Il comando supremo della guerra in Bosnia
Il ruolo della cinematografia partigiana nella Jugoslavia socialista, il destino di due dei suoi esponenti più noti: Bata Živojinović e Hajrudin Šiba Krvavac, rispettivamente protagonista e regista della pellicola jugoslava più nota nel mondo, “Valter difende Sarajevo”
Un giovane, della terza generazione, ha messo in rete la foto di famiglia degli anni ottanta con il titolo: “Il comando supremo”, elencando le persone della foto: i genitori, la prima generazione, i figli, la seconda, e i nipoti, la terza generazione appunto.
È scoppiata una risata a livello internazionale. La guerra, l’ultima in Bosnia, ci ha dispersi in più paesi e in cinque continenti. Ridevo per aver constatato che anche i nipoti sapevano che noi prendevamo in giro i nostri genitori/nonni – entrambi partigiani – chiamandoli, il comando supremo.
I pensionati guerriglieri della Neretva
I nostri non erano di quelli che ti assillavano con la loro storia di guerriglieri. Alla mamma, della guerra, era rimasta la paura di soffrire la fame. Perciò comprava più pane di quello che ci serviva. La rimproveravo per lo spreco, ma lei, due pagnotte di riserva le nascondeva regolarmente nello sgabuzzino.
Papà, invece, quando ci dava lezioni su come si debba essere onesti e dignitosi nella vita, mostrava le mani, e diceva: “Sono uscito dalla guerra pulito, non ho rubato niente, né fatto male a nessuno”.
Di questi due tranquilli e comuni pensionati abbiamo assistito alla trasformazione – breve e intensa – alla fine degli anni sessanta. All’improvviso la dolce nonnina e il tenero nonno hanno smesso di parlare dei nipotini, di lamentarsi dei reumatismi, o della misera pensione. Si fecero persone risolute, mostravano il carattere duro, la combattività, e una vitalità insospettata. Discutevano usando termini militari, di strategia e di avanzate, di brigate e di tedeschi, degli ordini e – appunto – del comando supremo.
Tutto ebbe inizio alla fine degli anni sessanta, quando in Bosnia si girava il film “Bitka na Neretvi” (La battaglia della Neretva). Un progetto gigantesco e costoso. Vi parteciparono importanti artisti internazionali come Yul Brynner, Hardy Krüger, Franco Nero, Orson Welles, i migliori attori jugoslavi e più di diecimila soldati dell’ex Armata Popolare Jugoslava (JNA). Uno dei manifesti del film fu fatto dal pittore Pablo Picasso.
Nella vera battaglia della Neretva, durante la Seconda guerra mondiale, papà era uno dei comandanti. La mamma, ammalata di tifo, era tra i quattromila feriti che i partigiani portavano con sé ritirandosi davanti all’offensiva delle forze tedesche, italiane, dei nazionalisti croati ustascia, e dei serbi cetnici.
Per il film papà fu chiamato come consulente. Si godeva la rinnovata importanza, aveva tirato fuori gli oggetti della guerra che conservava in un baule di legno, che aveva usato a suo tempo per le munizioni, rileggeva biglietti, esaminava i documenti, gli ordini. Mamma rispolverava le medaglie di entrambi, le lucidava, e per la prima volta parlava a lungo di quello che avevano passato.
Il film “La battaglia della Neretva” fu nominato all’Oscar come miglior film straniero. Di recente, al festival cinematografico di Mosca, è stato inserito tra i primi dieci film più importanti sulla Seconda guerra mondiale, tra altri 120 film di tutto il mondo sullo stesso tema.
Valter difende Sarajevo
“La battaglia della Neretva” è un’opera di alto valore artistico. Tuttavia non è il film più popolare nella cinematografia partigiana della Jugoslavia. Un altro film, “Valter brani Sarajevo” (Valter difende Sarajevo), è stato visto da quasi un miliardo di spettatori in tutto il mondo. È un film tipo “spaghetti western”, prodotto quarant’anni fa, e ancora oggi appassiona centinaia di milioni di spettatori. È una fiaba sulla guerriglia partigiana a Sarajevo, durante la Seconda guerra mondiale. Il protagonista, dal nome in codice Valter, difende Sarajevo e riesce a evitare la cattura nonostante tutti gli sforzi degli occupanti tedeschi.
Nella realtà, Valter si chiamava Vladimir Perić. Era un partigiano, leader della resistenza di Sarajevo, ucciso nel 1945 e poi dichiarato eroe popolare. Il suo monumento si trova oggi nel centro della città, vicino all’incrocio di Skenderija.
Il film su di lui è ancora oggi molto popolare in Cina, dove è stato trasmesso decine di volte sulla televisione nazionale. In base ad alcune stime, ogni cinese adulto ha visto il film almeno tredici volte. “Valter difende Sarajevo” è così popolare che, durante i bombardamenti della NATO sulla Serbia, nel 1999, oltre quindici milioni di cinesi volevano andare e difendere "Valter e la sua nazione".
Non avevano capito che Valter era un bosniaco.
