Il contenzioso sloveno-croato: una pericolosa scintilla nei Balcani occidentali
Al momento della dichiarazione d’indipendenza Croazia e Slovenia si accordarono sul confine di terra, ma non su quello di mare. Oggetto del contenzioso, che sta riaccendendo pulsioni nazionaliste, il Golfo di Pirano.
La Slovenia e la Croazia dichiararono l’ indipendenza con reciproco riconoscimento diplomatico simultaneamente il 25 giugno del 1991. Nel farlo dichiararono di non avere contenziosi di frontiera e di riconoscere il proprio confine – fino allora interrepubblicano – quale nuova frontiera interstatale, fatto che suggellarono in entrambi i parlamenti con la rispettiva »Carta costituzionale di fondazione e indipendenza della repubblica«. Il mutuo riconoscimento del confine venne giudicato dalla commissione internazionale di arbitrato per l’ ex Jugoslavia, presieduta dal giudice francese Robert Badinter, elemento fondamentale per il riconoscimento internazionale di Slovenia e Croazia, sia da parte dell’ UE che dell’ ONU.
Ma se il confine di terra tra i due nuovi stati era grosso modo definito (Lubiana e Zagabria si accordarono di tracciarlo con esattezza in base al lavoro di una commissione mista di esperti), lo stesso non si puo’ dire per quello di mare, non essendoci mai stata una delimitazione di acque tra le diverse repubbliche Jugoslave, bensì solo tra zone e settori di controllo delle diverse polizie.
A 13 anni dall’ indipendenza Slovenia e Croazia si trovano ad affrontare con reciproche accuse, che vanno assumendo già una dimensione europea ed internazionale, uno dei contenziosi territoriali più insidiosi nell’ area ex Jugoslavia. La speranza di trovare finalmente un accordo bilaterale di compromesso sia sul confine di mare che sugli ultimi 7 kilometri di confine terrestre, i quali concorrono a determinare il primo, sembrano svaniti dopo che nel 2001 la Croazia , ovvero il suo parlamento e di conseguenza anche il governo, abiurarono una proposta formulata direttamente dai due capi di governo di allora, Janez Drnovšek e Ivica Račan, e che prevedeva una divisione del golfo di Pirano (in verità una baia) vantaggiosa per la Slovenia e un corridoio di acque internazionali che permettesse a Lubiana l’accesso diretto al mare aperto. In compenso la Slovenia abbandonava le sue pretese sui 130 ettari a sud del fiume Dragogna, sotto giurisdizione croata al momento dell’indipendenza ed anche ora, ma che Lubiana considera propri o almeno oggetto di negoziato in quanto evidenziati sui libri catastali sloveni come appartenenti al comune catastale di Sicciole. E’ proprio a cavallo del valico di confine istriano di Sicciole-Plovanija che dal 1994 avvengono sistematici incidenti, spesso inscenati accuratamente e con la puntuale presenza della TV slovena e che hanno quale protagonista un cittadino sloveno, Joško Joras, membro del Partito popolare sloveno (destra populista). Joras non riconosce il confine e dichiara – con il sostegno ambiguo delle autorita’ di Lubiana – che la sua casa e’ in territorio sloveno. Nel 1984 questo sloveno originario di Maribor costruì la sua casa sulla sponda sinistra del Dragogna,ottenendo tutti i permessi dal comune croato di Buie. Nel 1993 alcuni politici sloveni »scoprirono« che i paesini di Mulino, Busini e Scodelini, a sud del fiume che fungeva da confine, erano evidenziati nei libri catastali di Sicciole, per cui richiesero ed ottennero dal governo che diventassero oggetto di negoziato per la commissione diplomatica mista per il confine. In verita’ quei 130 ettari in discussione servivano a modificare lievemente il confine di terra, condizionando così quello di mare ancora da definire. Quella che sembrava una questione solo »catastale«, »tecnica« si e’ trasformata in un cavallo di battaglia politico e nazionalista sia in Slovenia che in Croazia; un detonatore di rancori e reciproche accuse che si attiva ad ogni campagna elettorale con la perversa partecipazione di una parte dei massmedia.
Oggi, a tre anni di distanza dal tentativo Drnovšek-Račan, paraffato con il consenso dei governi dai negoziatori dplomatici ma in verita’ mai ratificato ne dai governi, ne dai parlamenti , il negoziato sul confine è nuovamente al punto di partenza, mentre un pesante tributo di incidenti di frontiera, soprattutto in mare, sta appesantendo il clima in Istria , dove oltre a Croati e Sloveni vivono un’importante comunità italiana e altre minoranze, e a deteriorare i rapporti tra i due vicini ex jugoslavi.
