Il kitsch a Sarajevo
"Non vi è alcuna differenza tra il monumento a Stefan Nemanja a Belgrado, una serie di monumenti eretti a Skopje e la statua di Tvrtko appena inaugurata a Sarajevo. Non si tratta d’altro che di un kitsch nazionalista e di una fascinazione tragicomica per i regni medievali", il commento di Dragan Markovina
(Originariamente pubblicato sul portale Peščanik, il 30 agosto 2023)
Volendo citare una prova inconfutabile – se mai ve ne fosse bisogno – della tesi di Marx secondo cui la storia si ripete sempre due volte, la prima volta come tragedia e la seconda come farsa, tale prova è appena apparsa a Sarajevo con l’erezione di un monumento al re Tvrtko e con tutta l’euforia e le polemiche che hanno accompagnato la vicenda.
Tutto è ovviamente iniziato con la tragedia degli anni Ottanta, con quella fascinazione – diffusa in Serbia e in Croazia – per il medioevo, per vari imperatori, re e leggende. Successivamente questa tragedia è stata portata ad un altro livello con le guerre degli anni Novanta, per poi proseguire in forma di farsa in Macedonia, poi di fronte a quella che un tempo ospitava la principale stazione ferroviaria di Belgrado, e infine a Sarajevo con la sindaca che posa orgogliosamente davanti alla statua monumentale e iperrealistica di un re.
Va subito detto che non vi è alcuna differenza tra il monumento a Stefan Nemanja a Belgrado, una serie di monumenti eretti a Skopje e la statua di Tvrtko appena inaugurata a Sarajevo. Non si tratta d’altro che di un kitsch nazionalista e di una fascinazione tragicomica per i regni medievali, ossia di un nazionalismo statuale e del bisogno da esso scaturito di costruire una continuità storica immaginaria che in realtà non è mai esistita.
La Bosnia Erzegovina contemporanea – creata nell’ambito della ZAVNOBIH [Consiglio nazionale antifascista per la liberazione popolare della Bosnia Erzegovina] e dell’AVNOJ [Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia] e nata dalla lotta partigiana – non ha, e non ha mai avuto nulla a che vedere con un regno medievale. Ed è proprio grazie a questo fatto, oltre che alla complessa struttura demografica della BiH, che il paese fu a lungo risparmiato dal kitsch nazionalista e dalla scultura monumentale che lo incarna. Inoltre, la Sarajevo post-bellica era talmente all’avanguardia, talmente pronta a proseguire sulla strada del modernismo che già nel 1997 in Piazza della Liberazione fu inaugurato il monumento all’uomo multiculturale di Francesco Perilli. Tuttavia, negli ultimi ventisei anni la situazione è evoluta a tal punto che oggi Perilli viene percepito come una figura controversa per via della nudità esposta, diventando quindi oggetto di una critica motivata da ragioni clericali, mentre le autorità, nominalmente di sinistra, inaugurano una statua monumentale e iperrealistica – quindi realizzata nello spirito dell’Ottocento – dedicata ad un re medievale, e molti sarajevesi che si considerano di sinistra non vi vedono nulla di problematico.
Certo, sarebbe bello concludere affermando che il monumento al re Tvrtko stride con lo Zeitgeist. Questo ragionamento sarebbe valido se osservassimo la situazione da una prospettiva modernista. Purtroppo però il monumento in questione si inscrive perfettamente nella tendenza nazionalista che si è ormai imposta come dominante non solo in Bosnia Erzegovina, ma nell’intero spazio post-jugoslavo. Un mondo in cui è normale che i socialdemocratici in preda all’euforia inaugurino una statua di un re medievale, anziché un monumento modernista dedicato ai minatori bosniaco-erzegovesi, è un mondo che irrimediabilmente è andato al diavolo.
Questo mi porta al secondo aspetto della questione, ossia al contesto politico e sociale in cui, dopo tutta una serie di peripezie e contestazioni da parte della Commissione per la salvaguardia dei monumenti nazionali, Tvrtko è sorto all’improvviso di fronte alla sede della Presidenza della Bosnia Erzegovina, e di certo non è un caso che sia successo proprio il giorno in cui ricorreva l’anniversario della stesura della Carta di Kulin Ban . I nazionalisti di stato e quelli bosgnacchi glorificano Tvrtko con altrettanta insistenza, imitando in modo tragicomico gli altri due nazionalismi e screditando cinicamente le istituzioni statali – che fingono di avere a cuore – e le loro decisioni riguardanti il monumento in questione. Nel frattempo, il sindaco di Banja Luka ha annunciato di voler realizzare un proprio monumento a Tvrtko inteso come un re serbo.
A quei pochi cittadini rimasti estranei all’euforia nazionalista non resta che ridere disperati di fronte a questo circo, perfettamente consapevoli che tale risata non potrà invertire lo sprofondamento spirituale nel XIX secolo, uno sprofondamento che evidentemente era inevitabile.
Forse però un giorno qualcuno scriverà uno studio serio su come dal movimento New Primitives, dalla hit “Anarchia all over Baščaršija” e dalla Top lista nadrealista siamo arrivati al re Tvrtko e alla fascinazione per il medioevo. Fino a quel momento i cittadini [di Sarajevo] continueranno a farsi fotografare accanto al monumento con la stessa euforia con cui molti cittadini di Belgrado si fanno fotografare accanto a Stefan Nemanja.