I confini d’Europa

L’allargamento dell’Unione Europea tra integrazione e nuove esclusioni. Un’introduzione alla sezione "politiche" del dossier MigrAction.

30/07/2002, Redazione -

Tra allargamento ed esclusione
L’Unione europea, i Balcani e le migrazioni
L’Europa guarda a est, ma in modo diseguale. La prospettiva di integrazione europea, che rimane l’orizzonte politico di lungo termine della regione, sia secondo gli attori locali sia secondo l’UE, disegna una mappa dei Balcani molto diversificata, con colorazioni diverse a seconda dei tempi e delle probabilità di accesso all’Unione dei singoli paesi.

Romania e Bulgaria non faranno con tutta probabilità parte del primo allargamento (il cosiddetto big bang, che riguarderà Repubblica Ceca, Slovenia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Estonia, Lituania, Lettonia, Malta e Cipro, e che si dovrebbe realizzarsi nel 2004) ma saranno i primi paesi dell’Europa sud orientale (a esclusione naturalmente della Grecia, paese membro dal 1981) ad essere ammessi all’Unione. Gli altri paesi sono per ora coinvolti nel Processo di associazione e stabilizzazione (SAp), e nel Patto di stabilità, che rimandano a tempi decisamente più lontani e meno definiti l’effettiva adesione all’UE.
La geometria variabile dell’allargamento ha implicazioni notevoli per i fenomeni migratori: da un lato determina tempi e necessità diverse, per i singoli paesi, di adattamento della propria legislazione in materia di libera circolazione delle persone e di giustizia e affari interni; dall’altro l’espansione diseguale dello spazio Schengen traccia un confine di natura inedita attraverso i Balcani, carico di conseguenze sia per i paesi inclusi, che si troveranno a reggere il peso della frontiera esterna dell’Unione, sia per i paesi esclusi, i cui cittadini sperimenteranno notevoli difficoltà di movimento verso territori cui prima potevano accedere liberamente.

E’ in questo senso che si afferma che, aprendosi, l’UE crea nuove esclusioni. Per Bulgaria e Romania, tra l’altro, come per i paesi del primo allargamento, l’ingresso nell’Unione non significherà automaticamente l’accesso a tutti i benefici della cittadinanza UE: la libera circolazione dei lavoratori, ad esempio, verrà sottoposta a una moratoria, che potrà protrarsi fino a sette anni.
Il timore da parte soprattutto di Austria e Germania di subire un’invasione da est non viene placato neppure dalla soddisfazione dei rigidi parametri di adattamento all’acquis communautaire. Per gli altri paesi balcanici, l’iniziativa del Patto di stabilità in materia di immigrazione e asilo (MAI) punta alla creazione di politiche migratorie e di asilo su base nazionale: la promozione della cooperazione regionale, che in tutti gli ambiti del Patto è presentata come la premessa indispensabile dell’adesione all’UE in senso pieno, sembra cedere il passo proprio nel campo delle politiche migratorie a una concezione più tradizionale e meno evolutiva della sovranità nazionale e dei confini.
I singoli paesi presentano indubbiamente situazioni peculiari, ma la promozione attiva di uno spazio regionale aperto, se veramente si va nella direzione di un’integrazione piena dei Balcani in Europa, potrebbe essere una politica decisamente più lungimirante della costruzione di microsistemi basati sui confini usciti dalle guerre dello scorso decennio.
In sintesi, nella politica dell’Europa in campo migratorio verso i paesi dei Balcani, sia prossimi all’ingresso nell’UE sia esclusi dall’allargamento, le preoccupazioni di natura sicuritaria sembrano ancora prevalere sulla possibilità di un ampio ripensamento del concetto di cittadinanza europea, in termini inclusivi, che associ al processo di allargamento un’idea di Europa più profonda.
Dall’originario trattato di Schengen, del 1985, la costruzione di uno spazio interno di libera circolazione si è sempre associata alla determinazione di un regime di frontiera omogeneo e controllato, i cui obblighi vengono oggi trasmessi ai paesi che entrano nell’Unione. La storia recente dei Balcani, e i problemi che la regione ha tuttora di fronte, suggeriscono che sia possibile adottare un’idea di frontiera diversa, in una prospettiva di integrazione, e non di contenimento.

Approfondimenti:
Bulgaria, Romania e Slovenia: il confine di domani

Bulgaria, Romania e Slovenia: la posizione negoziale
Le migrazioni nel Patto di Stabilità

Il dossier dell’Osservatorio sull’integrazione europea
>>> Torna al dossier migrAction

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