La Croazia, facendo appello al diritto internazionale e nello specifico all’articolo 15 della Convenzione sul diritto marittimo, considera che il golfo di Pirano ,vera mela della discordia, debba essere diviso a metà finché le due parti non trovino un accordo definitivo. La Slovenia rivendica la sua piena sovranità sulla baia e fa leva sulla disposizione della stessa convenzione che prevede soluzioni diverse per i golfi ove ci siano particolari condizioni storiche. Lubiana adduce la tradizionale gestione del comune di Pirano sul golfo intero ed il controllo della polizia slovena fino al largo di punta Salvore nel momento dell’indipendenza. La mancanza di un’interpretazione condivisa del diritto internazionale sta provocando una vera e propria escalation di incidenti in mare; i pescatori sloveni e croati si affrontano già quasi fisicamente e quotidianamente, scortati dalle rispettive polizie.A complicare ulteriormente il contenzioso è stata la discutibile decisione croata di dichiarare quale propria zona ittico-ecologica metà delle acque internazionali dell’Adriatico e di avviare un controllo militare su di essa. Fondati sono i timori della Slovenia per quanto riguarda l’impatto negativo che tale mossa potrà avere per il porto di Capodistria, nonostante l’esenzione dai controlli croati per le navi battenti bandiera UE. Ma la tensione è ulteriormente aumentata soprattutto nel corso della recente campagna elettorale in Slovenia, (come pure alla luce di quella delle presidenziali in Croazia) dopo che un gruppo di candidati del partito di Joško Joras, con a capo lo stesso presidente del partito Janez Podobnik, ha attraversato il confine e raggiunto la casa di Joras rifiutando di esibire alcun documento alla polizia croata. La reazione di questa è stata decisa; il gruppo è stato portato con la forza al commissariato di Buie e rilasciato solo in tarda serata. L’incidente ha scatenato una serie di reciproche accuse tra le diplomazie e il premier sloveno Anton Rop, a pochi giorni dalle elezioni, che lo hanno visto sconfitto, ha minacciato di bloccare i negoziati per l’adesione della Croazia all’ UE. La minaccia è stata reiterata anche dal ministro degli esteri uscente Ivo Vajgl in una riunione dei capi diplomazia UE in Lussemburgo.
L’ UE, con Solana e Patten, ha reagito imbarazzata , offrendo, nel caso le due parti lo richiedessero, una mediazione. Il governo croato propone l’ arbitrato internazionale presso i competenti tribunali dell’ Aia o di Amburgo. La Slovenia si oppone all’ arbitrato e spera di poter condizionare il negoziato premendo sulla Croazia dal suo seggio privilegiato nell’ UE e nella Nato.
Intanto l’ atmosfera, soprattutto nella penisola istriana, caratterizzata in passato da una cooperazione regionale esemplare tra comuni contermini e basata sulla sua specificità multietnica e multiculturale, si fa pesante. L’incertezza dei pescatori aumenta, la voce dei nazionalismi si fa sempre più grossa.
La recente vittoria elettorale della destra guidata da Janez Janša in Slovenia aumenta i punti interrogativi sulla vicenda sloveno-croata. Il partito di Janša ha un rapporto preferenziale con quello di Ivo Sanader, l’ HDZ, ed entrambi appartengono al conservatore Partito Popolare Europeo. Ciò in teoria potrebbe favorite una soluzione del contenzioso, anche se è difficile dimenticare che nel 2000 fu proprio il breve governo guidato da Andrej Bajuk e Janez Janša a ordinare che la polizia slovena assumesse, con un’azione di forza, il controllo dei tre paesini contesi a sud del Dragogna. L’ordine per fortuna non venne eseguito in quanto la polizia ed alcuni ministri lo considerarono anticostituzionale oltre che pericolosissimo. Poi il governo delle destre fu spazzato via dalle elezioni. Oggi rientra alla grande e – c’ e’ da sperarlo – con più saggezza e più attenzione alle prassi europee di quanta ne avesse allora. Tra Slovenia e Croazia basta una scintilla, un incidente grave e tragico, per riaprire il peggior dossier "Balcani" anche in seno all’ UE.
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