Il presidente de facto del Karabakh si dimette, nominato un sostituto
Le dimissioni di Arayik Harutyunyan e il cambio di leadership nel Nagorno Karabakh aprono una nuova fase di incertezza nella regione e per il futuro delle relazioni tra il Karabakh e l’Azerbaijan
Arayik Harutyunyan, presidente de facto dell’ex Regione autonoma del Nagorno Karabakh, si è dimesso il primo settembre. Lo sviluppo non è giunto inaspettato e c’erano già state molte critiche nei suoi confronti, visto il fallimento nel risolvere la situazione nella regione separatista assediata da Baku dal 12 dicembre.
“Il mio background e l’atteggiamento dell’Azerbajian stanno […] generando gravi problemi per quanto riguarda i nostri ulteriori passi e [la flessibilità]”, ha scritto Harutyunyan su Facebook il giorno prima. “Inoltre, la sconfitta nella guerra e le conseguenti difficoltà emerse nel paese hanno ridotto la fiducia nelle autorità e soprattutto nel presidente, il che rappresenta un ostacolo molto serio al futuro buon governo”.
Hanno lasciato l’incarico anche il ministro de facto Gurgen Nersisyan e il suo consigliere, Artak Beglaryan. Samvel Shahramanyan, nominato al posto di Nersisyan, era ampiamente considerato il successore scelto da Harutyunyan. La Costituzione era già stata modificata per consentire fosse il parlamento de facto a scegliere un successore anziché consentire all’elettorato di votarne uno.
Insieme alla fazione politica di Harutyunyan, anche altri tre membri dell’Assemblea nazionale del Karabakh hanno sostenuto la nomina di Shahramanyan, unica voce dissenziente il controverso ex comandante militare Samvel Babayan. La nomina di Babayan è stata respinta perché non soddisfaceva i requisiti di residenza e cittadinanza per candidarsi.
Lo stesso era accaduto nel 2019, prima dell’elezione della presidenza e del parlamento non riconosciuti del 2020, che portarono al potere Arayik Harutyunyan. All’epoca Babayan affermò di essere stato “illegalmente privato” della sua “cittadinanza” nel 2006 senza esserne informato.
Il famigerato uomo forte, un tempo considerato il più potente del Karabakh, era stato incarcerato nel 2000 dopo essere stato accusato di aver ideato un fallito tentativo di omicidio contro l’allora presidente de facto del Karabakh Arkhadi Ghukasyan. Nel 2017, Babayan è stato nuovamente incarcerato con l’accusa di aver tentato di contrabbandare armi, compresi lanciarazzi, dalla Georgia all’Armenia prima delle elezioni parlamentari.
Più recentemente, Babayan ha ulteriormente alimentato ulteriori controversie sostenendo colloqui diretti tra Stepanakert e Baku e la creazione di un mercato comune sulla strada chiusa da decenni Askeran-Aghdam che collega il Karabakh con l’Azerbaijan vero e proprio. Attualmente, è la questione della strada per Aghdam che continua a mantenere in uno stallo l’accordo sulla strada del corridoio del Lachin.
"Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha proposto un approccio graduale che rifletterebbe un sequenziamento nel funzionamento a pieno titolo del corridoio Lachin e l’apertura della rotta Aghdam", ha osservato l’Unione europea in una dichiarazione rilasciata lo stesso giorno delle dimissioni di Harutyunyan.
“La sequenza di queste fasi e il tipo di carico che verrebbe consegnato da ciascuna di queste strade, nonché le relative procedure, sono stati al centro delle recenti discussioni, continua la dichiarazione. “Il dialogo tra Baku e i rappresentanti degli armeni che vivono nell’ex Regione autonoma del Nagorno-Karabakh sarà essenziale in merito”.
Nonostante le critiche di Babayan Babayan ha anche organizzato una manifestazione all’aperto durante la votazione, ma non è riuscito a ottenere un sostegno sufficiente.
Shahramanyan si è insediato come presidente de facto del Karabakh il 10 settembre.
L’Unione europea ha criticato il voto, ma ha affermato che, pur “non riconoscendo il quadro costituzionale e giuridico all’interno del quale [le elezioni] si sono svolte”, ritiene tuttavia “importante per gli armeni del Karabakh consolidarsi attorno ad una leadership disposta a impegnarsi in discussioni orientate ai risultati con Baku. L’UE è impegnata a sostenere questo processo”.
Nel frattempo, a Yerevan, i leader dell’opposizione contrari all’accordo di pace con l’Azerbaijan si sono congratulati con Shahramanyan. Tuttavia, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan non ha espresso le consuete felicitazioni. È probabile che, se Pashinyan riconoscesse Shahramanyan come presidente, contraddirebbe le sue precedenti dichiarazioni sul riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbaijan.
Il 11 settembre, Pashinyan in un’intervista alla Public TV dell’Armenia, ha affermato che non ha rilasciato alcuna dichiarazione perché "la situazione è tale che non c’è molto da congratularsi".
Negli ultimi giorni, un accumulo di forze militari azerbaigiane vicino alla linea di contatto del Karabakh e al confine con l’Armenia ha destato in molti preoccupazione per un nuovo conflitto. L’esito di una nuova guerra di questo tipo si rivelerebbe ancora più prevedibile di quella intrapresa nel 2020. Il blocco parziale dell’autostrada Lachin da parte dell’Azerbaijan aggiunge ulteriori preoccupazioni sul suo futuro, anche a breve termine.
Sono falliti i tentativi di aprire il Corridoio Lachin anche per rifornimenti umanitari in cambio dell’apertura di un percorso supplementare attraverso Aghdam verso l’Azerbaijan vero e proprio. Infatti il 9 settembre, in seguito alla scelta di Shahramanyan da parte del parlamento de facto, la Croce Rossa russa ha dichiarato che avrebbe trasferito l’assistenza umanitaria via Baku. Un solo camion è però arrivato finora in Karabakh via Baku e Aghdam il mattino del 12 settembre.
Il Karabakh, in particolare, vede l’accettazione delle forniture attraverso Aghdam come equivalente all’accettazione dell’eventuale integrazione nell’Azerbaijan. È per questo motivo che, sebbene abbiano accettato un solo camion dalla Croce Rossa russa, non hanno permesso alla Mezzaluna Rossa azera di entrare nel territorio sotto il controllo delle forze di peacekeeping russe.
Come ha scritto un giornalista per Alia Media (Yerevan), e dato che Shahramanyan non è stato votato dalla popolazione, Arayik Harutyunyan “di fatto [è diventato] l’ultimo capo eletto del [Nagorno Karabakh]. "[…] Araik Harutyunyan, anche con la sua esperienza fallita e imperfetta, è stata l’ultima incarnazione dello stato [del Karabakh]", ha affermato Karpis Pashoyan.