Il nucleare di Zagabria

Mentre la Croazia si interroga sulla propria sicurezza, dopo l’incidente nella centrale slovena di Krško, a pochi chilometri da Zagabria, il premier Sanader dichiara che la costruzione di nuovi impianti non è un tabù. Pronti i piani per la prima centrale nucleare croata, sulle rive del Danubio

09/06/2008, Drago Hedl - Osijek

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L’incidente alla centrale nucleare slovena di Krško, a soli 40 km da Zagabria, avvenuto il 4 giugno, non ha provocato il panico in Croazia, ma ha aperto una discussione su due questioni importanti: quanto è pronta la Croazia ad affrontare un eventuale incidente grave? Quali sono i piani per la costruzione di una centrale nucleare in Croazia, di cui negli ultimi tempi si parla sempre più ad alta voce?

L’informazione sull’ "eccezionale blocco dell’attività" della centrale di Krško è stata diffusa in Croazia solo alcune ore dopo che l’incidente era avvenuto. Le notizie erano tranquillizzanti, in particolare quella relativa alla mancata fuga di radioattività nell’ambiente. Il fatto, però, che Krško si trovi nelle immediate vicinanze della popolosa Zagabria, abitata da 1 milione di persone, e che la città abbia solamente 1.020 rifugi in cui, nel caso di una serio incidente, potrebbero trovare riparo appena 300 mila persone, ha suscitato molta più preoccupazione. A ciò si aggiunge il fatto che, a soli 50 chilometri circa dal confine croato settentrionale, si trova un’altra centrale nucleare, quella di Paks, in Ungheria. Si tratta di una centrale che gli ungheresi hanno costruito con l’aiuto dell’Unione Sovietica, con una tecnologia avanzata rispetto a quella di Chernobyl.

L’attività del primo dei 4 blocchi di questa centrale nucleare avrebbe dovuto cessare nel 2012 ma, dato che questa centrale atomica produce circa il 40% dell’energia elettrica totale in Ungheria, il suo lavoro sarà prolungato per altri 20 anni. Tale centrale si trova ai confini con la regione croata più florida per l’agricoltura, e un incidente più serio potrebbe avere delle conseguenze impensabili per quanto riguarda la contaminazione del terreno sul quale vengono prodotte le maggiori quantità di cibo in Croazia.

In questa centrale, il 10 aprile 2003, si è arrivati ad un caso di "stato di crisi" che, secondo le affermazioni ufficiali dell’Ungheria, non ha avuto conseguenze serie per l’ambiente né per l’uomo. Secondo la scala internazionale INES (International Nuclear Event Scale) con cui si misurano tali incidenti invece, quello nella centrale ungherese è stato contrassegnato come "serio" e collocato al terzo grado della scala, che comprende incidenti in cui avvengono piccole fughe di materiale radioattivo ma significative contaminazioni, ovvero l’irradiazione delle persone.

Negli ultimi mesi, invece, in Croazia si parla sempre più spesso dell’esigenza di una propria centrale nucleare. Quando il paese faceva parte della Jugoslavia esistevano progetti per la costruzione di una centrale atomica. Sono stati fatti i nomi di tre luoghi possibili: Vir, sulla costa adriatica; Prevlaca, vicino a Zagabria, e Erdut, sul Danubio, nelle immediate vicinanze di Osijek, la quarta città della Croazia, con circa 100.000 abitanti.

Sono state pubblicate anche valutazioni su questi luoghi e, solo per i lavori preparatori di ricerca per una possibile centrale sul Danubio, tra il 1979 e il 1990, sono stati spesi circa 30 milioni di dollari americani di allora. Dopo la tragedia di Chernobyl, tuttavia, la Jugoslavia ha emesso una moratoria sulla costruzione di nuove centrali e, ad oggi, quella di Krško è rimasta l’unica sul territorio dell’ex Federazione.

Dopo l’indipendenza del 1991 questa moratoria è stata adottata anche dalla Croazia ma, negli ultimi mesi, si parla sempre più spesso di una possibile modifica. Dalla cerchia di persone vicine alla lobby croata del nucleare, che caldeggia la costruzione della centrale atomica, si può venire a sapere che sono stati scartati i due siti precedenti, quello sull’Adriatico e quello nelle vicinanze di Zagabria. Quello sulla costa perchè avrebbe danneggiato il turismo, mentre quello a ridosso della capitale perchè lì nelle vicinanze si trova già un’altra centrale nucleare, quella di Krško per l’appunto. Così è rimasta la terza possibilità, quella sul Danubio, nella zona nord-orientale del paese. Ancora una trentina d’anni fa sono state pubblicate delle valutazioni su questo sito che possono essere utilizzate ancora oggi, nel caso la Croazia decidesse di avviare la costruzione di una centrale atomica.

Dopo alcune dichiarazioni sul fatto che la discussione sul nucleare non costituisce alcun sacrilegio, il premier Ivo Sanader ha affermato il 7 giugno scorso a Vienna che "la Croazia deve eliminare il tabù sulle centrali nucleari e aprire un dibattito pubblico sul suo futuro energetico". L’ha dichiarato alla radio austriaca Oe 1 solo alcuni giorni dopo l’incidente di Krško. Gli analisti hanno interpretato queste dichiarazioni non solo come un chiaro segnale che la Croazia costruirà la centrale nucleare, ma anche che in questa direzione esiste un beneplacito da parte dell’Unione Europea, e in questo momento addirittura una lieve pressione affinché ciò avvenga.

La centrale croata, come si prevede, dovrebbe avere una potenza di 4.000 MW, che sarebbe più dell’attuale produzione totale di energia elettrica in Croazia. In riferimento al corrispettivo rimanente potenziale idrico e al prezzo crescente del petrolio nel mercato mondiale, il nucleare sembrerebbe la soluzione più azzeccata. La Croazia potrebbe esportare nell’Unione Europea una parte significativa della corrente della centrale nucleare, e così – si afferma nella cerchia della lobby del nucleare – si potrebbero assicurare in modo relativamente facile crediti favorevoli per la sua costruzione.

Quando però si parla del luogo della attesa centrale nucleare, sul Danubio, nelle vicinanze di Osijek, esistono due seri ostacoli. Il primo è il fatto che sarebbe situata sul terreno più fertile della Croazia, e già ora trova la resistenza della popolazione locale che vive esclusivamente dei prodotti agricoli. Jovan Jelić, sindaco del comune di Erdut, afferma che tra gli abitanti c’è il timore per il futuro dei prodotti dell’agricoltura e della viticoltura, e non esclude la possibilità di forti proteste se si arriverà alla decisione di costruire la centrale in quella zona. Ci sono, però, anche coloro che non la vedono così, confidando in possibili impieghi, visto che un così grande impianto necessiterebbe di una numerosa forza lavoro.

L’altro serio problema è che sull’altra sponda del Danubio si trova la Repubblica della Serbia, che sicuramente non resterebbe indifferente al fatto che, alle porte del suo giardino di casa, ad un centinaio di chilometri in linea d’aria da Belgrado, si costruisca una centrale nucleare croata. Ma i lobbisti hanno anche in questo caso una soluzione. Croazia e Serbia, mettendo da parte la sanguinosa guerra del 1991, potrebbero costruire insieme questa centrale, e ciò migliorerebbe non solo il potenziale energetico di entrambi i paesi, ma porterebbe in modo significativo anche allo sviluppo delle relazioni di vicinato e alla costruzione di una fiducia reciproca. Anche se per ora non si parla ancora apertamente di questa idea, non è escluso che si potrebbe trovare sul tavolo delle proposte, quando si deciderà del futuro nucleare croato.

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