Il nucleare della Romania

A seguito dell’incidente nucleare in Giappone, la Romania si interroga sui possibili rischi della centrale atomica di Cernavodă, attiva dal 1996 e situata ad una cinquantina di chilometri dalla città di Costanza. Le opinioni degli esperti e degli ambientalisti. Il ricordo di Chernobyl

18/03/2011, Daniela Mogavero -

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Centrale nucleare di Cernavodă, Romania (wikimedia )

Il terremoto e lo tsunami che hanno devastato il Giappone e il conseguente rischio nucleare legato alle vicende della centrale Fukushima -1, hanno risvegliato anche in Romania vecchi incubi in parte sopiti e ricordi tristi a pochi giorni dal 25esimo anniversario del disastro di Chernobyl (26 aprile 1986, Ucraina).

Nel Paese, dove è attiva la centrale nucleare di Cernavodă, i primi a cercare di dissipare paure e dubbi sono stati proprio i dirigenti di Nuclearelectrica, la società statale che gestisce l’impianto, che hanno rimarcato la sicurezza dei due reattori, capaci di resistere senza danni a un terremoto fino all’ottavo grado della scala Richter. E, dicono gli esperti, un sisma così forte non si è mai verificato sul suolo romeno in epoca recente. Questo, però, non significa che non si possa verificare in futuro e in quel caso in Romania la situazione sarebbe la stessa del Giappone, ha ammesso il presidente dell’Agenzia nucleare romena Ion Năstăsescu.

Previsti ampliamenti dell’impianto di Cernavodă

Mappa Cernavodă (NordNordWest)

“In caso di terremoto la centrale avvierebbe tutte le misure di sicurezza e di monitoraggio previste – ha spiegato Nuclearelectrica – La tecnologia Candu 6, usata nell’impianto, prevede due gruppi di sistemi speciali progettati per lavorare separatamente ed essere alimentati da fonti diverse di energia. Queste caratteristiche sono argomenti sufficienti per procedere con la costruzione dei reattori 3 e 4”. Fin qui le rassicurazioni della società statale che ha voluto mettere i paletti anche sul futuro ampliamento dell’impianto, un progetto da quattro miliardi di euro, per il 50% in mani pubbliche e per il restante 50% controllato da compagnie internazionali come Enel, da anni in prima fila nel settore energetico romeno e quindi anche nell’atomo.

Se si passa, però, ai timori e al disegno degli scenari possibili, la situazione cambia. I reattori di Cernavodă contengono 84 tonnellate di uranio (per la bomba che colpì Hiroshima servirono soltanto 23,4 chili) e anche se la centrale “è costruita per resistere a qualsiasi tipo di catastrofe naturale e le probabilità di un sisma superiore a otto gradi è vicina allo zero”, come ha sottolineato l’Agenzia nucleare, è anche vero che “con un sisma più forte i problemi sarebbero gravi come quelli del Giappone”, ha ammesso il capo dello stesso ente Năstăsescu.

I rischi in caso di terremoto

Le paure sono fondate? Per i sostenitori della sicurezza dell’impianto la risposta è no, anche perché il sistema di monitoraggio dei sismi avvertirebbe la centrale con 28-32 secondi di anticipo rispetto all’impatto della scossa allertando tutti i sistemi di sicurezza e l’ospedale più vicino è stato attrezzato con macchinari, tecnologie e protocolli d’emergenza studiati appositamente per rispondere a un allarme radioattività. Ma per gli ambientalisti, come Anamaria Bogdan, portavoce di Greenpeace in Romania, “un incidente nucleare a Cernavodă, dovuto a cause tecniche, a un attacco t[]istico o ad altre ragioni distruggerebbe sia Bucarest che Costanza”.

L’opinione dei geologi

Secondo i geologi Cernavodă, infatti, non è esente da rischi: la centrale è costruita nell’intersezione di due zone altamente sismiche, tra Vrancea e Dobrogea, “in un’area molto pericolosa, qui un incidente potrebbe trasformare la centrale in una nuova Chernobyl”, secondo Mircea Radulian, direttore scientifico del dipartimento di Fisica della terra. Ipotesi sconfessata dal direttore dell’Agenzia nucleare, secondo cui “il paragone non è pertinente perché il nucleo, nel caso di Cernavodă, è contenuto in un’ulteriore cella che non consentirebbe la fuoriuscita di materiale radioattivo come accaduto in Ucraina”.

Tornando alla “teoria”, nella area di Vrancea un terremoto superiore a 7,5 gradi della scala Richter è possibile in qualsiasi momento: le probabilità che superi gli 8 gradi sono molto limitate, anche se nel 1798 è segnalato un sisma di intensità 8,1 e ancora nel 1802 di 7,9. Quindi se a Dobrogea si verificasse una scossa di circa 7,7 gradi, come avvenuto l’11 agosto del 2009, e contemporaneamente a Vrancea un altro evento tellurico di 4,5 gradi, Cernavodă potrebbe subire danni gravissimi fino all’esplosione di uno dei reattori.

L’allarme, quindi, esiste, seppur mitigato dalla relativa giovane età della centrale romena, in attività dal 1996 a differenza di altri impianti più vecchi, come quelli spenti in Germania per verifiche.

Stando alla finestra di quello che accadrà in Giappone da qui ai prossimi giorni in Romania nessuna aria di referendum o di revisionismo, ma resta uno spettro che si affaccia e guarda indietro al disastro di 25 anni fa.

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