruppi vulnerabili, incluso assicurare alla giustizia gli autori e gli istigatori di violenza, e a consolidare gli sforzi per rafforzare la parità di genere e combattere la violenza contro le donne.
Nel suo percorso di avvicinamento all’Europa la Georgia ha puntato sulla carta della regione del Mar Nero: assieme a Ucraina e Moldavia andrebbe ad allargare l’influenza europea lungo le sponde di questo mare. Questo inoltre per la Georgia implicherebbe smarcarsi dal Caucaso del Sud, in cui pure è collocata ma che è un’area con bassissime prospettive di integrazione in Europa. E nella “dimensione Mar Nero” c’è una cosa che non c’è nel Caucaso del Sud: il Pride. In Moldavia e Ucraina, fra mille difficoltà, esiste un Pride. Questo anno il Kyiv Pride è stato ospitato dalla Polonia, a causa della situazione di sicurezza legata all’aggressione russa. In Caucaso no. Niente Pride.
Ad esempio questo anno gli attivisti LGBTQ+ a Baku, capitale dell’Azerbaijan, hanno tenuto una conferenza stampa, la prima in 8 anni, per sensibilizzare sulla difficile situazione della comunità. Ma nessun evento pubblico. Nella vicina Armenia non si sono mai tenute manifestazioni, eventi o sfilate pubbliche LGBTQ+. All’inizio del 2006, quando gli è stato chiesto se pensava che un Pride sarebbe stato consentito a Yerevan se l’organizzazione We for Civil Equality ne avesse richiesto l’autorizzazione, un rappresentante del ministero degli Affari Esteri armeno ha affermato che una parata "gay" sarebbe stata possibile in Armenia solo tra cento anni. Aggiungendo poi che la società armena è fortemente contraria a una "dimostrazione aperta di omosessualità". Del resto gli armeni appartenenti alla comunità LGBTQ+ tendono ad avere problemi di integrazione nella propria comunità anche quando vivono all’estero, in diaspore residenti in paesi in cui i diritti omosessuali sono assai più tutelati.
La Georgia, per aspirare all’Ue, deve dimostrare di essere lontana da tutto questo. Dal 2013, primo anno al governo del Sogno Georgiano (partito conservatore che flirta con gruppi di estrema destra) e anno di un violento pogrom anti-gay al Pride, non è stato più possibile organizzare la settimana dell’orgoglio omosessuale all’aperto. Nel 2021 la Tbilisi Pride Week prevedeva una Marcia per la Dignità, cancellata per la dichiarata incapacità delle forze dell’ordine di proteggere i manifestanti. Una nuova aggressione organizzata, che si è distinta per essere mirata contro la stampa, ha di fatto reso il Pride 2021 un dramma nazionale, in primis per gli organizzatori e i manifestanti, e poi per le prospettive europee del paese, come dimostra la raccomandazione della Commissione. Non è passata inosservata la complicità del governo nel garantire l’immunità ai violenti durante e dopo il pogrom.
La Pride Week 2022
E’ in questo contesto – sullo sfondo di rischi di attacchi omofobi con il tacito appoggio del governo (se quest’ultimo non ha un ruolo diretto di organizzatore delle violenze), e allo stesso tempo con il paese messo alle strette dai partner europei su una serie di requisiti fra cui la tutela delle minoranze e i gruppi vulnerabili – che il Tbilisi Pride a fine maggio ha annunciato il programma della Settimana di Tbilisi per le persone LGBTQ+, poi tenutasi dal 28 giugno al 2 luglio.
Il Tbilisi Pride ha definito l’iniziativa un atto di lotta “contro l’omofobia, l’odio, la propaganda russa, i detentori di un potere incommensurabile, l’oppressione, la discriminazione e la persecuzione". A maggio inoltre non venne programmata alcuna marcia o evento all’aperto perché, come notavano gli organizzatori, “le minoranze omosessuali sono l’unico gruppo nel paese che non ha il diritto di manifestare in pubblica piazza”. Durissime in quell’occasione le parole verso il governo, accusato di incoraggiare i gruppi violenti e non riconoscere l’uguaglianza di tutti i cittadini, perché “essere omosessuale in Georgia significa ancora non avere garanzie di accesso all’istruzione, al lavoro, all’assistenza sanitaria e all’alloggio, oltre a dover subire continue umiliazioni e vessazioni, se non aperta violenza, per la propria identità”.
La Pride Week che si è appena conclusa è stata composta da tre eventi principali: la proiezione di un film Queer georgiano – Wet Sand di Elene Naveriani – , una conferenza regionale di attivisti LGBTQ+ provenienti da Georgia, Ucraina, Moldova, Armenia, Azerbaijan, Turchia e Bielorussia, e un Pride Festival di artisti locali e internazionali. Tutto rigorosamente al chiuso.
La destra omofoba
Il giorno dopo l’annuncio della Pride Week il gruppo Alt-Destra, omofobo e filo russo che ha un proprio canale televisivo e da novembre un partito, il Movimento Conservatore, ha annunciato che non avrebbe permesso che l’evento si tenesse. Le minacce e la mobilitazione contro il Pride sono andate avanti per tutto il mese di giugno.
Il giorno prima dell’inizio della Pride Week il ministero degli Interni ha reso noto che ne avrebbe garantito la sicurezza. Il giorno stesso è stata lanciata un’indagine nei confronti di più persone accusate di istigazione pubblica ad atti di violenza, minacce e distruzione di proprietà.
La Pride Week si è quindi tenuta, ma non senza incidenti. I gruppi omofobi si sono fatti notare, anche se la mobilitazione è risultata più debole dello scorso anno. Hanno bloccato le strade dell’area del Pride, bruciato bandiere arcobaleno, europee e della Nato, ci sono stati scontri con la polizia. Il 2 luglio si è verificata una manifestazione omofoba e anti-occidentale davanti al Parlamento. Sullo sfondo di questa pletora di reati della destra, alla Pride Week del 2022 hanno preso parte attivisti, rappresentanti delle ambasciate europee, semplici spettatori. Ma nessun rappresentante del governo.