Kosovo | | Politica, Unione europea
Il Kosovo di Peter Feith
A pochi giorni dall’entrata in vigore della costituzione kosovara, che apre la strada allo spiegamento della missione europea EULEX, la nostra corrispondente ha incontrato a Pristina Peter Feith, Rappresentante speciale dell’UE in Kosovo
E’ arrivata l’attesa lettera del Segretario Generale dell’Onu sulla riconfigurazione della missione Unmik, il cui senso generale parla di una riorganizzazione della struttura della missione al fine di permettere all’Unione Europea di assumere un ruolo rafforzato in Kosovo, ma in accordo con la risoluzione 1244. Crede che questo possa significare la nascita di una missione "a due teste"?
Innanzitutto vorrei ricordare che non c’è soltanto la lettera, ma anche un rapporto che lo stesso Segretario Generale invierà a breve. In secondo luogo, credo che bisogna accogliere con soddisfazione il fatto che sia stata riconosciuta la nuova realtà emersa in Kosovo, decidendo di riconfigurare la presenza dell’Unmik e di permettere quindi alla missione Eulex di spiegarsi su territorio kosovaro. Credo sia un passaggio positivo e spero questo venga accolto anche dal governo e dalla gente del Kosovo.
Ma l’Unmik resterà su alcune parti del territorio, e la sua polizia e il suo sistema giudiziario continueranno a funzionare…
Sicuramente l’obiettivo finale è quello di avere una sola missione.
Ma quali sono le garanzie che questo accadrà davvero? Se questo scenario fosse possibile, non avrebbe dovuto già divenire realtà?
Certamente abbiamo avuto un certo ritardo e abbiamo perso del tempo, da una parte per ragioni tecniche, dall’altra a causa delle consultazioni necessarie a trovare il consenso da parte degli attori internazionali più importanti, incluso il Consiglio di Sicurezza. Ci sarà bisogno ancora di tempo, ma sono convinto che raggiungeremo l’obiettivo molto presto.
Spera ancora che la Russia possa cambiare il suo approccio alla questione kosovara? Nelle ultime dichiarazioni russe, il Kosovo viene considerato ancora parte della Serbia…
Dobbiamo aspettare per vedere quali saranno le prossime reazioni del governo russo, ma credo sia significativo che il Segretario Generale dell’Onu abbia riconosciuto che la nuova costituzione del Kosovo entra in vigore dal 15 giugno e che questa fa parte della nuova realtà sul terreno. Questo è un chiarimento importante.
La costituzione è in vigore dal 15 giugno, ma l’Unmik resta, anche se la costituzione stessa non riconosce la presenza della missione Onu…
Come ho già detto dobbiamo aspettare il rapporto e, credo, dovremo avere un po’ di pazienza, ma presto il Segretario Generale definirà i prossimi compiti dell’Unmik, che saranno piuttosto diversi da quelli avuti negli ultimi nove anni. Sicuramente il 15 giugno marca uno spartiacque, un cambiamento sul terreno che delinea la futura fine dell’amministrazione internazionale in Kosovo. L’Onu continuerà a rispondere a determinati compiti e ad supportare la fase iniziale di Eulex, un ruolo che io credo positivo.
Eulex sarà dispiegata sotto l’egida delle Nazioni Unite. Anche lei, come rappresentante dell’UE si troverà sotto l’ombrello dell’Onu?
Questa è una questione piuttosto complessa. In ogni caso, sia come European Union Special Representative in Kosovo che come International Civil Representative la mia figura non è inclusa all’interno di questa cornice negoziale, dove verrà invece a trovarsi la missione Eulex, guidata dal generale De Kermabon, che riferirà al palazzo di vetro di New York ad intervalli regolari, per un periodo limitato di tempo. Le istruzioni, però, verranno da Bruxelles, e in questo senso possiamo dire che la missione godrà di una ampio grado di autonomia. L’ International Civilian Representative, in accordo con la costituzione appena entrata in vigore, sarà l’autorità suprema nell’interpretazione degli aspetti civili dell’implementazione del piano Ahtisaari.
Che tipo di rapporti avrà con il successore di Rucker, che avrà un differente mandato rispetto a quello dell’attuale capo missione Unmik?
Devo essere molto conciso su questo punto, visto che istruzioni in questo senso non sono ancora arrivate. Non dimentichiamo che la situazione sarà discussa all’interno del Consiglio di Sicurezza e che a breve il Segretario Generale dell’Onu sarà più preciso sul futuro ruolo del suo Rappresentante Speciale.
Ma quale sarà l’autorità al comando, qui in Kosovo? Non è una domanda complicata, ma la risposta sembra tutt’altro che semplice…
Sì, la questione è complessa. Ripeto che, dopo il 15 giugno, l’autorità viene esercitata dal governo kosovaro, nonostante il permanere della comunità internazionale. Come International Civilian Representative, insieme al mio staff, provvederò a sostenere e a consigliare il governo sull’implementazione del pacchetto Ahtisaari. Anche l’Onu continuerà a svolgere delle funzioni di grande utilità: monitorerà la situazione in Kosovo e probabilmente aiuterà il giovane stato nelle sue relazioni con l’esterno. Dico probabilmente, perché un accordo su queste materie deve ancora essere trovato. Si tratterà comunque di un campo d’azione molto limitato.
