Il centenario del genocidio armeno

Il prossimo 24 aprile, in Armenia e nel mondo, verranno ricordati i 100 anni dall’inizio del genocidio degli armeni nell’Impero Ottomano. L’attesa, il programma delle commemorazioni a Yerevan

02/03/2015, Simone Zoppellaro - Yerevan

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Le commemorazioni dell'anno scorso a Yerevan (Foto Simone Zoppellaro)

Gli armeni si apprestano a ricordare i cento anni trascorsi dal primo grande genocidio del XX secolo, il Metz Yeghern, che in lingua armena significa “il Grande Male”.

Il culmine delle celebrazioni sarà il 24 aprile, data tradizionalmente scelta per commemorare i tragici eventi che, nel 1915 e 1916 in particolare, portarono alla morte di circa un milione e mezzo di persone e alla quasi completa cancellazione della presenza armena nei territori dell’allora Impero Ottomano.

Una scelta, quella di questa data, dal valore fortemente simbolico: nella notte fra il 23 e il 24 aprile del 1915 alcune centinaia di intellettuali armeni vennero arrestati a Istanbul e in altre località dell’Impero per essere in seguito deportati e uccisi. L’intento di chi diede quell’ordine, il ministro degli Interni Taalat Pasha, era di privare gli armeni delle loro guide spirituali e politiche prima di mettere in atto la soluzione finale. Fra loro, è giusto ricordare almeno il poeta Daniel Varoujan, uno dei massimi della letteratura armena moderna, ucciso insieme a medici, giornalisti, sacerdoti, avvocati, politici, insegnanti, architetti e mercanti.

23 aprile 2014, Yerevan (Foto Simone Zoppellaro)

23 aprile 2014, Yerevan (Foto Simone Zoppellaro)

Ogni anno – e non solo in occasione di questo centenario – si celebra a Yerevan una commemorazione molto sentita dalla gente, che accorre in gran numero anche dai paesi e dalle città dell’interno (e persino dall’estero, dalla diaspora) per prendervi parte.

Il Forte delle Rondini

La prima manifestazione ebbe luogo nel 1965, nell’allora Unione Sovietica, quando centomila persone sfilarono per ricordare il cinquantenario di un evento che, in Oriente e in Occidente, nessuno sembrava allora disposto a ricordare. Oggi come ieri, luogo simbolo è Tsitsernakaberd, il “Forte delle Rondini”, un collina non lontana dal centro di Yerevan dove l’anno seguente al cinquantenario ebbe inizio la costruzione del memoriale delle vittime del Genocidio, ultimato nel 1967. Dopo l’indipendenza, nel 1995, qui è sorto anche il Museo-Istituto del Genocidio armeno, che anche quest’anno sarà protagonista della commemorazione.

Questa giunge in un momento da molti punti di vista non semplice per la Repubblica d’Armenia. Innanzitutto a causa del conflitto del Nagorno Karabakh, dove la tensione è alta. In un mese solitamente calmo – anche a causa delle temperature rigide – come gennaio, si sono registrati diversi scontri e un bilancio di 12 morti e 18 feriti da entrambe le parti. Un’altra ragione è la politica: il 2015 si è aperto con una serie di scontri e scandali che, coinvolgendo anche una figura di primo piano dell’opposizione come Gagik Tsarukyan, rischiano di rendere ancor più incontrastata l’egemonia del Partito Repubblicano nel paese. Infine l’economia, che continua a soffrire dell’isolamento geopolitico del paese, e vede pesare in aggiunta gli effetti negativi dell’eccessiva dipendenza da Mosca, a sua volta in difficoltà economica. A tal proposito, il centenario dovrebbe rappresentare un momento di sollievo, almeno per quanto riguarda il settore turistico. Si stima per il 2015 un incremento del 10% in questo settore, secondo i dati presentati dal ministro dell’Economia Karen Chshmarityan. E ciò, come ha ricordato lo stesso ministro, anche a causa del centenario.

Non ti scordar di me

Come simbolo per la commemorazione del centenario è stato scelto un fiore, il non-ti-scordar-di-me, che molti armeni hanno già iniziato a usare come immagine di profilo sui social network. Il tema della memoria è centrale, in questo caso, non solo per il tributo da prestare alle vittime, ma anche da un punto di vista politico.

Un secolo di silenzi e omissioni, complicità e negazionismi, non è purtroppo bastato, e così ancora oggi la questione del riconoscimento del Genocidio armeno è al centro del dibattito politico internazionale. In primo luogo per la Turchia, erede dell’Impero Ottomano che pianificò ed eseguì lo sterminio, che si ostina a negare che quanto avvenne in quegli anni possa essere definito un genocidio. E questo nonostante molte voci della società civile turca – a cominciare dal premio Nobel Orhan Pamuk – si levino sempre più numerose. Ma anche per gli Stati Uniti che, nonostante le promesse di Obama in campagna elettorale, non hanno ancora riconosciuto il Genodicio, nel timore di compromettere i rapporti con la Turchia. O ancora Israele, che ha preferito sacrificare il riconoscimento del Genocidio armeno in nome del suo legame strategico con la Turchia prima, e in seguito con l’Azerbaijan, un altro stato negazionista.

System of a Down

Per quanto riguarda la commemorazione a Yerevan, oltre alla tradizionale fiaccolata serale del 23 aprile che dalla piazza del Teatro dell’Opera conduce fino a Tsitsernakaberd, proseguendo poi anche il giorno seguente, ci saranno una serie di eventi inediti. Fra questi, desta particolare attesa – soprattutto fra i giovani – il concerto dei System of a Down. La band statunitense, composta da quattro discendenti di sopravvissuti al Genocidio, si esibirà nella centralissima Piazza della Repubblica il 23 aprile. Nonostante il legame profondo del gruppo con la loro identità armena, evocata in diverse canzoni dedicate al tema del Genocidio, si tratta della loro prima esibizione in Armenia.

Il 22 e il 23 di aprile si terrà invece una conferenza internazionale intitolata “Contro i crimini di genocidio”, dove si attende la presenza di importanti personalità politiche e religiose internazionali. Sempre il 23, a Etchmiadizn, antico centro spirituale degli armeni che sorge a una ventina di chilometri da Yerevan, la Chiesa Apostolica celebrerà la canonizzazione di tutte le vittime del Genocidio. A chiudere gli eventi, la sera del 24, ci sarà invece un concerto di musica classica dove si esibiranno, simbolicamente, musicisti provenienti da paesi che hanno riconosciuto in via ufficiale il Genocidio armeno.

Un’iniziativa legata a Eurovision Song Contest 2015, infine, viene utilizzata in questi mesi dall’Armenia per sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sul tema del Genocidio. Anziché da un solo cantante, l’Armenia sarà rappresentata quest’anno al festival della canzone che si terrà a maggio a Vienna da un gruppo di sei membri, i Genealogy, ognuno dei quali proveniente da un diverso continente, più uno dall’Armenia. Il titolo della canzone che presenteranno, quanto mai significativo, è Don’t deny (“Non negare!”). Un imperativo che, a discapito dei cento anni trascorsi da quei tragici eventi, non ha ancora perso d’attualità e d’urgenza.

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