I vestiti nuovi di Eulex
Sant’Agostino, un aereo antincendio, Gengis Khan e il primo ministro kosovaro alle prese col furto di una mela per spiegare perché, nella riforma della missione Eulex in Kosovo, l’Ue sta sbagliando. Un commento
Sfidando coraggiosamente il principio di non contraddizione, alcuni che pretendono di rappresentare l’Unione europea – che, quando esisterà davvero, sarà fatta di miglior materiale che non questi governi nazionali intergovernativisti – hanno sia esteso sia tagliato qualcosa. Che cosa? L’oggetto di questa decisione piuttosto paradossale è il mandato della missione Ue in Kosovo, Eulex, che è una delle più perfette creature dell’Unione ( eu, buono; lex, legge).
In effetti, quando venne lanciata, nel 2008, Eulex venne definita la nave ammiraglia della Politica comune europea (un campo nel quale l’intergovernativismo regna sovrano).
Questa la decisione: altri due anni in Kosovo per la missione, ma nessun vero potere e “nessun nuovo caso”. Più nel dettaglio: i giudici Eulex seguiranno solamente i casi già pendenti, e saranno in minoranza nei collegi giudicanti; i procuratori Eulex potranno inoltre seguire anche nuovi casi, ma solamente se saranno le autorità kosovare ad affidarglieli. Certo, in casi particolarmente delicati Eulex potrà chiedere di gestire direttamente le indagini: ma le autorità kosovare potranno rispondere “no”.
Vi sono due problemi legati a questa decisione di estensione-riduzione. Proverò ad illustrarli attraverso alcune allegorie, perché una spiegazione più articolata eccederebbe la mia e la vostra pazienza. Prima però due parole sui risultati ottenuti da Eulex (discussi in un saggio la cui bozza che può essere commentata al seguente indirizzo http://eulexannex.wix.com/draft). Gli anni dal 2008 al 2012 sono stati un disastro. Poi le cose sono migliorate. Ma non abbastanza. In particolare la missione sembra incapace di emettere altro che assoluzioni e per di più in casi di importanza più che trascurabile.
Questo è probabilmente il motivo per il quale un eminente evaso recentemente ha negoziato la sua consegna ad Eulex in cambio di garanzie quanto a dove sarebbe stato detenuto e processato, e non in quanto all’esito del suo processo: dava evidentemente per scontato che sarebbe stato prosciolto come tutti gli altri (è vero però che Eulex ha rigettato la sua richiesta di avere un cuscino più soffice, dopo un’attenta ispezione a quelli della prigione del carcere; per quanto lodevolmente coraggiosa, questa decisione sembra non essere sufficiente a compensare la decisione di negoziare questioni non-negoziabili con un criminale recidivo: fatto piuttosto stravagante per una missione che si occupa di stato di diritto e che aveva sonoramente dichiarato – 18 ore prima di avviare le negoziazioni con questo evaso – che “lo stato di diritto non è negoziabile”). Insomma, questa è Eulex.
Sant’Agostino rimase perplesso quando vide un bambino seduto sulla spiaggia, intento a svuotare il mare con un cucchiaio e un secchio. Immaginiamo che il bambino non fosse una delle tre persone della trinità, come vuole la tradizione cristiana, ma un semplice bambino con poca esperienza delle complessità del mondo. Alla domanda di Sant’Agostino su cosa facesse rispose: “Sì, forse lei ha ragione: non posso svuotare il mare con un cucchiaio la cui capacità è di 2,3 centimetri cubi e un secchio il cui volume è di 10 litri”. Il bambino poi si allontanò e tornò poco dopo sulla spiaggia con un cucchiaino da té (0,9 centimetri cubi) e una tazza (1 decilitro): aveva calcolato che questi strumenti più leggeri avrebbero aumentato la velocità di svuotamento del mare.
Perché non consegnare ad Eulex un cucchiaio più capiente? O – se si ritiene che la missione riformata sia irriformabile, o che il mare non possa essere svuotato – perché non ritirarla?
Un aeroplano decolla da Dubrovnik in una notte senza luna. Trasporta acqua. Un furioso incendio minaccia Pola. La notte è scura e una fitta coltre di fumo nasconde le fiamme. Le indicazioni date al pilota sono di volare a precisamente 11.1 gradi verso nord-ovest, e di scaricare l’acqua esattamente a 222.2 miglia da Dubrovnik. A causa di un piccolo []e – la bussola è a testa in giù – dopo il decollo l’aeroplano fa un’ampia curva a sinistra e imposta la sua traiettoria a 191.1 (180+11.1) gradi verso sud-est. Il pilota e la torre di controllo hanno il sospetto che qualcosa non torni, ma le connessioni radio funzionano male e tutti sanno che le loro carriere dipendono soprattutto dall’esecuzione scrupolosa delle indicazioni dei pompieri, che erano molto chiare. Quindi, ad esattamente 222.2 miglia da Dubrovnik il pilota apre i serbatoi dell’acqua. All’alba, qualche ora dopo, esattamente a 444.44 miglia da quel punto, il sole sorge sulle rovine fumanti di Pola. Nello stesso momento nel caffè di un paesino presso Durazzo si parla dell’improvviso e violento acquazzone che durante la notte ha dissestato le tegole di alcuni tetti.