A partire dalle informazioni oggi disponibili, nel Kosovo settentrionale l’Unmik continuerà ad amministrare le funzioni di polizia e giustizia, visto che Eulex non è accettata dalla popolazione serba. Stiamo andando nella direzione di due missioni, una per gli albanesi e l’altra per i serbi?
All’inizio l’impressione potrebbe essere questa, ma gradualmente Eulex assumerà responsabilità operative in tutto il Kosovo, anche nella sua parte settentrionale. Nel giro di due o tre mesi Eulex sarà in piena capacità operativa.
Ma c’è un piano operativo? Forse la domanda dovrebbe essere rivolta al generale De Kermabon, ma il problema si pone anche per l’ICO, che ha un ufficio a Mitrovica sud, ma non a nord dell’Ibar. Come superare questa impasse?
Effettivamente dovrebbe essere De Kermabon a rispondere. Comunque, anche l’ICO (International Civilian Office) ha l’ambizione di sviluppare la propria missione anche a nord di Mitrovica. Abbiamo i nostri contatti in quell’area, e riteniamo che nei prossimi mesi saremo in grado di essere attivi anche lì.
I serbi sembrano però prendere delle posizioni sempre più rigide, non vogliono prendere parte a questo processo. Belgrado si oppone ad ogni proposta, mentre le strutture parallele sono state rafforzate dopo la proclamazione di indipendenza. Pensa che uno scenario ottimistico sia anche reale?
Aspettiamo di vedere le reazioni di Belgrado alle proposte del Segretario Generale. Queste contribuiranno sicuramente a chiarire la situazione. Il Segretario Generale ha riconosciuto una nuova realtà in Kosovo, e nuove opportunità per il governo kosovaro. Con la nuova presa di posizione ci saranno forse elementi di novità anche per Belgrado. Chiaramente, c’è il bisogno di superare la sfiducia dei serbi del Kosovo, ma sono convinto che la cornice loro offerta col piano Ahtisaari sia la migliore tra quelle possibili. Il governo del Kosovo è molto impegnato in questa direzione, e io spero che questo processo possa portare ad un pieno spiegamento della missione europea sull’intero territorio kosovaro.
Oltre a costruire strutture parallele, i serbi hanno tenuto anche elezioni amministrative, dichiarate illegittime. Esiste la possibilità di negoziare con i rappresentanti eletti in queste consultazioni e di raggiungere con loro un qualche compromesso nel futuro?
Su questo tema esiste un altro punto di incertezza, che è relativo alla formazione del nuovo governo a Belgrado. Continuiamo a sperare che la Serbia avrà presto un governo di ispirazione fondamentalmente pro-europea, e sarà compito proprio di questo governo di scegliere se instaurare presto un nuovo clima di dialogo con la comunità internazionale e forse, tra non molto, anche con Pristina.
Il ruolo dell’ICO è quello di supervisione del piano Ahtisaari, un piano che i serbi del Kosovo non hanno accettato, e che non parteciperanno ad implementare. Accetterete un’implementazione solo parziale del piano?
Per un’implementazione piena abbiamo bisogno della cooperazione dei serbi del Kosovo, e quindi anche di quella di Belgrado. Torno a ripetere che dobbiamo conquistare la fiducia della comunità serba del Kosovo, ed allo stesso tempo del supporto attivo da parte di Belgrado. Ad esempio, il pacchetto Ahtisaari concederà relazioni privilegiate tra i serbi del Kosovo e la Serbia nel campo dell’istruzione e della sanità. Noi vorremmo che le scuole della comunità serba, che seguono il curriculum serbo, possano ricominciare senza problemi dopo la pausa estiva. Perché questo succeda, abbiamo bisogno di un qualche supporto da parte delle istituzioni serbe.
Il Kosovo, nonostante la dichiarazione di indipendenza, non è ancora uno stato funzionante: le frontiere sono aperte, le strutture parallele sono attive ed ancora più forti. Molti compromessi sono stati accettati in nome di una funzionalità che non si vede. In Kosovo c’è un sentimento di insoddisfazione diffuso…
Io non ho questo tipo di percezione. Il Kosovo sta funzionando molto bene come stato, acquista un riconoscimento internazionale crescente e non c’è motivo di pensare che, da questo punto di vista, si stia perdendo terreno. C’è solo bisogno di più tempo. Stiamo ancora lottando per superare l’eredità di anni di sfiducia, ma credo che oggi esistano le giuste condizioni, inclusa la situazione a Belgrado, perché le cose cambino per il meglio.
Non crede che con questa riconfigurazione, e con la presenza di tante missioni diverse, il Kosovo entri in una nuova fase sperimentale?
Non parlerei di "fase sperimentale". Vedo la nuova situazione come una riaffermazione del Kosovo come nazione indipendente e come elemento di stabilità della regione sulla strada verso l’UE. Credo che il 15 di giugno segni un momento significativo, che rappresenta il coronamento di un importante lavoro sul piano della produzione legislativa. La costituzione approvata, che è la più moderna al mondo, contiene tutti gli elementi che l’Unione Europea giudica necessari e riflette i valori europei. In una settimana o due, poi, saranno approvate tutte le le leggi previste dal piano Ahtisaari come cornice di protezione delle minoranze, e quelle sulla decentralizzazione. Tutto questo rappresenta un enorme risultato da parte del governo kosovaro.