Grecia, Macedonia del Nord | |
Il nome della discordia – I
Con l’avvicinarsi del summit Nato di Bucarest la disputa sul nome che da sedici anni divide Macedonia e Grecia entra nella sua fase critica. Gli americani vogliono risolutamente Skopje nell’Alleanza, i greci si oppongono. I risvolti politici e strategici nell’analisi del nostro corrispondente
La disputa che ormai da sedici anni divide la Repubblica di Macedonia e la Grecia sulla questione del nome di “Macedonia” sta entrando nella sua fase critica.
La Macedonia dovrebbe essere invitata a divenire membro della Nato, insieme ad altri due paesi del Gruppo Adriatico, la Croazia e l’Albania, al summit dell’organizzazione nord-atlantica previsto per il prossimo aprile a Bucarest. L’accesso di questi paesi nella Nato sembra essere di vitale importanza visti i tempi difficili che aspettano la regione a causa della difficile soluzione della questione dello status finale del Kosovo.
L’ingresso della Macedonia, però, viene ostacolato dalla Grecia, che minaccia di usare il proprio diritto al veto nel caso in cui non si dovesse arrivare ad un accordo sulla questione del nome prima del summit di Bucarest.
La disputa tra i due paesi vicini è rimasta in sospeso da ormai sedici anni, da quando, cioè, la Macedonia si è resa indipendente, nel 1991, e ha seriamente ostacolato l’integrazione internazionale di quest’ultima. A causa dell’opposizione greca, la Macedonia ricevette un seggio all’Onu, nel 1993, col nome temporaneo di FYROM “Former Yugoslav Republic of Macedonia”. Da quando l’ex “Repubblica federale di Yugoslavia” fu ribattezzata in “Serbia e Montenegro” (quest’ultimo si è poi separato in seguito ad un referendum, nel 2006) la Macedonia rimane l’ultima entità dell’ex federazione socialista a portare qualche riminiscenza della parola “Yugoslavia”.
Dopo un embargo greco durato diciotto mesi, a partire dal febbraio 1994, che causò alla Macedonia danni stimati nell’ordine dei due miliardi di dollari, i due contendenti, nel settembre 2005, firmarono un trattato in cui si impegnavano a trovare una soluzione accettabile ad entrambi. Fin da allora i negoziati sono stati portati avanti all’interno della cornice dell’Onu, ma senza segnare progressi significativi. Nel frattempo, 120 stati membri delle Nazioni Unite (ma nessuno stato dell’Ue) e tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Russia, Cina e, recentemente, gli Stati Uniti), hanno riconosciuto la Macedonia col suo nome costituzionale. All’atto del riconoscimento degli Usa, nel 2004, che ha fatto pendere definitivamente la bilancia dalla parte della Macedonia in Consiglio, molti esperti si affrettarono a dichiarare che la disputa era “de facto” risolta.
Oggi però le cose sembrano essere più complesse.
Per molto tempo la Grecia ha fatto intendere di essere pronta a usare il potere di veto contro l’ingresso della Macedonia nella Nato e nell’Unione Europea, se non si fosse trovato un qualche tipo di accordo. Questo comportamento della Grecia in generale non accoglie favori a livello internazionale. La maggior parte dei paesi non sembra interessata alla disputa, e molti credono che l’ultimatum greco verso il suo piccolo vicino sia ingiustificato. La Grecia, però, ha dimostrato chiaramente di essere decisa a non perdere la partita. Nelle ultime settimane la Repubblica Ellenica, che è tradizionalmente vicina alla Serbia, ha addirittura modificato il suo approccio sulla possibile indipendenza del Kosovo, in cambio di comprensione politica sulla questione del nome della Macedonia, accantonando la propria fermezza nel dichiarare che l’indipendenza di Pristina non può essere imposta a Belgrado.
Mentre il summit di Bucarest si avvicina, Atene sta facendo chiaramente capire che non permetterà l’ingresso della Macedonia fino alla soluzione della disputa. In qualche modo questo contrasta con gli interessi della Nato, visto che l’alleanza spinge per l’ingresso dei paesi del Gruppo Adriatico, e innervosisce direttamente anche gli Usa. Gli Stati Uniti hanno espresso chiaramente la loro volontà di includere la Macedonia nelle strutture Nato, e sono il più forte supporter di Skopje in questo processo. Portare la fragile Macedonia nella Nato, significa assicurarsi una cornice più stabile nel momento in cui bisognerà affrontare il tema scottante dell’indipendenza del Kosovo. La questione kosovara, secondo gli americani, sta covando ormai da troppo tempo, e ogni ritardo viene visto come un ulteriore rischio per la stabilità regionale.
