Il cuore nel pozzo: intervista a Leo Gullotta

Non è una ricostruzione storica, ma un’occasione per aprire una riflessione su di un periodo oscuro. Così "Il cuore nel pozzo", la controversa fiction sulle foibe prodotta dalla Rai e da Rizzoli audiovisivi, nelle parole di Leo Gullotta/Don Bruno. L’intervista, in collaborazione con Radio Onda d’Urto, è stata realizzata prima della messa in onda del film

09/02/2005, Andrea Oskari Rossini -

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Leo Gullotta

"Il cuore nel pozzo" racconta una vicenda personale ma in un contesto storico e politico di grande significato, anche alla luce delle istituzione della giornata del ricordo che si celebrerà in Italia il prossimo 10 febbraio. Che cosa vuole trasmettere questo film?

Leo Gullotta: Stabiliamo subito che "Il cuore nel pozzo", il film per la televisione su Rai Uno, non è una ricostruzione – sottolineo la parola ricostruzione – storica sulle foibe. Nel racconto quel momento storico è in fondo alla storia, si vede, passa, ma il racconto è quello di uomini, di tensioni, di domande, di perché, di dolori, di follie, di perdimenti di persone che appartengono alla drammaturgia, quindi finta, del racconto, anche se molto vicine, quindi molto verosimili, alla realtà. L’occasione, presumo da interprete, soltanto da interprete, dopo 60 anni di silenzio totale da una parte e dall’altra, è quella della possibilità offerta dalla televisione alla riflessione, al sapere e alla memoria. La televisione entra nelle case, a differenza del cinema o del teatro che sono cose che si scelgono, entra nelle case direi quasi a forza e quindi in un’Italia che non sa – a parte la parte geografica interessata – che cosa sono state le foibe, è un’occasione innanzitutto per accendere una fiammella sul totale silenzio dopo 60 anni, con la speranza che si cominci un cammino sereno di riflessione e di memoria. Questo è un lavoro che devono fare gli storici, i politici, i giudici, quello di ricomporre lentamente il perché questo avvenne. Per come lo definisco io fu una bolla storica, una sospensione socio-politica e geografica di quella zona. Naturalmente poi ai vari silenzi contribuirono la guerra fredda, il muro di Berlino ma ripeto queste non sono domande che si pone il film. Ripeto ancora una volta, è l’occasione per accendere per la prima volta una fiammella e far entrare nella case questo dolorosissimo momento storico caduto nella nebbia, nel silenzio. Le scuole, i ragazzi, non sanno niente. E’ un’offerta per i giovani, è un’offerta alla memoria, un’offerta per dire anche in questa occasione mai più.

Quindi dal punto di vista della produzione non c’è stato il tentativo di fare una ricostruzione storica accurata?

Leo Gullotta: Non è e lo risottolineo non è una ricostruzione storica di quel momento. La storia in questo film è sullo sfondo perché non ci potevamo sostituire né agli storici, né ai politici, né ai giudici che per 60 anni non hanno dato notizie, quindi potevamo soltanto prenderla da un altro punto di vista. E’ la storia inventata di un gruppo di persone che scappano, quindi la storia è in fondo, si intravede, è l’occasione per far dire mi ha incuriosito, voglio saperne di più e quindi a quel punto ci auguriamo che le scuole, gli insegnanti, i libri svolgano la loro funzione, che le persone escano fuori di casa e comprino un libro.

Data la contiguità evidente che però esiste nella società dello spettacolo tra arte, politica e storia, questo film assume un valore che trascende la sua parte di fiction… Quali sono state le reazioni alla presentazione e alle prime proiezioni del "Cuore nel pozzo"?

Leo Gullotta: Alle anteprime ci sono stati dei balletti un po’ curiosi, sicuramente non dico di appropriazione di un prodotto ad uso politico ma comunque delle cose non proprio chiare… Ecco io credo che in questo momento da una parte e dall’altra, visto che da una parte e dall’altra le persone informate sanno che le colpe sono da tutte e due le parti, ci sia la necessità di sedersi serenamente ad un tavolo, non dico domani o dopodomani, ma far arrivare per esempio nei libri di storia questa cose. Io ne ho 59 di anni e non sapevo nulla, nemmeno dai miei ricordi scolastici, perché nei libri non c’era assolutamente nulla. Si ha bisogno della memoria si ha bisogno di sapere e questo è per il futuro dei nostri figli, dei nostri nipoti, per rispettare la nostra dignità.

Secondo lei perché c’è stato silenzio su questa vicenda storica in Italia?

Leo Gullotta: Io le posso rispondere da semplice cittadino ignorato nel poter avere notizie nei miei 59 anni di età… La mia curiosità, perseveranza, senso civile mi hanno portato a scartabellare… Prima di iniziare le riprese ho cercato di avere qualche libro, qualche notizia, ho trovato ad esempio un libro il cui autore è Oliva, dove si può reperire del materiale, quanto meno per capire quel momento e sapere come muovermi. Perché c’è stato il silenzio non sono io a poterglielo dire, però poco fa le accennavo ad alcuni elementi da una parte e dall’altra, il muro di Berlino, la guerra fredda, la paura a toccare certe cose per non farne emergere altre, il maresciallo Tito che non dico si era staccato dalla madre Russia ma comunque era più vicino all’Occidente e insomma non bisognava toccarlo…

Quindi "Il cuore nel pozzo" come occasione per aprire una riflessione, ed attenzione ai tentativi di appropriazione indebita, è così?

Leo Gullotta: Perfettamente, è l’occasione per accendere per la prima volta una candela con la speranza che dalle candele si passi all’elettricità.

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