Il ruolo principale di Valter, l’ha interpretato il più popolare attore della Jugoslavia, il serbo Bata Živojinović. Quel ruolo gli ha procurato fama mondiale. Ancora oggi Valter, cioè Bata, è venerato nel continente asiatico e in tutti i paesi ex comunisti. Bata Živojinović tuttora si gode il ruolo di eroe dei suoi film e continua a guadagnare, soprattutto in Cina, dove il più piccolo club dei fan di “Valter” conta venticinque milioni di aderenti.
Negli anni novanta Bata Živojinović ha subordinato la sua enorme popolarità di attore alla politica: è diventato ed è rimasto, per diciassette anni, membro del partito socialista serbo (SPS) di Slobodan Milošević. Nella fase più sanguinosa e criminale del SPS, durante la guerra in Bosnia Erzegovina, Bata Živojinović si era candidato come presidente della Serbia. Ma Slobodan Milošević aveva preferito un uomo più radicale, Vojislav Šešelj, oggi al tribunale dell’Aja accusato per crimini di guerra.
“Sono sempre stato rosso” (di sinistra), così Bata Živojinović spiega la sua adesione al partito SPS, un partito che è stato rosso non per l’orientamento politico, ma per il sangue dei fratelli che ha fatto spargere per i suoi obiettivi espansionistici.
Di recente Bata Živojinović ha festeggiato settantasette anni e cinquant’anni di carriera. Nell’occasione ha rilasciato numerose interviste. È un uomo felice e soddisfatto.
Bata Živojinović era l’eroe di molti di noi jugoslavi, quando ci incantavano i film sui partigiani, e questo sentimento è stato rafforzato con il suo ruolo di Valter. Il regista del film, al quale Bata deve tutt’oggi l’enorme popolarità e il continuo guadagno, è il direttore bosniaco Hajrudin Šiba Krvavac.
Bata e Šiba
In una di queste interviste l’attore parla della grande amicizia che lo legava al regista Hajrudin, “un uomo buono e ammirevole, molto tollerante e con un grande senso dell’umorismo”, e di essere stato anche il testimone di nozze del regista. Bata dice che Sarajevo era la sua seconda città preferita, e la Bosnia, la seconda casa che gli ha dato una chance nella vita, e che i bosniaci gli sono stati sempre vicino.
Ma, come si sa, il destino talvolta ci mette a dura prova e fa stravolgimenti crudeli.
Durante la guerra Bata Živojinović ha trascorso sette mesi a Pale, la roccaforte dei serbi bosniaci ribelli, per girare una commedia. Secondo la stampa, da là l’attore/politico incitava a “bombardare i turchi venticinque ore”. Lui stesso racconta di essere stato sulle montagne sopra Sarajevo e di aver visto come sparavano sulla città dai cannoni. Presumibilmente anche sul suo amico Hajrudin Šiba Krvavac, che all’epoca era nella Sarajevo assediata.
È impressionante con quale leggerezza o indifferenza Bata parli del destino del regista che gli ha procurato “la chance della vita”. Hajrudin “l’amico che adorava”, Bata Živojinović, da politico, lo descrive come “un musulmano ortodosso”. Alla domanda che fine ha fatto Hajrudin Šiba Krvavac (morto nel 1994 per un attacco cardiaco), Bata con disinvoltura dice che non lo sa, e che “probabilmente è morto di fame…”. Pare che non si accorga o non gli importi della crudeltà o della banalità che esce dalle sue parole. Chiestogli se era consapevole di aver fatto parte della politica che ha prodotto “Sarajevo, Srebrenica, Vukovar e Dubrovnik” cioè il genocidio, la distruzione e la morte, Bata risponde che lui, nel partito SPS, era una semplice pedina, che era entrato perché la porta era aperta. La giornalista tenta di aiutarlo e gli domanda: “Siete stati ingannati e utilizzati da Slobodan Milošević?”, ma il famoso attore replica: “Ma no, sono entrato in politica non come uno qualsiasi, avevo il nome, la carriera”.
Solo Valter è eterno
Cessata la guerra in Bosnia, con il passare degli anni sta diminuendo l’ostilità, si rinnovano i legami tra i fino a ieri nemici, si rispolverano le amicizie, si puliscono le biografie, si spiegano le affermazioni imbarazzanti e scomode, si parla di equivoci. Odiare i turchi, cioè i musulmani bosniaci, non è più di moda. Si adegua anche Bata Živojinović. “Tutto passa, solo Valter è eterno”, ha detto di recente per il quotidiano “Jutarnji” di Zagabria.
Nel film “Valter difende Sarajevo” c’è la mitica scena finale in cui l’ufficiale nazista chiede all’altro chi è il misterioso Valter, e quello, mostrandogli da una collina tutta la città di Sarajevo, gli dice: "È questo Valter". Come una grande metafora, questa frase è stata usata ripetutamente nei contesti più vari, e spesso durante l’assedio di Sarajevo.
Oggi Bata Živojinović, “Valter”, difende di nuovo Sarajevo.