Troppi livelli di burocrazia – da Pristina a Bruxelles ad alcune capitali europee – sono responsabili della bancarotta di Eulex. Dato che non possono ammettere che la nave ammiraglia sia affondata, debbono fingere che la missione abbia svolto bene il proprio compito: il problema è che debbono fondare anche le proprie scelte su questa finzione. E così affermano che lo stato di diritto in Kosovo sta migliorando, anche se deve essere rafforzato ancora un po’; che Eulex deve rimanere un po’ più a lungo, per completare il suo lavoro; e che i suoi poteri possono essere ridotti drasticamente perché la magistratura kosovara è ora in grado di amministrare la giustizia in modo accettabilmente competente e imparziale. E quindi l’aereo continua ad allontanarsi dalle fiamme.
Mantenere in Kosovo per altri due anni una Eulex senza veri poteri non è solo uno spreco di risorse pubbliche (circa 250 milioni di euro), è anche un rischio considerevole sia per l’Ue sia per il Kosovo.
Gengis Khan ha già conquistato l’India. La sua cavalleria è pronta ad attraversare il deserto del Balūcistān per raggiungere le città dove, in quel periodo, la fiamma della civilizzazione si levava più alta: Isfahan, Baghdad, Damasco, Aleppo. Gli storici non sono stati clementi con il conquistatore mongolo, le cui orde hanno saccheggiato quelle città e bruciato le loro biblioteche e archivi: tutte cose che non comprendevano.
Immaginate ora che le Nazioni unite avessero autorizzato Gengis Khan a prendere il controllo di Persia e Siria. I suoi avrebbero comunque bruciato e ucciso, dalle selle dei loro cavalli marchiati Onu, ma il mandato del Consiglio di sicurezza gli avrebbe garantito una legittimazione che probabilmente gli riconosceremmo tuttora.
I kosovari non si fidano della loro magistratura, e per buone ragioni: giudici e pubblici ministeri sono tanto vulnerabili all’interferenza politica, alla corruzione e all’intimidazione che – per usare le parole di un rapporto pubblicato nell’ottobre 2012 dalla corte dei conti dell’Ue – essi “tendono ad obbedire in anticipo alle influenze esterne”. Eulex, al contrario, gode ancora di un certo grado di fiducia. E qui sta il rischio: dare a Eulex un mandato giudiziario esecutivo senza i poteri per svolgerlo è come dare a Gengis Khan un mandato Onu.
Ora immaginatevi il primo ministro Hashim Thaçi in tribunale, accusato del furto di una mela. Il collegio – composto da due giudici kosovari ed uno di Eulex, come stabilisce la recente riforma che ha limitato i poteri della missione – ascoltano i testimoni. Uno ha visto Thaçi prendere la mela. Due affermano che la mela – l’hanno vista: “Era gialla, con un po’ di rosso qua e là” – era in realtà di Thaçi. L’hanno visto lasciarla in deposito nel negozio, mentre correva a una riunione, dicendo che poi sarebbe passato a riprendersela al ritorno. Nel chiuso della camera di consiglio i giudici discutono. Il giudice Eulex è scettico sulla storia del “deposito” della mela. I giudici kosovari la trovano invece credibile. Votano: due per l’assoluzione, uno per la condanna. Quindi Thaçi viene assolto. E nessuno si può lamentare perché il giudizio è stato dato all’interno del mandato esecutivo di Eulex: un giudizio tanto impeccabilmente blu quanto la bandiera dell’Unione europea.
Con questa decisione di estensione-riduzione, ai giudici e ai pubblici ministeri kosovari è stata consegnata una pila di fogli bianchi con in calce la firma Eulex, che essi potranno riempire con qualsiasi decisione l’élite kosovara dirà loro di confezionare.
Bisogna fidarsi delle sentenze, della magistratura, delle istituzioni pubbliche. Ma quando esse sono sistematicamente distorte, fidarsene le distorce ancora di più. D’ora in poi i cittadini del Kosovo non debbono più avere fiducia in alcuna sentenza che porti la firma di Eulex: sino a prova contraria, devono presumere che siano tutte arbitrarie e dettate dagli interessi dell’élite (d’accordo, qui ho un poco esagerato: ma solo un poco).