Il mondo di Bata

Nostra intervista a Bata Živojinović, icona del cinema jugoslavo protagonista di oltre 300 lungometraggi. Il leggendario protagonista di "Valter difende Sarajevo" racconta la sua carriera dagli esordi al periodo della transizione

11/03/2008, Ana Luković - Belgrado

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La versione di "Valter difende Sarajevo" per il mercato orientale

La prima domanda è: quando è entrato nel mondo del cinema?

Ho cominciato ad occuparmi di cinema 50 anni fa, sono l’unico attore dell’ex Jugoslavia che ha frequentato la scuola superiore per il teatro a Niš, l’accademia statale a Novi Sad e la Facoltà di Arti Drammatiche di Belgrado. Le mie ambizioni erano chiare dall’inizio, ma non avrei mai immaginato di lavorare nel cinema per 50 anni, girare oltre 330 film e recitare con le grandi stelle del cinema mondiale in Germania, Italia, Svizzera, insieme a grandi registi e grandi persone, come Romi Schneider. Ho sempre avuto la fama di "attore della Resistenza" ma in realtà, dei 330 film che ho girato, solo 33 sono "partigiani".

Che significato ha avuto il cinema serbo fino al 1990? Qual era la sua importanza per il regime e per la società?

Allora gli autori erano jugoslavi, non serbi, croati o sloveni come oggi. Eravamo tutti jugoslavi e questo elemento di coesione era molto importante. I legami che c’erano allora non ci sono più. Direi che ci sono state tre fasi, che hanno subito una grande influenza da parte della politica, anche se in modo diverso.

Nella prima fase c’erano più fondi per il cinema perché lo Stato investiva in tutte le arti, e chi si occupava di cinema sapeva di poter vivere grazie a questo. Per i nostri standard, gli stipendi erano molto buoni. Lo Stato investiva nei film che avevano un valore storico e politico, senza chiedere quanto costassero. Neretva, Sutjeska e Kozara sono tra i film più costosi mai girati. Allora si giravano film di tutti i generi, ma soprattutto commedie. Il cinema locale si occupava anche di storia jugoslava, della Seconda Guerra Mondiale, con film abbastanza realistici come Valter brani Sarajevo, Most, Diverzanti, Partizanska eskadrila di Hajrudin Krvavac, che è musulmano.

In Cina, secondo la stampa locale, 11,5 milioni di persone hanno visto i miei film. I cinesi mi amano molto, e anch’io loro. Sono stato lì 10 volte, e vi ho anche girato un film macedone.

Dopo il 1989, anche se facevo politica e quindi non lavoravo molto, ho fatto due film molto significativi: Lepa sela, lepo gore e Ptice koje nikad ne polete. Questi sono film dell’epoca di Milošević, e anche i film che erano contro il regime ricevevano dei fondi. Penso che dovrebbe essere sempre così.

Dopo il 5 ottobre 2000, non ho visto una telecamera per quattro anni, ma poi ho cominciato a lavorare nella serie Seljaci, che ora è la più vista con 50 episodi l’anno.

Quale modello di cinema seguiva la cinematografia serba? Oggi sono cambiati i punti di riferimento internazionali?

Non ci siamo mai ispirati al cinema russo o americano, anche se con la Russia abbiamo un legame storico e una vicinanza sentimentale. Il cinema jugoslavo non seguiva nessun modello, ma anzi ha dato dei modelli al cinema mondiale, come Saša Petrović ed Emir Kusturica. Il problema attuale è che lo Stato investe molto poco nel cinema. Lo scorso anno il budget per il cinema era di un milione e mezzo di euro, e ci hanno girato 30 film.

Quali cambiamenti ha portato la transizione all’economia di mercato?

L’indebolimento dell’economia si è riflesso nell’indebolimento della cultura. C’è una spaventosa mancanza di stimoli e incoraggiamento per l’arte. L’unico successo del periodo di transizione è Mile, il protagonista della serie umoristica "Mile contro la transizione", sulle difficoltà della vita durante la transizione.

In che modo avvenivano la promozione e la distribuzione dei film nelle tre fasi? C’erano delle pressioni per favorire determinati film?

Il problema della distribuzione è l’insufficienza di cinema. Alle giovani generazioni non sono rimasti neanche i cinema, lo Stato li ha venduti tutti. Da 1500 ne sono rimasti 50, mentre gli altri sono stati trasformati in negozi, palestre… Oggi non ci sono cinema moderni e funzionali, e non credo che ne abbiano aperti di nuovi. In passato, una delle occasioni più importanti era il festival del cinema di Pula, dove venivano premiati gli autori. Questo premio segnava sempre l’inizio di una carriera di successo… Anch’io ho fondato un festival simile a quello di Pula. Di pressioni per favorire determinati film non ce n’erano. Questa domanda non c’entra molto, la propaganda c’era ai tempi di Lenin. Non c’erano pressioni di nessun genere, nessuno può dirmi che io recitavo al servizio del socialismo.

Che importanza hanno per il cinema balcanico l’UE e gli Stati Uniti?

Noi otteniamo dei fondi da Eurimages, ma in realtà non fa molta differenza da chi arrivano i soldi.

Sopravviverà il cinema alla concorrenza di TV e Internet?

La televisione non può fare concorrenza al cinema, in TV non danno i grandi film nazionali. Per quanto riguarda Internet, non siamo così avanzati, milioni di persone non sanno nemmeno cosa sia.

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