Se da una parte gli Usa fanno pressioni per garantire l’invito alla Macedonia per il summit, dichiarando che la questione del nome è a livello bilaterale, e non è quindi condizionale all’ingresso del paese nella Nato, dall’altra la Grecia sta portando avanti un’intensa controffensiva diplomatica, cercando di assicurarsi alleati per i mesi a venire.
Al momento, questi tentativi hanno avuto fortuna alterna. La richiesta greca di introdurre una clausola che renda obbligatoria la soluzione della diatriba sul nome, quale condizione necessaria per discutere l’ingresso della Macedonia, è stata rigettata da un consiglio ministeriale della Nato ad inizio dicembre 2007. A quanto pare la Germania si sarebbe opposta, sostenendo che l’inclusione di un “vocabolario addizionale” non è conforme alla politica tenuta dall’Alleanza Atlantica verso i paesi del Gruppo Adriatico.
La Grecia, d’altra parte, è riuscita a far includere la questione all’interno delle note conclusive di un incontro ministeriale del Consiglio d’Europa a metà dicembre. In queste note viene riportato che non si è ancora giunti ad un accordo sulla questione del nome, e si invita la Macedonia a rinnovare i propri sforzi e a tenere un atteggiamento costruttivo. La questione è stata poi citata all’interno del rapporto annuale della Commissione Europea sulla Macedonia, anche se non è stata poi discussa negli ultimi summit dell’Ue.
Se da una parte la Grecia sembra perdere colpi, a causa della sua intransigenza, dall’altra pressioni crescenti vengono esercitate sulla Macedonia per giungere ad un compromesso. Il sottosegretario di Stato americano Nicolas Burns, ad inizio dicembre 2007 ha dichiarato al ministro degli Esteri macedone Antonio Milosovski che “il premier e il governo della Macedonia dovrebbero mostrare una maggiore sensibilità nei riguardi del governo e dell’opinione pubblica della Grecia”. Soprattutto se si prendono in considerazione alcuni “atti provocatori non necessari”, venuti da parte macedone, come la decisione di ribattezzare l’aeroporto di Skopje in “aeroporto Alessandro Magno”. Questa mossa ha dato la possibilità alla Grecia di accusare la Macedonia di non rispettare il trattato del 1995, in cui entrambi i paesi hanno promesso di evitare ogni forma di provocazione.
Il primo ministro macedone, Nikola Gruevski, ha ammesso l’esistenza di enormi pressioni esercitate per raggiungere una soluzione di compromesso.
“Mi è stato detto in varie occasioni, e in modo piuttosto chiaro, che da noi ci si aspetta il raggiungimento di un’intesa con la Grecia. Mi sono addirittura stati consigliati alcuni possibili nomi: “Nuova Macedonia”, “Repubblica di Macedonia – Skopje”, “Macedonia Superiore”, “Macedonia del Nord”. Tali suggerimenti mi sono stati presentati sempre durante incontri privati, sebbene da diplomatici stranieri di massimo livello”, ha dichiarato recentemente Gruevski.
L’ultima offerta è arrivata in un recente vertice del Partito Popolare Europeo a Bruxelles. La stampa macedone ha scritto che, quando la questione del nome è stata citata dal presidente del partito Wilfred Martens, ex premier belga, il primo ministro greco Kostas Karamanlis ha preso la parola, offrendo a Gruevski, anche lui presente, il nome di “Nuova Macedonia”. Dal punto di vista greco, si tratta di un’enorme concessione, visto che nel passato anche recente, ad Atene veniva rigettata con decisione ogni denominazione che comprendesse la parola “Macedonia”. Gruevski avrebbe però declinato l’offerta. Alla stampa, Gruevski ha poi dichiarato si sia trattato di un episodio di importanza marginale, e che “l’argomento è stato appena menzionato”. Il fatto che l’offerta ci sia effettivamente stata, è stato però confermato da Ivo Sanader, primo ministro croato.
“Sarebbe un vero peccato, se la Macedonia perdesse la possibilità di entrare nella Nato a causa della disputa sul nome”, ha dichiarato Sanader.
Sembra che entrambi i contendenti abbiamo deciso di schiacciare a fondo l’acceleratore sulla disputa del nome. Senza un accordo, però, lo scontro sembra inevitabile.