Il PPE nella politica interna di Georgia e Armenia
Nuovi attori politici, in Armenia e Georgia, contendono la legittimità internazionale agli avversari di fronte al Partito Popolare Europeo. Il maggiore gruppo politico di Bruxelles, tuttavia, non sembra avere una chiara politica per i paesi ai confini dell’Unione
Alla ricerca di un consolidamento della propria legittimità, nel Caucaso occidentale formazioni politiche diverse si stanno rivolgendo al Partito Popolare Europeo.
La battaglia politica in Georgia si polarizza intorno al Sogno Georgiano e al Movimento Nazionale Unito. Il primo è il partito di maggioranza in parlamento, e ha dato vita al governo. Si tratta di una formazione politica relativamente nuova, che deve costruire la propria credibilità soprattutto in occidente, dove il partito del presidente Saakashvili, il Movimento Nazionale Unito, ha goduto per anni di largo credito. Il momento dell’alternanza al potere, inoltre, è stato accompagnato – secondo alcuni osservatori – da un comportamento non sempre trasparente del corpo diplomatico, che ha contribuito a privare di consenso nell’arena internazionale il nuovo protagonista politico.
In Armenia, la mobilitazione della BaRevolution di Raffi Hovannisian, che contesta il risultato delle recenti presidenziali, non ha ottenuto largo seguito presso l’opinione pubblica internazionale. Da Mosca a Washington, passando per Bruxelles, è stata riconosciuta la vittoria del presidente Serzh Sargsyan nonostante il Partito Repubblicano, cui il presidente appartiene, sia sempre più isolato politicamente all’interno del parlamento, e impopolare.
Il Partito Popolare Europeo e il Caucaso occidentale
Nato come Gruppo Cristiano Democratico nel 1953, il Partito Popolare Europeo (PPE) è composto da più di quaranta partiti politici dei paesi membri dell’Unione europea, uniti da un orientamento di centro-desta, conservatore. Alle elezioni del 2009 si è aggiudicato il maggior numero di seggi in termini relativi, 271 su 754, e ne fanno parte sia il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, che il presidente del Consiglio Herman Van Rompuy. Forse anche per questo motivo, il peso politico del PPE è avvertito come molto rilevante fra i paesi che non fanno parte dell’Unione, ma che tengono molto alla loro affiliazione a questa forza politica transnazionale.
Sia il Movimento Nazionale Unito di Saakashvili che il Partito Repubblicano di Sargsyan, e il partito dell’Eredità di Raffi Hovannisian, leader della BaRevolution, sono legati al PPE come osservatori. Sia lo stato di osservatore che il plauso del PPE sono considerati elementi importanti di legittimazione internazionale, e nel dibattito politico interno il PPE sta giocando un ruolo non indifferente.
In Georgia, fra fede politica e lobbying
L’affiliazione al PPE è rientrata nell’agenda del governo Saakashvili fin dal primo mandato del presidente. A dicembre Saakashvili, durante un’intervista rilasciata insieme al presidente del PPE Wilfried Martens, perorava la linea pro-europeista portata avanti dal proprio partito in contrasto con le tendenze regressive del nuovo governo. Questa lettura trova eco in una recente lettera inviata da 23 membri del parlamento europeo, in larga misura appartenenti al PPE, al primo ministro Bidzina Ivanishvili, leader del Sogno Georgiano, in cui lo si invita a non “bruciare il futuro europeo della Georgia”. Immediata la reazione del presidente del parlamento, David Usupashvili, che rispondendo ai 23 firmatari li ha accusati di essersi rimessi a un’informazione unilaterale e di muovere accuse infondate.
Non è la prima volta che il Sogno Georgiano prende posizione contro le dichiarazioni del PPE: anche il ministro degli Esteri Maia Panjikidze aveva parlato apertamente dell’attività di lobby presso varie istituzioni estere portata avanti dal presidente Saakashvili con l’unico scopo di discreditare il nuovo governo.
Dopo l’ultimo episodio ha preso la parola Ivanishvili stesso, che ha scritto al PPE riconoscendogli un ruolo fondamentale come una della maggiori forze politiche europee, e invitandolo a inviare degli osservatori di lungo termine per verificare direttamente – e non in un modo filtrato dall’ottica di parte del Movimento Nazionale Unito – quanto sta accadendo nel paese.
Fra i due affiliati
Per quanto riguarda l’Armenia, è interessante rilevare che ambedue i partiti al cuore dei due schieramenti politici protagonisti della frattura post-elettorale siano affiliati al PPE.
Il presidente Sargsyan – come Saakashvili – partecipa ai summit e ai meeting del PPE e, all’indomani dalle elezioni, Wilfried Martens era stato fra i primi a inviargli le congratulazioni per la rielezione, quasi aprendo le danze di quel riconoscimento internazionale che ha contribuito al consolidamento della nascita del secondo mandato presidenziale.
Consapevole del peso dei riconoscimenti esteri, e di quanto questi siano capitalizzabili nella lotta politica interna, Raffi Hovannisian ha preso immediatamente una posizione molto dura contro la scelta di Martens, dichiarando che questa era espressione di valori anti-europei e che “se il PPE è incline a seguire il percorso delle frodi, allora il partito dell’Eredità e io personalmente non abbiamo nulla in comune con il PPE”, minacciando di conseguenza di recedere dall’affiliazione.
A marzo, Sargsyan e Martens si sono incontrati a Bruxelles, in occasione del summit PPE, in quello che è stato il secondo viaggio all’estero dopo le elezioni, prima del giuramento del 9 aprile. In precedenza Sargsyan si era recato a Mosca.
L’Europarlamento e la politica di Vicinato
Il ruolo politico – al di là di quello istituzionale – svolto dai partiti che siedono nell’Europarlamento nello spazio del Vicinato, cioè ai confini dell’Unione, rimane un enigma.
Per buona parte degli elettori europei essi rimangono solo una proiezione dei partiti nazionali, e pertanto la lettura delle loro politiche rimane ampiamente ancorata a quella dei partiti nazionali che ne fanno parte. Questa percezione pare rovesciarsi quando si esce dallo spazio UE, dove ad essi ci si rivolge come ad organici e coerenti attori politici, dotati di un’agenda e una linea politica unitaria e coerente da cui si può trarre legittimità e sostegno. Probabilmente nessuna delle due letture è esaustiva.
Quello che – comunque – emerge con tratti abbastanza distinti nel comportamento del PPE è una certa frammentarietà: il maggior partito dell’Europarlamento appare sfilacciato nelle sue relazioni con i partiti affiliati. Il caso armeno è quello più palese. La presidenza del PPE non ha saputo dialogare con tutte le parti, inficiando la possibilità di far giocare al partito un ruolo di moderatore fra i suoi osservatori, e svolgendo cioè quella funzione di “ombrello comune” che le famiglie transnazionali di partiti potrebbero avere.
Il bisogno di legittimità degli attori politici del Vicinato potrebbe scontrarsi con le lacune dell’internazionalismo delle “famiglie politiche europee” anche in futuro, come sta accadendo ora, nella misura in cui i partiti non riterranno di strutturare ulteriormente il loro ruolo transnazionale.
(http://marilisalorusso.blogspot.com/ – il blog di Marilisa Lorusso dedicato al Caucaso del sud)